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Letture: appalti e corruzione

Un volume amaro e profondo, che i due autori stanno presentando in tutta Italia in un intenso e molto seguito “roadshow”: fra le tappe principali quella condotta dal giornalista Beppe Severgnini, presso la Rizzoli di Galleria Vittorio Emanuele II, nel cuore di Milano, dove 25 anni fa è partita la storica -e drammatica- stagione di Tangentopoli.

Una parola “scorretta” per un fenomeno torbido e malato
Come ha suggerito di recente lo stesso Cantone ai microfoni di Radio Vaticana, una parola di per sé scorretta, “spuzza” invece del canonico “puzza”, evoca molte più immagini delle migliaia di discorsi, analisi e dibattiti, sofisticati e retorici, che si sentono spesso sulla corruzione, fra luoghi comuni e dichiarazioni di impotenza e di resa. E a noi piace pensare che Papa Francesco, e i due autori, abbiano voluto rappresentare, anche attraverso la scorrettezza del vocabolo, gli effetti distorsivi e malati che il fenomeno, purtroppo sempre più radicato e infiltrato in tutti i settori, provoca sulle nostre esistenze e anche, come vedremo, sulle nostre tasche.  Del resto di corruzione si è scritto e parlato tantissimo, ma questo libro vuole essere qualcosa di diverso dai molti studi sul “pianeta corruzione” che hanno visto la luce negli ultimi anni.

Una lotta lunga 20 anni
La sua radice è nella storia professionale (e umana) dei due autori, Raffaele Cantone e Francesco Caringella, che dopo aver lottato per lunghi anni sul fronte del contrasto ai fenomeni mafiosi e corruttivi, si trovano ora a ricoprire posizioni di vertice in seno a importanti istituzioni chiamate a vigilare sulla legittimità e la correttezza degli atti e dei comportamenti delle pubbliche amministrazioni.

La corruzione nel “terzo millennio”: un sistema pervasivo e spietato
Punto di partenza della loro riflessione è l’analisi della corruzione del Terzo millennio che, come mostrano le inchieste su “Mafia Capitale” e sul Mose, è diversa dal passato, in quanto si è eretta a sistema pervasivo, tentacolare, spietato. Non più solo passaggi di denaro, ma giri vorticosi e smaterializzati di favori, piaceri, collusioni. Non più il classico accordo privato fra corruttore e corrotto, ma la creazione di un’organizzazione criminale attraverso cui politici, burocrati, imprenditori e mafiosi perseguono gli stessi obiettivi. Alla più accentuata pericolosità del fenomeno corruttivo non corrisponde, però, un’adeguata coscienza collettiva della necessità, etica e pratica, di reagire.

Quel denaro rubato appartiene a tutti noi
Un appalto pilotato, una licenza edilizia comprata, una sentenza truccata sembrano vicende che toccano i soldi pubblici, non le nostre finanze personali. E invece quel denaro rubato è anche nostro, perché la cosa pubblica è una ricchezza comune, e la sua gestione immorale danneggia tutti, privandoci di risorse, opportunità e prospettive. Queste pagine dimostrano come la corruzione, grande o minuta che sia, entri ogni giorno nelle nostre case e ci renda più poveri. I soldi intascati dai corrotti significano opere pubbliche interminabili, edifici che crollano alla minima scossa di terremoto, malasanità, istruzione al collasso, cervelli in fuga, giustizia drogata, mancanza di investimenti stranieri, ambiente violentato, politica inquinata.

Reagire è un dovere civile
È, quindi, un dovere civile rimboccarsi le maniche e lottare, con armi nuove ed efficaci. Le regole e il codice penale non bastano. Serve la prevenzione, legislativa, amministrativa e culturale. Ma serve, soprattutto, la ribellione indignata di ognuno di noi.

Edizione Mondadori, 272 pagine, 18 euro

 

Foto  di R. Esposito Newfotosud

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