HomesanitàLa sicurezza integrata per il governo dei rischi

La sicurezza integrata per il governo dei rischi

Conclusioni

Il futuro non si prevede. Si costruisce. Si decide dove si vuole essere in tre, cinque anni di tempo, ci si rimbocca le maniche e si lavora per costruire ed ottenere il risultato progettato. La strada da intraprendere è quella della gestione sociale dei processi di pianificazione strategica attraverso sessioni di brainstorming di gruppo, condivisione di opinioni, visioni, scenari e prospettive con l’obiettivo non tanto di identificare la decisione da prendere quanto di delineare un sentimento e una comprensione comune dei problemi.

Si progettano anche e soprattutto i modi di affrontare e risolvere eventi avversi.

Non può esserci capacità di gestione di eventi avversi se non si ha la capacità di creare e soprattutto di mantenere nel tempo una cultura dove le persone possono parlare e farsi ascoltare.

All’interno delle organizzazioni sanitarie i mutamenti dell’assetto professionale creano un incremento esponenziale della complessità dal momento che richiedono un rapido passaggio da un modello di organizzazione di tipo verticistico a modelli gestionali fondati su gruppi più dinamici ed adattabili alla varietà dei contesti, più partecipativi e responsabilizzanti.

Alla complessità tradizionale dell’universo organizzativo dei sistemi sanitari, oggi, si è aggiunto un ulteriore elemento di grande portata: l’evoluzione del ruolo e delle funzioni del risk manager che ha visto riconosciuta l’essenzialità e la specificità del proprio ruolo. L’evoluzione dell’articolazione degli organismi aziendali ha portato questa figura ad incarichi dirigenziali e ruoli di direzione strategica. L’innovazione richiede una profonda conoscenza della routine ed un coinvolgimento diretto nei processi che si vogliono cambiare.

L’approccio auspicabile è quello sperimentale. Occorre provare modifiche diverse, monitorare processi e registrare i risultati per poi procedere ad analisi di confronto per individuare i parametri che influenzano in modo diretto il risultato finale. Il  che implica intervenire in modo pesante e continuo sulle strutture e geometrie organizzative e sulle strutture gerarchiche e di responsabilità, dunque attivare complesse ma indispensabili dinamiche di relazioni industriali.

Chi sta concretamente sperimentando risposte organizzative alle nuove sfide e può ormai avviare e condividere riflessioni concrete sui vincoli e sulle criticità delle soluzioni proposte, è destinato a svolgere un ruolo significativo di apripista non solo per l’individuazione di metodi e soluzioni operative, ma più in generale con riferimento all’evoluzione ed alle opportunità delle nuove esperienze e modelli di lavoro.

I provvedimenti da adottare non consistono nel creare funzioni di risk management isolate, avulse dall’Integrated Governance, affidate a risk managers incapaci di agire sui collegamenti fra i nodi della rete. Le conseguenze potrebbero essere drammatiche.

Il coordinamento delle attività nell’ambito della Clinical Governance deve essere affidato a persone che siano in grado di ricercare una mediazione e una sintesi tra i differenti apporti e i differenti esperti che non si configuri come mera sommatoria di conoscenze, quanto, piuttosto, come la produzione olistica di nuovi modelli di conoscenza.

Il risk manager, in questo processo, può costituire il punto forte o l’elemento debole del cambiamento a seconda se sia in grado di interpretare attivamente un ruolo di definitore di standard e requisiti, pianificatore e certificatore di sistemi.

Giusto focalizzare l’attenzione sulla comunicazione, come strumento e veicolo di conoscenza e collaborazione, senza comunicazione è praticamente impossibile gestire problemi complessi.

Per essere innovative e competitive, le Aziende devono oggi partecipare alla produzione della conoscenza che le può aiutare a comprendere e gestire problemi complessi, ma nel farlo devono anche alimentare il circolo delle incertezze e della complessità. Non esistono più punti fermi e per  sviluppare nuove strategie vincenti bisogna al tempo stesso operare per rendere obsolete le conoscenze prodotte, le strategie in essere, i propri prodotti, i processi e le forme organizzative.

Senza una Direzione Sanitaria competente e autorevole molto difficilmente una organizzazione sanitaria è in grado di creare valore che è ciò che garantisce lo sviluppo e la sopravvivenza duraturi rendendo possibile soddisfare le esigenze degli stakeholders, orientando la gestione verso l’obiettivo della sostenibilità. Definita come la capacità di una organizzazione di continuare le sue attività indefinitamente avendo tenuto in debita considerazione il loro impatto sul capitale naturale, sociale e umano.

Bibliografia

Aparo U.L., Sesti E.: “Manuale di Igiene ospedaliera” Collana Manuali  – Roma 1997.

Associazione Nazionale Medici di Direzione Ospedaliera (ANMDO) a cura di Sesti E. et Al: “Manuale di, “Accreditamento, certificazione ISO 9001:2000, eccellenza: benchmarking delle Direzioni Mediche Ospedaliere”. Edito da Edicom, Milano. Settembre 2005.

Huntington J, Gillam S, Rosen R: Organisational development for Clinical Governance. BMJ 2000, 321, 679-82;

Mintzberg H., “Management – mito e realtà” Garzanti, 1991.

Morosini P., Perraro F.: Enciclopedia della gestione della qualità in sanità. Roma, Centro Scientifico Editore, 2001.

Taroni F, Grilli R. È possibile un governo clinico delle aziende sanitarie? Politiche sanitarie 2000; 1: 64-76.

Zanetti M. et Al.: “Il medico ed il management”. Accademia Nazionale di Medicina. 1996.

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Egidio Sesti, Direttore UOC Qualità Aziendale e Risk Manager ASL Roma B

Ugo Luigi Aparo: Direttore Sanitario Istituto Dermopatico dell’Immacolata-IRCCS Roma

Gianfranco Finzi: Direttore di Presidio, Azienda Ospedaliera Universitaria di Bologna S. Orsola – Malpighi.

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