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Trattamento dell’aria in epoca di Covid: quanto conta la corretta gestione?

Lo tsunami Coronavirus ci ha travolto come mai prima d’ora, ed è evidente che in questo periodo di emergenza sia molto forte la preoccupazione per la salute dell’intera collettività e per la tenuta dell’economia nazionale. In tal senso, lo sappiamo bene, il settore del turismo e quello della ricettività giocano un ruolo strategico, con tutto ciò che ne consegue in termini di prevenzione e corretta gestione dei rischi.

Un tema divenuto caldissimo
È anche per questo che improvvisamente nel dibattito pubblico ci si è iniziati a porre la domanda su quale sia il ruolo degli impianti aeraulici nella propagazione dell’epidemia. Vi ricordate i servizi giornalistici e i video virali su media e social in cui si cercava di dimostrare la possibilità di diffusione del virus attraverso il flusso dell’aria dai condizionatori, con tanto di luci blu e cosiddette riprese «a infrarossi»?

La posizione di AIISA
Ora, si tratti di notizie vere, di mezze bufale o di vere e proprie fake news, senza dubbio quello della qualità dell’aria e del suo ruolo nella propagazione del virus in ambienti confinati è un tema importantissimo, come sottolineano gli esperti di AIISA, Associazione Italiana Igienisti Sistemi Aeraulici. Anche se, bisogna dirlo, ad oggi mancano ancora sicure evidenze scientifiche in questo senso.

Il Protocollo del 2013
Va detto anche che gli esperti di AIISA, già nel novembre 2013, dunque in tempi non sospetti, avevano stilato un protocollo in cui si sottolineava il ruolo fondamentale dell’igienizzazione di tali sistemi. Il Protocollo, messo a punto sintetizzando quanto disponibile nel settore normativo e tecnico, definisce le modalità operative per “l’ispezione e la sanificazione degli impianti aeraulici”, ed è ancor oggi scaricabile dal sito www.aiisa.it, nello spirito di una chiara trasparenza divulgativa.

Un approccio precauzionale
Ma ora torniamo al frangente attuale, sicuramente fra i più gravi della storia recente del nostro Paese, cercando di tirare le somme. Secondo AIISA in questi momenti di emergenza ed anche in mancanza di evidenze scientifiche sulla “diffusione specifica del SARS-CoV-2” attraverso i sistemi aeraulici, vale il principio di precauzione che impone di eliminare la teorica e possibile trasmissione del virus attraverso i sistemi di trattamento e condizionamento dell’aria in ambienti confinati.

La domanda fondamentale
Poniamoci il seguente quesito: gli impianti aeraulici possono favorire la diffusione del SARS-CoV-2 negli ambienti di cui trattano l’aria? A fronte di questa domanda, la posizione di AIISA è la seguente: i virus possono penetrare negli impianti aeraulici attraverso il circuito di ricircolo. Per motivi legati al risparmio energetico, molti impianti riprendono una percentuale significativa di quest’aria (normalmente superiore al 70%) e la riutilizzano, di conseguenza la reintroducono negli ambienti in un ciclo continuo.

Un potenziale rischio
Appare però evidente che, qualora negli ambienti climatizzati si trovassero dei soggetti affetti da Covid-19, si verificherebbe il rischio che l’aerosol e le goccioline infette emesse tossendo o respirando da parte di questi soggetti possano essere captati dal sistema di ricircolo ed entrare nel flusso dell’aria. Con la conseguenza, non trascurabile, che i virus potrebbero essere successivamente reintrodotti negli ambienti, anche in punti molto lontani da quelli in cui erano stati prelevati. Anche l’errato posizionamento può avere un ruolo. Pertanto, in un’ottica di contenimento dell’epidemia, il primo e indifferibile provvedimento da prendere è quello dell’esclusione del circuito di ricircolo degli impianti, come suggerito anche nelle recenti Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità “Rapporto ISS COVID-19 n.5/2020”. Peraltro, anche l’errato posizionamento delle prese d’aria esterne può avere un ruolo nella diffusione del virus. Talvolta i punti in cui alcuni impianti aspirano l’aria esterna sono pericolosamente vicini a quelli in cui altri impianti espellono in atmosfera l’aria proveniente dai locali interni agli edifici.

Pericolosi by-pass dell’aria
In una situazione del genere può verificarsi un pericoloso by-pass nei flussi d’aria, a causa del quale l’aria proveniente dai locali in cui il virus è presente può essere aspirata da un altro impianto e introdotta negli ambienti che esso va a climatizzare. In tal modo il virus potrebbe passare da un impianto all’altro e diffondersi in spazi ed edifici diversi. Per affrontare efficacemente questo tipo di rischio, secondo AIISA è necessario procedere alla verifica del corretto distanziamento dei punti di presa ed emissione dell’aria all’esterno.

Crescono le polveri sottili…
Ora, facciamo due più due: va da sé che il cattivo stato igienico degli impianti di trattamento aria provochi un incremento delle polveri sottili negli ambienti indoor e possa aggravare il problema costituito dal fatto che tali polveri sembrano essere in grado di veicolare e amplificare la diffusione del virus. Un recente studio della Società italiana di Medicina Ambientale (Sima), e delle Università di Bologna e di Bari, rileva una correlazione positiva tra le elevate concentrazioni di polveri sottili (PM10 e PM2,5) in Pianura Padana nel mese di febbraio 2020 e l’incidenza dei casi di Covid.

Il confronto con altri virus: il particolato come “vettore”
Anche se lo studio per ora non ha fornito risultati certi e verificati, le molte evidenze raccolte in passato in relazione al comportamento di altri virus, come il Coronavirus responsabile della Sars, il virus del morbillo e diversi virus influenzali, sembrano suggerire come il particolato atmosferico possa agire da “vettore”, ovvero sia in grado di trasportare molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus, i quali possono rimanere nell’aria in condizioni vitali per diverse ore. Se tutto ciò fosse confermato, un altro dato assumerebbe importanza e dovrebbe essere considerato: il fatto che l’inquinamento indoor è spesso superiore a quello esterno.

Inquinamento indoor, superiore a quello esterno
Di questa situazione possono essere anche responsabili gli impianti di trattamento aria, i quali, nonostante la presenza delle sezioni filtranti, durante il loro funzionamento, fisiologicamente, si contaminano. Nella realtà impiantistica italiana, l’accumulo di polveri e particolato nelle condotte dell’aria appare un fenomeno diffuso. In questo senso, il ruolo degli impianti dell’aria nella diffusione del Sars-Cov2 sarebbe legato all’introduzione in ambiente indoor di elevate concentrazioni di polveri sottili, che potrebbero appunto fungere da efficiente mezzo di veicolazione del virus.

Il nesso con le polveri sottili
Per contrastare questo fenomeno appare essenziale gestire correttamente l’igiene degli impianti, attraverso un’ispezione tecnica periodica, finalizzata a comprendere lo stato di sporcamento e contaminazione degli stessi.
In presenza di polveri e particolato all’interno degli apparati, sarà infatti necessario procedere con le azioni correttive di sanificazione, costituite dalla fase di pulizia e da quella successiva di disinfezione profonda di tutti gli apparati impiantistici. Per maggiori approfondimenti, il suggerimento è quello di fare riferimento al ricordato “Protocollo Operativo AIISA per l’ispezione e la sanificazione degli impianti aeraulici”.

In presenza di unità locali…
Negli impianti dotati di unità locali, come quelle denominate fan-coils o a split system, sussiste il rischio che queste ultime possano fungere da amplificatore della diffusione del virus in ambiente. Molti impianti prevedono l’impiego di unità locali (ventilconvettori o fan-coils, unità a split system), che aspirano l’aria degli ambienti in cui sono installate, la fanno transitare attraverso un filtro grossolano e a una batteria di scambio termico, rilanciandola in ambiente una volta riscaldata o raffrescata. In questo caso il rischio è costituito dal fatto che, qualora nell’aria degli ambienti fosse presente il virus per la presenza di soggetti affetti da Covid-19, esso potrebbe essere aspirato dalle unità locali, contaminarle e successivamente essere rilasciato in ambiente attraverso i flussi d’aria provenienti da queste ultime, trovando una diffusione superiore alle distanze ritenute di sicurezza.

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