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A che punto è l’auto elettrica: Entro un anno si parte alla grande

(Tratto da GSA igiene urbana n1, gennaio-marzo 2011)

Continuerà a costare di più di un’auto tradizionale, ma consumerà meno e costerà meno usarla. Le principali case produttrici si sono messe in corsa; e l’Italia?

Per fare il punto sullo stato di avanzamento della questione auto elettrica abbiamo avuto un incontro con l’ing. Pietro Menga, Presidente del CIVES (un acronimo complesso che sta a indicare Commissione Italiana veicoli elettrici, a batterie, ibridi e a celle combustibili), che è la sezione italiana di un organismo denominato AVERE (un altro acronimo complesso, che sta per European Association for Battery, Hybrid and Fuel-cell Electric Vehicles) che è una commissione fondata oltre trent’anni fa, nel 1978, dalla Commissione europea per promuovere i veicoli a trazione elettrica. Il Cives aggrega operatori di tutti i settori interessati, dai produttori di auto o di componenti ai produttori e ai centri di ricerca impegnati nel settore delle batterie, ai distributori e gestori delle reti elettriche.
Per mettere ordine a questa esposizione abbiamo suddiviso anche il colloquio in sei capitoli, per ciascuno dei quali si è cercato di mettere a punto quali sono i problemi e le prospettive di sviluppo. I capitoli sono: impegno delle case produttrici; caratteristiche dei veicoli; potenza e consumi dei veicoli; sviluppo delle batterie; sviluppo delle reti di alimentazione; costi (ovviamente, sia di acquisto che di gestione dei mezzi). Vediamoli separatamente:

Impegno delle case produttrici
Questo è senz’altro il capitolo più innovativo, perché proprio nel corso dell’ultimo anno, a livello internazionale, la grande industria ha deciso di investire massicciamente su questa partita. In Europa sia Renault, che si avvale del knowhow sviluppato dalla consociata giapponese Nissam, che PSA; senza contare un grosso impegno di una parte consistente della componentistica; in Giappone sia Honda che Mitsubishi (Toyota continua a puntare maggiormente sulla tecnologia delle vetture ibride, su cui ha un knowhow insuperato). Ci lavorano molto anche le case automobilistiche cinesi, molto indietro sul piano delle tecnologie (molti produttori minori hanno da tempo in produzione vetture piccole e di scarso affidamento, alimentate con batterie al piombo, che nelle zone rurali hanno comunque un grande successo), ma potenzialmente molto forti, perché il paese è detentore di ingenti riserve (terze per consistenza) di litio ed è, come è noto, quasi monopolista mondiale per quanto riguarda le riserve di terre rare, anch’esse materiali indispensabili – per ora – nello sviluppo delle batterie. Forte è anche l’impegno delle case coreane, mentre in India è stato stipulato un accordo con la francese AREVA per sviluppare veicoli elettrici. Anche negli USA si sta lavorando parecchio sull’auto elettrica, che però non rappresenta la priorità numero uno per le principali case, che continuano a lavorare molto sui suv, eventualmente con alimentazione ibrida. Poi è noto che Fiat Chrysler vuole mettere in produzione una versione elettrica della 500; ma si tratta comunque di un prodotto di nicchia. Per il resto Fiat non sembra interessata al veicolo elettrico ed è completamente assente dalle iniziative che gli altri produttori portano avanti, spesso anche in forme associate.

Caratteristiche dei veicoli
Oltre a questa svolta nell’impegno (e negli investimenti), che lascia prevedere il prossimo ingresso sul mercato di modelli prodotti non in migliaia o decine di migliaia di esemplari, ma con volumi da subito superiori alle 100mila unità, la novità maggiore è costituita dall’ingegnerizzazione del veicolo elettrico: non si tratta più di vetture tradizionali il cui propulsore è stato sostituito, cercando poi un posto dove alloggiare la batteria, ma di veicoli concepiti e progettati apposta per l’alimentazione elettrica: per esempio il telaio viene progettato come alloggiamento delle batterie; le diverse componenti trovano una collocazione più rispondente alle caratteristiche del veicolo. In ogni caso il propulsore continua a essere singolo: i motori alle ruote presentano ancora troppi problemi per venire adottati in forme non sperimentali. Questa soluzione riceve invece maggiore attenzione nella produzione di autobus elettrici, perché qui non crea problemi di stabilità al veicolo. L’elettrico poi va a gonfie vele nella produzione di cicli e motocicli. La Pegeot ne sta producendo alcuni modelli; in Italia ne circolano già 35mila di produzione cinese; Piaggio ha da tempo in produzione un veicolo elettrico a tre ruote e altri piccoli produttori sono impegnati nella fabbricazione di furgoncini leggeri.

Consumi
Complessivamente l’auto elettrica consuma meno di quella a combustione interna. L’efficienza energetica dei motori può arrivare ormai al 90 per cento. In termini di consumo di energia primaria, un’auto di media potenza consuma 1000 Wh/km e un’auto elettrica della stessa potenza circa la metà: 500 Wh/km. La potenza media dei motori installati è molto alta nei veicoli giapponesi (circa 100 kW) mentre è più bassa nelle auto progettate in Europa (circa 60 kW). Naturalmente ci sono motori molto più potenti: la Tesla, che è quasi una macchina da corsa, prodotta negli USA, ha una potenza di circa 200 kW. In termini di prestazioni, un’auto elettrica è superiore a un’auto a combustione interna anche per la ripresa e può esserlo, aumentando la potenza, per la velocità.

Batterie
Per quello che riguarda le batterie, i produttori meglio posizionati in prospettiva sono cinesi, per le ragioni già esposte, ma i progressi maggiori finora sono quelli realizzati dai produttori coreani. In Francia è in costruzione uno stabilimento per la produzione di batterie per auto a livello di massa. Una grossa innovazione nel campo delle batterie può venire dalla applicazione delle nanotecnologie, che però contribuiscono più ad aumentarne la durata nel tempo e la potenza (fino al raddoppio a parità di peso e ingombro) che l’energia immagazzinata. La potenza può passare da 60 a 120 W/kg; ma questo miglioramento riguarda soprattutto le singole celle, mentre il collegamento tra le diverse celle resta problematico. Quanto alla durata, teoricamente le batterie attualmente adottate possono arrivare ai 10 anni; per ora comunque sono state verificate solo per 3-4. La produzione maggiore riguarda le batterie litio/ioni, ma si stanno facendo strada anche batterie litio-polimeri, mentre per i veicoli ibridi le prestazioni migliori vengono dalle batterie nickel-ioduri. Il rendimento medio è di 150 km per un peso di 150 kg. Naturalmente senza consumi aggiuntivi, come quello richiesto dal riscaldamento o dal condizionamento del veicolo, che possono ridurre notevolmente i risultati ottenuti.

L’idea di alimentare le auto con batterie sostituibili è un progetto canadese, ripreso da Renault Nissan, che lo sta introducendo in Israele: va bene per quel paese la cui massima estensione non supera i 150 km. Le controindicazioni comunque non mancano. La batteria continua a essere la componente più cara dell’auto elettrica: tenerne una scorta a terra fa aumentare i costi. Inoltre oggi sono pensate per un singolo modello e manca completamente l’intercambiabilità con le altre vetture: quindi ciascun modello dovrebbe disporre di specifici depositi di batterie in cui sostituire quelle scariche con quelle ricaricate.

Per quanto riguarda infine le celle a combustibile (fuel-cell), non sembra per ora possibile arrivare a produrle a costi accettabili: costano circa il doppio di una equivalente batteria al litio. Ma il limite maggiore è che manca una rete di distribuzione dell’idrogeno, mentre ne esiste invece una per il metano e, ovviamente, una per l’energia elettrica: il che crea un differenziale insuperabile. Inoltre bisogna tener conto del fatto che l’efficienza energetica delle fuel-cell è attualmente la metà di quello del sistema elettrico, anche se è a emissioni zero.

Alimentazione
A livello europeo si è concordato di fissare degli standard comuni sia per le prese (fatte salve la differenza delle spine, che resteranno diverse da paese a paese e richiederanno dunque dei riduttori appropriati) che per la fatturazione. Ma quello della rete pubblica di alimentazione delle vetture elettriche è in realtà un problema minore. In Italia si stima che il 65 per cento degli utenti disponga di un garage, di una pertinenza o di un ricovero per ricaricare le batterie di un’auto elettrica a casa propria. La ricarica pubblica riguarda quindi solo il restante 35 per cento, più il caso dei viaggi, quando ci si allontana molto dalla propria abitazione. In ogni caso molte stime fanno prevedere che al 2020 in Europa circoleranno circa da tre a quattro milioni di vetture elettriche; quindi il problema si pone.

Il contatore domestico tipico, con una potenza di 3 kW è insufficiente per la ricarica di un’auto durante la notte, ma è già previsto, da Enel e da altri distributori, la possibilità di installare a livello domestico un aumento di potenza da 6 kW, da utilizzare solo di notte per ricaricare l’auto. Sono poi previste delle colonnine stradali per il cosiddetto biberonaggio: una ricarica veloce, di un quarto d’ora, per garantire una tratta aggiuntiva di 5-10 km. In Italia, impegnate nel promuovere l’installazione di terminali pubblici di ricarica ci sono un po’ tutte le società di distribuzione elettrica: Enel, A2A e molte altre utilities locali.

Costi
I costi di un’auto elettrica sono ancora nettamente superiori a quelli di un’auto tradizionale a parità di potenza. Con serie come quelle attuali, che non superano le 10-20mila unità all’anno, il divario è di 6-7mila euro per veicolo. Il costo del motore è più o meno equivalente, la differenza è da imputare esclusivamente alla batteria. Con l’entrata in produzione di serie da 100-200mila veicoli all’anno, il costo della batteria si può dimezzare, ma resterà sempre un differenziale consistente che richiede l’intervento di incentivi da parte dei governi.

In tutti i paesi europei sono già in vigore o allo studio piani di sostegno pubblico sia all’industria, per promuovere la produzione di veicoli elettrici, che al consumatore, per promuovere l’acquisto del veicolo. L’Italia invece è rimasta al palo: non c’è alcun piano nazionale in proposito (anche se sono già stati depositati in Parlamento tre disegni di leggi sulla materia); ma il fatto è che il principale produttore nazionale, cioè Fiat, non sembra per ora interessato al problema e non sta facendo ricerca e sviluppo sull’auto elettrica.

Viceversa il costo di esercizio dell’auto elettrica è notevolmente più basso di quello delle motorizzazioni tradizionali: una ricarica per 150 km può costare dai 3 ai 4 euro, pari a 2-3 centesimi di euro per chilometro, soprattutto se la ricarica avviene in casa, nelle ore notturne, cioè di bassa (per ora) richiesta energetica. Per quanto riguarda invece il costo di ricarica alle colonnine stradali, il costo sarà sicuramente maggiore perché bisogna ammortizzare l’infrastruttura.

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