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Dalla sottovalutazione del manager alla formazione frammentata

(tratto da “GSA” n.11, novembre 2009)

Alcuni rappresentanti del mondo dell’accogliena si sono riuniti in occasione della 43° giornata del Direttore d’albergo per dibattere sulla condizione e le potenzialità del prodotto turistico italiano e sulle criticità che affliggono oggi l’offerta alberghiera made in Italy.


In occasione di Host, il salone internazionale dell’ospitalità professionale, svoltasi dal 23 al 27 ottobre scorso nel quartiere Fieramilano a Rho, si è tenuto un convegno organizzato dall’A.D.A Associazione Direttori d’Albergo della Lombardia in collaborazione con SOLIDUS sabato 24. Un incontro  dal titolo emblematico Alberghi. Si riparte, anzi si torna ad accogliere, che mette in luce le criticità  che sta affrontando il settore del turismo alberghiero che, nonostante sia uno dei maggiori al mondo, sta mostrando preoccupanti segni di invecchiamento come prodotto turistico.GSA era presente all’incontro ed è in grado di riportare una sintesi degli interventi di alcuni esponenti del mondo dell’accoglienza, ma anche delle associazioni e delle istituzioni.

Ad aprire i lavori sono Franco Alzetta, Presidente nazionale Solidus, e Piero Rotolo, presidente regonale A.D.A, che introducono il convegno come tavolo di confronto tra regioni, comuni e singoli attori: un’opportunità di discussione tra i principali protagonisti (e responsabili) della filiera sul prodotto turistico italiano, che focalizzi l’attenzione più sui problemi strutturali che non sulla crisi contingente che ha coinvolto tutti i settori dell’economia italiana.

La formazione frammentata

Roberto Lavarini, dell’università IULM, propone una riflessione in merito alla conoscenza ed alla formazione universitaria. Tra i dati presentati emerge che  il numero dei lavoratori dipendenti, in costante crescita negli ultimi anni, è arrivato a toccare le 925.882 unità nel 2008. Nel settore alberghiero, inoltre le quote rosa sono superiori rispetto a quelle azzurre, ma la ripartizione del mercato non appare affatto bilanciata: più del 50% dei lavoratori sono classificati come operai, mentre la percentuale dei direttori d’albergo è davvero molto bassa, così come la percentuale del personale straniero tra le fila degli addetti ai lavori.

Note dolenti per quanto riguarda la formazione universitaria: in Italia solo il 4,9% del personale è laureato, molto lontano dalle alte percentuali spagnole  (16%) e il 13% della Francia. Recentemente, la Commissione europea non ha nascosto la sua preoccupazione per la qualità formativa di chi opera nel settore del turismo: una formazione talvolta approssimativa, soprattutto tra le fila degli assunti con contratti flessibili.

Il turismo oggigiorno è globalizzato e questo abbatte i confini nella competizione, tanto che bisogna tenere d’occhio competitors anche a molte miglia di distanza. Il low cost, ad esempio, ha fortemente cambiato la relazione tra il turista ed il territorio: se prima il viaggiatore sceglieva la meta e vi accordava l’offerta più vantaggiosa, oggi non si bada tanto alla destinazione quanto all’offerta: il volo più economico rappresenta il vero punto di partenza, mentre la meta appare più che altro come una conseguenza dell’ «affare».

Questi cambiamenti repentini e radicali nel settore turistico mettono spesso in crisi le università, che non riescono ad imbastire corsi per la cultura turistica realmente in linea con il mercato: ne consegue che l’università insegue il mercato del settore, in perenne ricerca per intercettarne i mutamenti. Inoltre, bisogna poi pensare a come e dove inserire questi corsi all’interno del ciclo di studi. Come sappiamo, la struttura della formazione universitaria si divide in laurea triennale e laurea magistrale biennale: tuttavia l’offerta formativa prevede anche master di I e II livello (rispettivamente dopo la laurea triennale e quella magistrale)  specificamente orientati al turismo, in modo da stare quanto più in linea con il suo percorso evolutivo. Tuttavia, i continui tentativi di adeguamento al settore, frammentano in maniera insanabile la formazione. In Italia, alla facoltà di Scienze turistiche fanno capo ben 32 corsi di studi diversi in sole 48 poli universitari. Ed lo stesso vale per i master: tra il  2001/2002 si registravano 3 master sul territorio nazionale, mentre già nel 2007 il numero era salito a 23, ognuno con le sue specifiche. In pratica, ogni università può creare ex novo un corso di laurea a seconda delle proprie necessità. Il risultato è una frammentazione insanabile della formazione in cui viene meno l’aspetto della comparabilità delle competenze. A questo scenario sconfortante si aggiunga che solo una minima percentuale di chi si laurea riesce poi, effettivamente, a spendersi nel settore. Ne consegue che molti studenti iniziano a preferire un’offerta di formazione non strutturata e meno regolamentata: quella dei patentini. Ad oggi, esistono tre indirizzi (1) guida turistica (2) accompagnatore turistico, (3) direttore tecnico d’agenzia. La figura della guida turistica è peraltro materia di discussione con la Comunità europea: l’Italia vorrebbe conservare un profilo di guida fortemente legato al territorio, mentre la CE vorrebbe allineare la guida turistica italiana a quella degli altri paesi europei, rendendola attiva sull’intero territorio nazionale.

Attualmente il  Mininistro Michela Brambilla, ha istituito una commissione – di cui peraltro il relatore fa parte – deputata alla razionalizzazione della formazione e dell’accoglienza turistica: un primo passo per ricomporre il puzzle frammentato dell’economia turistica. Un segno importante, anche in vista  dei cambiamenti profondi a cui il turismo sta andando incontro, a fronte dei nuovi paesi emergenti ed “emettitori di turisti” come India e Cina. Un’opportunità di rilancio del settore a cui bisogna rispondere con la preparazione che – da che mondo è mondo –  affonda le proprie radici in una seria attività di formazione.

Trasformare le parole in fatti

La parola passa poi ad Alessandro Colucci, Vice Presidente della IV Commissione Attività produttive Regione Lombardia,  che afferma  l’importanza di lavorare assieme alle associazioni di catergoria ed alle istituzioni, in questo momento molto delicato, in cui però il settore del turismo ha saputo tenere molto bene. «È necessario – afferma –  capire come sviluppare un settore che sta dimostrando la sua forza; mettere a fuoco quali sono le potenzialità di crescita, soprattutto in relazione al turista business.  È tuttavia necessario dare una declinazione operativa a questo dibattito, renderlo fecondo, altrimenti i nostri interventi rimarranno relazioni d’un incontro. Occupandomi delle attività produttive in Lombardia, posso assicurare che c’è attualmente una grande fermento in vista dell’importante appuntamento con l’Expo del 2015, a fronte del quale verrà approntato un piano organico per la costruzione di un numero – ancora imprecisato – di nuove strutture alberghiere. Tuttavia, i nuovi edifici di  per sé sono solo dei “contenitori” ed è essenziale che ci si metta all’opera per forgiarne il “contenuto” il cuore dell’offerta,  attraverso una seria politica turistica. Troppo spesso si fa l’errore di considerare Milano una città buona solo per i business meeting: la capitale economica del Paese, infatti, è pari a Roma per afflusso di turisti business, ma deve recuperare molto terreno a livello di leisure traveller. Ma per farlo è necessario approntare un piano per diffondere una vera e propria cultura del turismo.

Il problema è strutturale

Franco Arabia, Presidente nazionale A.D.A., di cui abbiamo riportato l’articolo per intero alla pag. … di questo numero, pone l’accento sull’importanza di considerare il turismo per quello che è, un fenomeno anzitutto economico,  per poter affrontare in maniera strutturale le componenti che ne danneggiano l’immagine, altrimenti si rischia di parlare di “passione” di “formazione” e di “politica economica” come se fossero concetti tra loro disgiunti, quando invece è proprio in virtù della loro interdipendenza che sappiamo di dover affrontare il problema in maniera  strutturale .

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