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Variazione di mansioni

Nel settore delle pulizie/ servizi integrati/ multiservizi, che come sappiamo è fortemente labour intensive, può accadere che per esigenze organizzative si debba cambiare le mansioni attribuite ad un dipendente. Si tratta del cosiddetto “ius variandi”, un diritto del datore sancito dal codice civile (art. 2103 – In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore)che tuttavia occorre esercitare con molta attenzione, perché può trasformarsi in un’arma a doppio taglio, specie quando si procede unilateralmente.

Infatti non sono pochi i casi in cui il datore viene considerato responsabile di demansionamento illegittimo, una violazione del diritto al lavoro inteso come diritto a svolgere un’attività lavorativa che risponda a un’esigenza imprescindibile della personalità del lavoratore. Il demansionamento, infatti, anche laddove non causi immediatamente un danno economico, può determinare, fra l’altro, condizioni di stress, malessere e un impoverimento delle capacità professionali del lavoratore connesso allo svolgimento di mansioni inferiori, o al mancato svolgimento di qualsiasi mansione. Attenzione dunque alla massima correttezza nell’esercizio dello ius variandi e nelle modalità e prassi di comunicazione.

Tuttavia c’è una notizia che potrebbe alleggerire i sonni dei datori (naturalmente di quelli in buona fede). La Cassazione sez. Lavoro Civile, con l’Ordinanza n. 17976 del 9 luglio 2018, ha infatti sottolineato come il danno subito dal dipendente non sussista di per sé, non sia insomma automatico.

La Cassazione, trovandosi ad affrontare il caso di un dipendente di una società di trasporti che, a seguito di una poderosa riorganizzazione, si è trovato addetto a mansioni inferiori, conclude infatti che “se è vero che il demansionamento ben può essere foriero di danni al bene immateriale della dignità professionale del lavoratore, è del pari vero che essi non sono in re ipsa e devono pur sempre essere dimostrati da chi si assume danneggiato”. Dimostrazioni che, nel caso in esame, non erano evidentemente state prodotte in modo convincente. Insomma: nessun risarcimento, perché il danno da demansionamento è una conseguenza possibile, ma non automatica dell’attribuzione unilaterale di mansioni inferiori. In ogni caso, il consiglio è comunque di prestare le dovute attenzioni, se possibile comunicando per tempo agli interessati le proprie intenzioni e le debite motivazioni, in ogni caso senza rischiare di ledere diritti inviolabili garantiti dalla Costituzione.

 

Link Ordinanza Cassazione

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