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Quale futuro per la direttiva europea sui rifiuti?

Un punto particolarmente critico nello sviluppo del dibattito relativo alla definizione della Direttiva, è stato quello collegato alla “Gerarchia EU delle opzioni di gestione dei rifiuti” – la “Waste hierarchy” ossia il ben noto principio (codificato appunto dalla vecchia Direttiva-Quadro e dalle successive modifiche ed integrazioni) in base al quale bisogna prioritariamente perseguire la riduzione dei rifiuti, poi il loro recupero, e solo in seguito lo smaltimento per i materiali non recuperabili.
Nei lavori preliminari alla revisione della Direttiva, era stata espressa dalla Commissione l’intenzione di sostituire la Gerarchia con il principio del “life-cycle thinking” ossia della valutazione complessiva del ciclo di vita collegato ad una particolare opzione di trattamento del rifiuto (inclusiva dei benefici di tale opzione, delle emissioni connesse, del prelievo di risorse naturali per l’adozione di tale opzione, o della mancata adozione, ecc.). Il principio è senz’altro condivisibile e dal punto di vista concettuale va nella direzione di una massimizzazione dei benefici ambientali. I problemi sorgono invece nella applicazione pratica del principio. Lo strumento principale per il “life-cycle thinking” è infatti l’Analisi del Ciclo di Vita (LCA), una sorta di “Contabilità ambientale” intesa a raccogliere, ordinare, comparare benefici ed impatti di una particolare opzione di trattamento, per confrontarli con quelli della altre opzioni. Ora, i problemi derivano dalla esistenza di alcune “zone d’ombra” nel metodo e negli assunti delle LCA, che a tutt’oggi concedono a chi le gestisce gradi di libertà relativamente ampi (e ciò anche al di là del rigore indiscutibile che i gestori della procedura adottano) su alcuni aspetti in grado di influenzare ampiamente il risultato, quali:

  • i numeri-input (es. “che concentrazioni suppongo per le emissioni di diversi composti nelle arie esauste dall’incenerimento, o dal compostaggio?”)
  • le “condizioni al contorno” (“System Boundaries”; es. “che destino suppongo per i prodotti del riciclaggio o per l’energia prodotta dall’incenerimento, e che risorse naturali riesco dunque a sostituire, e dunque a risparmiare?”)
  • la stessa possibilità di considerare alcuni effetti benefici delle pratiche di riciclaggio (es. “come considero la migliore lavorabilità dei terreni dopo l’applicazione del compost, e la conseguente diminuzione dell’uso di combustibili fossili per la lavorazione del suolo?”; si tratta in effetti di benefici la cui entità è molto legata alle condizioni locali – tipo di suolo, precessione colturale, ecc. – dunque difficilmente quantificabili nei loro valori “tipici”, e in conseguenza sono spesso trascurati nelle LCA, ma questo ne inficia – e sostanzialmente – i risultati).

Quanto sopra ha portato più volte a risultati ampiamente contrastanti di LCA diverse sullo stesso tema, a seconda di come i gestori delle stesse prestavano attenzione, o mostravano sensibilità, a diversi aspetti potenzialmente importanti.
Significativamente, la Commissione stessa (DG Ricerca) ha recentemente promosso un piano di attività per arrivare a codificare gli aspetti contestati od oscuri. Ma tale intenzione, che persegue un risultato che tutti auspichiamo per ottimizzare l’uso di uno strumento di importanza fondamentale nel supporto al “decision-making”, si realizzerà negli anni a venire, e il risultato andrà sottoposto a un periodo di  verifica e rodaggio.
Per tutti i motivi sopra riportati, da molte parti (Stati Membri, Categorie Produttive, parti consistenti del mondo della ricerca, ecc.) è venuto un appello alla Commissione perché allo stato delle cose fosse  mantenuto un forte riferimento alla “Gerarchia”, dato che si può ritenere –  in  buona misura ed a buona ragione – che un principio in base al quale riduzione e riciclaggio debbano essere preferiti rispetto a recupero energetico e discarica sia già un’ottima approssimazione del massimo beneficio ambientale.

E’ significativo che tra gli appelli più espliciti e circostanziati in tale direzione ci sia stato quello delle Associazioni Ambientaliste europee (EEB in primis) che traguardavano il rischio di un uso strumentale delle LCA (visti i gradi di libertà tuttora presenti nella loro applicazione) per promuovere strategie distorte e paradossalmente meno “sostenibili” dal punto di vista ambientale. Non ci sentiamo, sulla base di una casistica relativamente ampia, di dare loro torto, pur vedendo con interesse alle LCA come strumento di analisi ed alle potenzialità che esse possono rivestire per il futuro.
Il risultato finale della discussione “Gerarchia o life-cycle thinking ?” si può riassumere come di seguito:

  • è stata mantenuta la “Gerarchia” come principio fondante, anche se si fa riferimento al “life cycle thinking” come strumento per individuare possibili deviazioni dalla Gerarchia, laddove ci siano evidenze di un maggiore beneficio ambientale.
  • È stata poi introdotta la distinzione tra “recupero di materia” (riciclaggio) e “recupero energetico”, con il primo, posto a livello superiore rispetto al secondo; con ciò stesso è stata sanata una assimilazione delle diverse attività di “recupero” (non ulteriormente specificate) che tanti equivoci e discussioni aveva generato in passato .
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