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Committente, appaltatore, subappaltatore nella filiera della responsabilità in solido

Responsabilità solidale, una complicata vicenda a tappe che dura da anni, tra aggiunte e sottrazioni. I più recenti effetti indicano sanzioni milionarie a carico di committenze imprevidenti. Ripercorriamo l’evolversi della normativa fino agli ultimi giorni.

Le modifiche in sintesi
La disciplina della responsabilità solidale negli appalti, introdotta dal Dl 276/2003 (la cd. Legge Biagi), art. 29, comma 2, ha visto negli ultimi mesi molte modifiche e cambiamenti.
Partiamo dalla norma fondamentale (art. 29, comma 2, del 276/03), come compare attualmente:
“… il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento…”.

Come compare adesso, il testo chiama in causa sia il rapporto fra committente e appaltatore, sia quello tra appaltatore e subappaltatore, per ciò che riguarda:

– Trattamenti retributivi, compreso il Tfr
– Contributi previdenziali
– Premi assicurativi

Per arrivare a questa disciplina, tuttavia, ci sono stati diversi passaggi negli ultimi mesi, durante i quali era stata introdotta anche l’Iva (2006 e 2012), poi tolta nel 2013. Cerchiamo qui di ricostruirli in breve.

Nel 2006, quindi tre anni dopo la prima stesura della legge Biagi, arriva il Dl del 4 luglio, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248. Qui il riferimento è l’articolo 35, comma 28, che interveniva sul rapporto fra appaltatore e subappaltatore, estendendo la disciplina solidaristica anche all’Iva. Il testo si presentava così:

In caso di appalto di opere o di servizi, l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto”.

Ulteriori importanti modifiche si sono verificate nel 2012, e precisamente con il Dl 16 del 2 marzo (Decreto in materia di semplificazioni tributarie), convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, che all’articolo 2, comma 5 bis, sostituiva il comma 28 dell’articolo 35 del Dl 223/2006, precedentemente visto, estendendo anche al committente la responsabilità del mancato pagamento dei versamenti all’erario delle ritenute Irpef sul lavoro dipendente e dell’Iva dovuta sulle prestazioni effettuate nell’ambito dell’appalto.

Il comma 28 dell’articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è sostituito dal seguente: “In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, al versamento all’erario delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e dell’imposta sul valore aggiunto scaturente dalle fatture inerenti alle prestazioni effettuate nell’ambito dell’appalto, ove non dimostri di avere messo in atto tutte le cautele possibili per evitare l’inadempimento

Successivamente il Dl 83/2012 (il Decreto sviluppo), articolo 13 ter, prevedeva la responsabilità solidale dell’appaltatore negli appalti di opere e servizi per l’Iva e le ritenute Irpef sui redditi di lavoro dipendente, nei limiti del corrispettivo dovuto. Ad essere interessati, come i più attenti ricorderanno, gli appalti partiti dal 12 agosto 2012.

In caso di appalto di opere o di servizi, l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto.

Inoltre si prevedeva anche la verifica, da parte dell’appaltatore, della regolarità dei versamenti IVA e Irpef. Una disposizione che, come si ricorderà, fece molto discutere.
La responsabilità solidale viene meno se l’appaltatore verifica, acquisendo la documentazione prima del versamento del corrispettivo, che gli adempimenti di cui al periodo precedente, scaduti alla data del versamento, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore. L’attestazione dell’avvenuto adempimento degli obblighi di cui al primo periodo può essere rilasciata anche attraverso un’asseverazione.

E arriviamo al 2013: i più recenti cambiamenti hanno tolto l’Iva. Parliamo del Decreto del fare (Dl 69/13) e del Decreto lavoro (Dl 76/13). Si tratta di una disciplina che, per ovvie ragioni, le imprese devono conoscere molto bene. Vediamo, in estrema sintesi, che cosa è cambiato.

Secondo l’articolo 50 del “Decreto del fare”, intervenuto a modifica dell’ art. 35, comma 28, del Dl 223/2006, l’appaltatore non è più responsabile in solido per il versamento dell’IVA dovuta dal subappaltatore.
Al comma 28, dell’articolo 35, del decreto-legge 4 luglio 2006,n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, le parole: «e del versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta» sono sostituite dalla seguente «dovute».

Ecco dunque il testo come compare dopo questa modifica:

In caso di appalto di opere o di servizi, l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente ((dovute)) dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto. La responsabilità solidale viene meno se l’appaltatore verifica, acquisendo la documentazione prima del versamento del corrispettivo, che gli adempimenti di cui al periodo precedente, scaduti alla data del versamento, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore.

Successivamente l’art. 9 del Decreto lavoro (76/13) chiarisce poi il contenuto dell’art. 29, comma 2, del Dl 276/2003: in questo caso ci si riferisce alla responsabilità solidale del committente con l’appaltatore (già regolata, come abbiamo visto, dal 276/03) e con gli eventuali subappaltatori riguardo ai trattamenti retributivi, ai contributi previdenziali e ai premi assicurativi dovuti dall’appaltatore ai propri dipendenti, precisando che in questi casi la responsabilità solidale rimane immutata. In particolare il Dl Lavoro, all’art. 9, comma 1 (primo periodo), estende la disciplina solidaristica anche ai lavoratori autonomi.

Le disposizioni di cui all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni, trovano applicazione anche in relazione ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale e assicurativa nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo.

Attenzione, però: sempre il Decreto lavoro, all’art. 9, comma 1 (secondo periodo), precisa che la disciplina della responsabilità solidale non si applica per gli appalti in cui committenti siano le pubbliche amministrazioni (art. 1, comma 2, del decreto legislativo 165 del 2001).

Le medesime disposizioni non trovano applicazione in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165”. Ecco il testo: “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Si tratta, questa, di una precisazione molto importante, perché, come sappiamo, un’ampia fetta delle commesse si riferisce proprio a stazioni appaltanti pubbliche.

Alla luce dei decreti Fare e Lavoro, quindi, la responsabilità solidale tra appaltatore e committente e tra appaltatore e subappaltatore rimane in riferimento alle retribuzioni, alle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente, e al versamento dei contributi previdenziali e assicurativi, mentre non si applica all’Iva.

Si tratta, come si vede, di una disciplina molto complessa, e il risultato è che i committenti più avveduti, che ne conoscono l’impatto e il potenziale di rischio, chiedono alle imprese appaltatrici una fideiussione che mediamente va da 20 al 50% del valore dell’appalto. Ci sono poi, però, anche committenze meno attente, o meno informate. Si sono già verificati, ad esempio nella grande distribuzione, casi di sanzioni salatissime dovute proprio a superficialità sulla disciplina solidaristica. In questo caso può essere altamente qualificante, per un’impresa che voglia instaurare con la propria committenza un rapporto di trasparenza e fiducia, avere cura di informare il committente dell’esistenza e della complessità della disciplina solidaristica, e della sua corretta interpretazione.

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