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Storica sentenza: no del Consiglio di Stato alle pulizie in-house

Deciso “no” del Consiglio di Stato agli affidamenti in-house dei servizi di pulizia, che con la sentenza 2291/15 dello scorso 7 maggio ha annullato la decisione del TAR Puglia (n. 2986/2014) e, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha annullato il provvedimento di affidamento in-house del servizio di pulizia e sanificazione disposto dalla ASL di Brindisi a favore della società controllata Sanitaservice. A ricorrere era stata la società Markas, con l’intervento ad adiuvandum di Anip-Fise, che si era mossa contro l’affidamento diretto dei servizi di pulizia e sanificazione da parte dell’Asl brindisina. Si stabilisce, insomma, che le PA devono acquisire i servizi sul mercato, senza ricorrere, come di frequente accade, all’elusione delle regole di concorrenza (e quindi delle procedure d’appalto) mediante la costituzione di società ad hoc in-house.

Si tratta, per le imprese, di una sentenza molto importante, che ha accolto il primo motivo di ricorso (assorbiti tutti gli altri) accogliendo le argomentazioni proposte dall’Anip e affermando in particolare:

  • che “il tenore del comma 7 [del d.l. n. 95/2012] sembra univoco nell’individuare le procedure concorrenziali come modalità necessaria di acquisizione dei beni e servizi strumentali”;
  • che “l’affidamento diretto ha carattere spiccatamente derogatorio”;
  •  che “la circostanza che un affidamento in house non contrasti con le direttive comunitarie non vuol dire che sia contraria all’ordinamento UE una norma nazionale che limiti ulteriormente il ricorso all’affidamento diretto”;
  •  che “dunque, la volontà del legislatore era quella di limitare il ricorso alle società pubbliche, tra l’altro escludendolo nel settore dell’acquisizione di beni e servizi strumentali, che non veniva tipologicamente considerato tra le eccezioni”.

Inoltre, ha aggiunto il Consiglio di Stato, “il servizio di pulizia e sanificazione delle strutture è all’evidenza un servizio strumentale reso nei confronti della ASL, e non un servizio di interesse economico generale rivolto agli utenti”, e quindi non c’era alcuna ragione di affidarlo in house, anche perché “la circostanza che tale servizio, coerentemente con la prassi più diffusa, venisse in precedenza reso alla ASL di Brindisi in regime di appalto da parte di operatori commerciali, porta ad escludere la sussistenza di ragioni tali da far ritenere che il servizio non possa proficuamente essere acquisito sul mercato”.

Il riferimento dei giudici al comma 7 del Dl 95/2012 richiama l’opportunità di evitare distorsioni della concorrenza. Il citato comma, infatti, prevede che dal 1° gennaio del 2014 le pubbliche amministrazioni debbano acquisire beni e servizi sul mercato con le procedure previste dal Codice appalti: una modalità che, secondo i giudici del Consiglio di Stato, viene individuata come necessaria dal tenore del comma stesso.

Leggi Sentenza 2291/15

 

 

 

 

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