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Imparare a gestire il reclamo e…a lavorare più sereni

Il cliente ha sempre ragione?

Nel settore delle pulizie professionali formazione non è solo addestramento tecnico ma anche capacità di sapersi relazionare con il cliente,ascoltarne le necessità e mantenere un atteggiamento equilibrato qualunque siano le condizioni in cui si opera.


Gli obiettivi dei corsi che oggi tutte le aziende, le società e le associazioni più attive sono impegnate a realizzare, per rispondere alle esigenze della formazione continua, presentano almeno due vantaggi: propongono argomenti utili per acquisire, ampliare o approfondire un buon livello professionale e favoriscono il contatto con altri operatori del settore. Va da sé che le occasioni di incontro, in particolare quelle incentrate sui vari aspetti della comunicazione, considerata nella sua accezione più ampia, rappresentano una valida palestra dove confrontarsi e scambiarsi le esperienze, valutare le problematiche connesse con la gestione delle risorse umane, dei rapporti interpersonali e, naturalmente, dei rapporti con i clienti. Pertanto, ogni corso, a seconda della sua tipologia, può offrire interessanti opportunità per acquisire nuove competenze e, allo stesso tempo, aprire la mente a un diverso modo di valutare le situazioni e le persone.

Che valore, che significato attribuire a un reclamo. Entriamo ora nel vivo del nostro tema chiedendoci: “è proprio vero che il cliente ha sempre ragione”? Forse sì, forse no, o almeno non sempre. Ma, in ogni caso, ha “le sue ragioni” che vanno ben al di là del fatto che “paga” e devono essere rispettate per il valore e il significato che lui vi attribuisce. Un ottimo esercizio da fare in questi casi è quello di uscire dal proprio ruolo, mettersi nei panni dell’altro (vi sembra impossibile?) e cercare di capire “i motivi veri” di un reclamo che magari arriva un po’ a sproposito ma può essere il segnale di una latente e non dichiarata insoddisfazione. Quindi, attenzione!

Per imparare concretamente a gestire il reclamo. Occorre cominciare col considerare che: – il reclamo non è “un attacco” diretto a “noi” come persona ma a “noi” come responsabile di un certo servizio; – che tutti possono sbagliare (anche noi), – o non dare esattamente quello che l’altro si aspetta. Sappiamo bene che nessuno vorrebbe ricevere un reclamo, perché a nessuno piace essere rimproverato, qualsivoglia sia il motivo. Ma ricordate il detto: solo chi non fa non sbaglia? Bisogna quindi mettere in conto che quando si lavora è sempre presente, e per tutti, il rischio di commettere un errore, di avere una disattenzione o, più ancora, di dare un valore diverso a una data cosa, perché ogni persona ha una propria mappa mentale distinta da quella di chiunque altro. Perché non c’è mai un solo modo giusto (il mio!) di fare e di vedere le cose.

Ovvio? Nella pratica non così tanto. Infatti, è proprio questo il punto nodale su cui lavorare per attivare in noi una profonda rivoluzione e arrivare ad acquisire una nuova e più efficace abilità nella gestione dei rapporti interpersonali, reclamo incluso. Da dove iniziare per diventare “più accoglienti” nei confronti delle esigenze, dei punti di vista degli altri?

Un buon punto di partenza è quello di accettare il fatto che il nostro modo di vedere le cose “è il nostro” (e abbiamo pieno diritto di averlo) ma che il resto del mondo ha tutto il diritto di averne un altro.

Siete già convinti della validità di questa affermazione? Ne siete proprio-proprio sicuri? In effetti si tratta di un assunto solo in apparenza facile da condividere perché, nella vita di tutti i giorni, noi invece ci aspettiamo che gli altri, tutti gli altri, vedano le cose con i nostri occhi, abbiano valori e addirittura gusti simili ai nostri. Siete assolutamente convinti di possedere una grande apertura nei confronti degli altri? Davvero non vi è mai capitato di fare critiche pungenti su chi tifa per una squadra di calcio diversa dalla vostra preferita, o ha una fede politica nella quale non vi identificate, o conduce un tipo di vita che non approvate, o – ancora e più semplicemente – non avete mai detto: “…ma come fai a magiare questa cosa, che schifo!”, solo perché quel piatto a voi non piace?

Per contro, non vi capita di dire frasi simili a questa: “Con quella persona mi trovo sempre a mio agio, la pensa proprio come me!”

Ma vediamo assieme un altro esempio. Se, mentre state lavorando, qualcuno si indirizzasse a voi dicendo: “questa cosa è da fare subito”, voi come reagireste? Vi invito a rispondere a voi stessi con assoluta franchezza e a proporre la stessa domanda a chi vi sta vicino. Scoprirete, con tutta probabilità, che: per qualcuno “subito” significa all’istante, immediatamente; per qualcun altro significa: “appena ho finito quello che sto facendo” o, “appena mi è possibile” o, ancora, “quando… ne ho voglia!”. Inoltre, non sarà difficile ammettere che se la richiesta ci viene dal titolare, da un dirigente, o da qualcuno che ci è particolarmente simpatico, il “subito” sarà preso molto più sul serio rispetto a quando ci viene da una persona per noi di poco conto.

Consideriamo un’altra situazione: in un caso ci viene segnalato che abbiamo lasciato un bagno senza la carta igienica… in un altro caso ci viene rimproverato di non aver provveduto a pulire i vetri delle finestre della sala riunioni. Secondo voi quale mancanza è più grave? A rigor di logica la prima.. ma se la sala riunioni era destinata ad ospitare un incontro con clienti importanti…?

Proprio uno dei partecipanti a questo corso (in effetti, una gentile signora che saluto) mi segnalò un caso che considero utile riproporvi. Il dirigente di un’azienda si era lamentato perché, quando gli  puliva l’ufficio, l’addetta spostava sempre gli oggetti e i documenti sistemandoli secondo il proprio criterio, in modo diverso da come lui li aveva lasciati e li voleva ritrovare. Mentre parlava, sottolineando che considerava le persone che si comportano in questo modo davvero “un bel po’ fissate”, mi sono avvicinata al suo tavolo, ho preso in mano il suo cellulare e l’ho poi riappoggiato con noncuranza in una posizione differente da quella che aveva prima. Mentre compivo questi gesti, ho notato che lei seguiva con gli occhi i miei movimenti, anche se, impegnata a raccontare,

non si è subito resa conto appieno di quello che avevo fatto. Infine, le ho chiesto: Ti ho spostato il telefono. Cosa hai provato nel vedermelo fare? La risposta è stata: un senso di disagio, di fastidio. Ecco, proprio quello che provava quel dirigente e, magari, anche qualcosa in più se, ad esempio, si trattava di una persona dotata di memoria visiva, abituata a ritrovare oggetti e documenti in base a dove li mette; o, ancora, una persona che si irrita se non trova il computer orientato come preferisce o il cestino della carta dove fa comodo a lui e non dove piace all’addetto! Queste situazioni si possono vivere come vere e proprie sgradevoli interferenze del proprio mondo.

Abbiamo quindi visto, già da questi semplici casi, quanto diversi possono essere i gusti, le idee, le opinioni e persino il valore del tempo e degli spazi. Ecco che anche il solo fatto di dare un valore diverso a una data cosa può provocare un reclamo. Chi da “molto” importanza alla pulizia, di conseguenza sarà “molto” esigente sotto questo aspetto; lo stesso vale per chi da molto valore alla precisione e all’ordine, o alla puntualità, o alla flessibilità nelle prestazioni e negli orari, e così via.

Ogni volta che le aspettative, e in particolare quelle che si riferiscono alla propria sfera di maggior interesse, saranno in qualche modo disattese, potranno avere come conseguenza un reclamo che forse, almeno secondo “il nostro” punto di vista, non è motivato o è sopravvalutato. La prima volta possiamo essere presi alla sprovvista e, quindi, limitarci a prendere atto della cosa e porvi rimedio. Da quel momento, però ci dovremo chiedere se conosciamo bene il nostro cliente, se siamo certi di interpretare al meglio “le sue” attese e, soprattutto se si fossero già presentati altri casi di malcontento, sarà opportuno chiedergli un incontro utile per chiarirci le idee e definire meglio le sue priorità.

Quando e come ci si scusa. Sempre, anche per un piccolo disguido, ma senza esagerare. Il reclamo va preso molto sul serio, non… sul tragico. E’ anche più importante dimostrare efficienza che una eccessiva deferenza. Un “mi spiace” …oppure.. “mi scusi”, seguito da un “provvedo subito” (quando è possibile…) è perfettamente appropriato e sufficiente nei casi più lievi. Altrimenti, se ci rendiamo conto che le semplici scuse non bastano, occorre saper valutare con correttezza “la misura” che il disguido stesso ha per il cliente e trovare il modo di recuperare la nostra immagine attraverso una forma di compensazione. Come? Ad esempio (ma questa è solo un’ipotesi, perché al momento opportuno sarete certo in grado di farvi venire qualche buona idea), offrendo un lavoro particolarmente accurato per qualche occasione speciale, o per un certo ambiente al quale il cliente tiene molto.

Inoltre, forse adesso siete anche in grado di compiere, con una certa abilità e buona cognizione di causa, il percorso al quale ho accennato prima: mettervi nei panni dell’altro e agire di conseguenza.


Ornella Buchi

(tratto da “GSA” n.10, ottobre 2008)

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