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Fondo di solidarietà obbligatorio per le imprese con più di 15 dipendenti

C’è dunque tempo fino a lunedì 17 novembre, data del pagamento della tranche di ottobre, per capire cosa è successo e come mettersi in regola in materia di fondi di solidarietà. Si parla di ammortizzatori sociali, un tema sempre molto sentito, soprattutto in momenti di crisi economica come l’attuale, e che si traduce, di fatto, in ulteriori oneri per le imprese.

Punto di partenza è la legge 92 del 28 giugno 2012 (riforma Fornero), che introduceva il sistema dei fondi di solidarietà bilaterale, primo passo verso il superamento degli ammortizzatori sociali in deroga. In particolare, all’art. 3, commi 4 e seguenti, la Riforma Fornero si occupava di introdurre un modello obbligatorio di sostegno al reddito per le imprese che occupino mediamente più di 15 dipendenti e a cui non si applichi la normativa prevista in materia di Cassa Integrazione Guadagni. Essi hanno come scopo principale la predisposizione delle risorse necessarie per sostenere il reddito in costanza di rapporto, in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa. Nei commi successivi (14 segg.) la 92/12 prevedeva poi la possibilità di costituire fondi di solidarietà alternativi anche per le aziende con meno di 15 dipendenti (per le quali non vige l’obbligo dei fondi) mediante un modello alternativo incentrato sulla bilateralità e, comunque, per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, nei quali siano già operanti consolidati sistemi di bilateralità (come nel caso dell’artigianato: si veda ad esempio il CCNL firmato da CNA – Servizi alla comunità e dalle altre sigle artigiane, che prevede appunto un fondo ad hoc). Inoltre il legislatore al comma 19 prevedeva la costituzione di un Fondo residuale per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali superiori a 15 dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, per i quali non fossero stipulati accordi collettivi volti all’attivazione di un Fondo di solidarietà o di un Fondo bilaterale.

Riassumendo: la 92/12 prevedeva tre differenti tipologie di fondi:
1) I Fondi di solidarietà bilaterale
2) I Fondi di solidarietà alternativi
3) I Fondi di solidarietà residuali (art. 3 comma 19), che scattano nel caso in cui non siano stipulati gli accordi volti all’istituzione dei Fondi di solidarietà.

Sul tema è poi intervenuta, il 27 dicembre 2013, la legge di stabilità per l’anno in corso (147/13), che ha ridefinito alcuni aspetti della materia: soprattutto, ha eliminato il termine massimo per la costituzione dei fondi, prevedendo la possibilità da parte delle parti sociali di attivare fondi bilaterali anche successivamente. Ciò significa che per le parti sociali è sempre possibile siglare accordi collettivi in questo senso.

La realtà dei fatti è, però, che nonostante la rimozione del limite temporale le associazioni delle imprese e i sindacati di tutti i settori (ad esclusione di Poste Italiane, Credito Cooperativo, Gruppo FS, Trasporto aereo/sistema aeroportuale/ Assicurativo e di assistenza/ Credito, che applicano altri Fondi di solidarietà) non hanno ad oggi provveduto, attraverso accordi collettivi, alla costituzione dei fondi bilaterali. Ragion per cui è scattata l’obbligatorietà dei fondi residuali a tutela dei lavoratori. In parole povere: se nel tuo settore non è stato istituito un fondo di solidarietà, sei tenuto a versare i contributi al fondo residuale, istituito con decreto del Ministero del Lavoro n. 79141 del 2014 senza alcun contributo dalle parti sociali. Contributi anche pregressi, visto che il calcolo parte da gennaio 2014. D’altra parte il combinato disposto dei commi 10 e 19 della 92/12 è chiaro: è obbligatorio, per un’impresa con più di 15 dipendenti, far riferimento a un fondo di solidarietà, sia esso bilaterale o residuale.

D’accordo. Ma come, dove, quando e quanto versare al Fondo residuale? Sul quanto, le indicazioni sono chiare: la stessa legge di stabilità ha fissato l’aliquota allo 0,50%, a carico per lo 0.33% del datore e per lo 0.17% del lavoratore. Più difficile capire il quando e il come: a questo proposito l’Inps è intervenuta varie volte, a inizio settembre, nel tentativo di fare chiarezza sugli adempimenti procedurali, spesso alimentando ulteriori dubbi (e disagi).

In sintesi:

la regola è che il mese corrente si paga il giorno 16 del mese successivo (il giorno dopo se il 16 è domenica, come nel caso di novembre, quando il pagamento slitta al 17). E così sarà d’ora in avanti, con il sistema a regime.
per i mesi da gennaio a settembre 2014 si paga il 16 dicembre, senza applicazione di sanzioni e interessi.

E’ stata la stessa Inps a ricordarlo in una serie di comunicazioni dal 2 all’8 settembre, che si allegano qui sotto:

Circolare n.100

Chiarimenti circolare n.100

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