HomeNewsletterTutele crescenti: fino a 15 addetti flessibilità vantaggiosa

Tutele crescenti: fino a 15 addetti flessibilità vantaggiosa

Piccole imprese, finalmente una boccata d’ossigeno. Infatti, se si  sommano gli esoneri contributivi previsti dalla legge di Stabilità (190/2014) per le assunzioni a tempo indeterminato del 1° gennaio 2015 con la flessibilità permessa dagli attuativi del Jobs Act, in particolare dal Dl sulle “tutele crescenti” (il 23 del 4 marzo 2015), valida dal 7 marzo, qualche beneficio c’è. Iniziamo dagli “alleggerimenti” contributivi: come abbiamo già scritto a tempo debito, i commi 118 e segg. dell’articolo unico della Legge di Stabilità per l’anno in corso (190/2014) prevedono che per le nuove assunzioni a tempo indeterminato stipulate nel 2015 sia riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro fino a 8.060 euro/anno (con le eccezioni che sappiamo: lavoratori occupati a t.i. nei 6 mesi precedenti, lavoratori per cui il beneficio sia già stato fruito, lavoratori con cui ilo datore aveva già in essere un contratto stabile dal 1° ottobre al 31 dicembre 2014).

A ciò si devono aggiungere, oltre ad altri incentivi cumulabili (bonus per lavoratori disabili, giovani genitori, liste mobilità, Garanzia giovani, beneficiari di Aspi ecc.), le modifiche alla disciplina del licenziamento introdotte dal 7 marzo dal Dl 23/2015, che riguardano anche le Pmi fino ad oggi interessate da una legge che risaliva addirittura al 1966 (la 604 di quell’anno, per l’esattezza), e che prevedeva in molti casi l’obbligo di riassunzione e comunque pesanti indennità. Per gli assunti dal 7 marzo invece, in virtù della nuova disciplina delle “tutele crescenti”, per licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o disciplinare ritenuti illegittimi dal giudice, il datore sarà tenuto, per le imprese fino a 15 dipendenti, al versamento di un’indennità pari a un minimo di due mensilità della retribuzione di riferimento per il Tfr e un massimo di sei mensilità, calcolandone una per ogni anno di servizio. L’ipotesi del reintegro resta valida solo in caso di licenziamento discriminatorio, orale o contrario alla legge.

Sempre sul fronte licenziamenti, per le piccole aziende vi sono “sconti” anche nella procedura di conciliazione facoltativa (art.6 del 23/15), che permette di evitare inutili e costosi contenziosi a fronte di una corresponsione di una cifra tramite assegno circolare: per le imprese fino a 15 dipendenti, anche in questo caso, il massimo è di 6 mensilità. La nuova norma estende la procedura a tutte le imprese (anche quelle fino a 15 dipendenti), applicabile anche ai casi di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (licenziamenti disciplinari). La procedura di conciliazione, da svolgersi in precise sedi (DTL o sindacati), prevede che il datore di lavoro possa offrire al lavoratore entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (60 gg. dal ricevimento della comunicazione), un importo esente da tributi e da contribuzione, di ammontare pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare (per le piccole imprese gli importi sono dimezzati e non possono eccedere le 6 mensilità). Dice infatti l’articolo 9 del predetto testo: “Ove il datore di lavoro non raggiunga i  requisiti  dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n.  300  del 1970, non si applica l’articolo  3,  comma  2,  e  l’ammontare  delle indennità  e  dell’importo  previsti  dall’articolo  3,   comma   1, dall’articolo 4, comma 1 e dall’articolo 6, comma 1, è  dimezzato  e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità” .

LEGGI DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2015, n. 23

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