La Legge n.86 del 26 giugno 2024 definisce i principi generali per l’attuazione dell’autonomia differenziata (parola che viene utilizzata per la prima volta in una legge) delle Regioni a statuto ordinario. L’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, è una scelta storica che rivoluziona l’assetto istituzionale e socio/economico dell’Italia.
Cosa si intende per autonomia differenziata Con l’autonomia differenziata, come previsto dall’art.117 costituzione, una Regione a statuto ordinario ottiene beni e risorse pubbliche per 23 materie (da diventare come uno “statarello”) che variano dalla sanità alla scuola, dal lavoro alla previdenza, dall’acqua e demanio idrico alla produzione e distribuzione di energia, dal commercio con l’estero all’agricoltura, ecc. Per 14 di queste materie è previsto il trasferimento subordinatamente alla determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), e la “tutela della salute” è da tempo regionalizzata con un SSN dove già esistono i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
L’autonomia differenziata in sanità La “tutela della salute”, il finanziamento per il Servizio Sanitario, è la materia, il tema per inquadrare gli effetti della Legge sull’autonomia differenziata sul sistema Paese. In Italia, l’autonomia regionale nel sistema sanitario nazionale, è il riflesso dello storico processo di decentramento dall’autonomia amministrativa regionale ad una forma di autonomia fiscale per finanziare la spesa sanitaria regionale. Il finanziamento del SSN, prima, era tutto a carico del Bilancio dello Stato. Poi, sono state introdotte forme di entrate tributarie regionali, giuridicamente non “entrate proprie” delle Regioni, per finanziare la spesa sanitaria regionale. Creata una disparità finanziaria territoriale, si è, quindi, dovuto creare un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Il sistema di finanziamento del SSN, attualmente, è basato sulle seguenti fonti: fiscalità generale delle Regioni: Imposta Regionale sulle Attività Produttive – IRAP (nella componente di gettito destinata al finanziamento della sanità) e addizionale regionale all’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche – IRPEF; bilancio dello Stato: attraverso la compartecipazione all’Imposta sul Valore Aggiunto – IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario), attraverso il Fondo sanitario nazionale e le accise sui carburanti; le entrate proprie delle aziende del Servizio Sanitario (ticket e ricavi derivanti dall’attività intramoenia dei propri dipendenti).
Per le Regioni a statuto speciale (RSS) e Province autonome il finanziamento è con la compartecipazione ai tributi erariali; tranne la Regione Sicilia che, con una aliquota di compartecipazione rimasta, dal 2009 al 49,11% del fabbisogno sanitario, riceve trasferimenti dal Bilancio dello Stato, tramite il Fondo sanitario nazionale. Con la Legge sull’autonomia differenziata si stabiliscono i principi relativi all’attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali corrispondenti a tutte le funzioni oggetto di conferimento.
In particolare, il punto cruciale della legge, lo si ritrova nel comma 2, dell’art.5, che “individua le modalità di finanziamento delle funzioni attribuite attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale.“.
È questa la scelta epocale Per gestire tutte le funzioni attribuite alla Regione differenziata è stato deciso non un normale finanziamento pubblico ma il sistema di finanziamento “privilegiato” delle Regioni a Statuto speciale, una autonomia che lo Stato assicura, con la compartecipazione del gettito dei tributi erariali, dal 100% della Val d’Aosta al 90% del Trentino-Alto Adige. Una autonomia finanziaria che, è bene chiarire, solo ed esclusivamente un accordo bilaterale Stato/Regione può modificare.
L’effetto dell’autonomia differenziata, sulla “tutela della salute” come per tutte le funzioni attribuite, è che il sistema di finanziamento dello Stato viene a differenziarsi in due flussi di cassa distinti e separati, un “normale” flusso di risorse pubbliche verso le Regioni Ordinarie, soggetto alla variabile della gestione statale, e un flusso di risorse pubbliche “esclusivo e garantito” verso le Regioni differenziate, che, come le Regioni a statuto speciale, trattengono il gettito dei tributi erariali maturati nel territorio regionale.
È così che, per il Servizio Sanitario e per le altre funzioni attribuite, il residente nella Regione differenziata diventa come un “contribuente regionale”, tenuto a concorrere al finanziamento solo ed esclusivamente della spesa pubblica della Regione dove risiede.
Gli effetti per le Regioni che diventano differenziate Con questa legge sull’autonomia differenziata, per i residenti delle Regioni che diventano differenziate, l’effetto è che hanno garantito molte più risorse pubbliche rispetto a prima; non devono più partecipare alla finanza pubblica nazionale, se non previo accordo bilaterale come le Regioni a statuto speciale; all’opposto, il finanziamento dei servizi rimasti statali e per le opere pubbliche sul proprio territorio rimane garantito con le risorse, i soldi degli italiani (quelli rimasti) “ordinari”; e, in più, gli utili della gestione di tutti i beni delle funzioni attribuite, costruiti con le risorse di tutti gli italiani, per.es., porti, aeroporti, infrastrutture, ecc.., vanno a esclusivo vantaggio della Regione differenziata.
In Italia, come si dispiegano gli effetti della Legge n.86 sull’autonomia differenziata, su un Servizio Sanitario che è già regionale, in cui esiste e persiste, nonostante la definizione dei LEA e il loro annuale monitoraggio, un sistema di finanziamento statale/regionale che ha prodotto, fino ad ora, rilevanti disparità nell’afflusso di risorse pubbliche, a livello di spesa sanitaria “pro capite” tra i 21 sistemi sanitari regionali, che ha portato all’utilizzo di Piani di rientro e commissariamenti per rientrare nel budget a disposizione, riducendo ancora di più i servizi erogati.
Con la Legge n.86, con le ulteriori forme di autonomia e con un sistema di finanziamento esclusivo e garantito dallo Stato, l’effetto, come è anche indicato nelle pre-intese firmate da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto con il governo Gentiloni, è l’autonomia di rimuovere i vincoli di spesa specifici per stipulare contratti con il personale; è l’autonomia di gestire il sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione per gli assistiti; è l’autonomia nella programmazione degli interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico del SSR; è l’autonomia del sistema di governance delle Aziende Sanitarie e degli enti del SSR; è l’autonomia legislativa, amministrativa e organizzativa in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi.
Questi gli effetti “privilegiati” per le Regioni che diventano differenziate, che, dal punto della finanza pubblica nazionale, è possibile mantenere, forse e solo, se molte Regioni rimangono ordinarie, come è, da decenni, con il mantenimento di un sistema di favore alle Regioni a statuto speciale. Con la Legge sull’autonomia differenziata è stata votata una norma che viene ad applicare in Italia un sistema che ha l’effetto di stravolgere il sistema tributario e la finanza pubblica, e che genera, automaticamente, differenze/iniquità tra i residenti/contribuenti delle Regioni Ordinarie e quelli delle Regioni Differenziate, e anche tra le diverse Regioni Differenziate.
Il fatto è che l’autonomia differenziata è legge, perché, nonostante tutte le evidenti criticità e le diseguaglianze territoriali che aumentano, ci sono cittadini che la vogliono. Come può essere contrario il residente nella Regione che diventa differenziata, se la conseguenza del forte decentramento asimmetrico, la differenziazione nel grado di autonomia del sistema di finanziamento delle competenze assegnate, è a scapito e sulle spalle dei residenti nelle Regioni Ordinarie?
L’aumento delle diseguaglianze Quello che si deve continuare ad evidenziare è che l’autonomia differenziata, nell’ambito della tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, non potrà che creare e/o aumentare le diseguaglianze regionali, amplificare a livello nazionale tutte le criticità, inclusi i territori delle Regioni che vogliono diventare “differenziate”, che già si evidenziano a livello di gestione del sistema sanitario territoriale sia in caso di pandemie che ordinariamente.
Conclusioni È importante ribadire che questa legge, sia per il fondamentale aspetto del finanziamento “differenziato” e sia per le conseguenze di un decentramento asimmetrico di importanti funzioni organizzativo-regolatorie, si viene a porre in atto tra le Regioni, anche tra le Regioni Differenziate, un sistema di gestione del sistema sanitario regionale ultra “differenziato/concorrenziale”, come una costante e incontrollabile mobilità interregionale per le professioni mediche e sanitarie dipendenti del SSN, evitando la contrattazione collettiva a livello centrale, o come l’adozione di gestioni di politiche territoriali “differenziate” che favoriscono la difformità di standard dei servizi comuni alla popolazione.
Come sottolineato ai massimi livelli istituzionali, è necessario confermare il ruolo fondamentale del sistema sanitario nel perseguimento degli obiettivi di dignità e coesione sociale indicati dalla Costituzione della Repubblica e rimuovere e superare condizioni di divario territoriale. Quello che è del tutto evidente è che per l’Italia l’effetto della Legge n.86 sull’autonomia differenziata è l’esatto opposto.
di Corrado Edoardo Mollica, giurista