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La ripresa del turismo passa anche dalla sanificazione per la salute degli ospiti

di Mauro Santinato*

Che quello del turismo sia uno dei settori più colpiti dallo tsunami Covid-19 è una realtà sotto gli occhi di tutti, con numeri drammatici che raccontano di un comparto in ginocchio. Basti pensare che il segmento della ricettività, che in Italia vale il 13% del prodotto interno lordo (ovvero più di 145 miliardi di euro/anno), ha registrato in questi mesi crolli fino al 70% e oltre. Più complicato capire come uscirne, e quando ne verremo davvero fuori. Senza dubbio non sarà cosa brevissima, visto che la crisi ha impattato nel profondo. Non c’è dubbio: il Covid-19 ha cambiato il mondo e i suoi effetti li vedremo a lungo.

2020 annus horribilis. E poi?
Il 2020 è stato di gran lunga l’anno peggiore per il turismo internazionale, con 1 miliardo di arrivi internazionali in meno (si va dal 70% dell’America ed Europa all’85% in meno dell’Asia – in pratica si torna a uno scenario anni Settanta), oltre 8 trilioni di dollari di “buco” rispetto alle previsioni pre-Covid, con perdite concentrate soprattutto tra i Paesi storicamente “leader” nel settore. La grande incertezza, il tracollo della domanda internazionale, una stagione estiva molto debole, le ingenti perdite di fatturato, le limitazioni nel viaggiare e il mercato MICE (Meetings, Incentives, Conferences and Exhibitions) azzerato hanno delineato un quadro senza precedenti, controbilanciato solo in minima parte dalle domande “last minute” e da un turismo di prossimità che comunque si è rivelato debole. Tanto che si stima che ci vorranno almeno 5 anni per tornare ai livelli del 2019.

Il tempo della ripresa
Un periodo di tempo durante il quale -ed è questo il punto- non bisogna però “sedersi” e aspettare. Anzi, innanzitutto occorre il massimo ottimismo, perché la ripresa, pur graduale, ci sarà:  non credo infatti che questa crisi sanitaria abbia intaccato i “fondamentali” del nostro comparto. La voglia di riprendere a viaggiare, muoversi, spostarsi è altissima, e in questi mesi si è visto chiaramente. Non appena è stato annunciato il vaccino, non a caso, le azioni dei principali players del mondo del travel sono esplose. Per quanto riguarda il nostro Paese, sono convinto che questa crisi abbia accentuato e accelerato certi processi già in atto e insiti nell’industria del turismo italiana, evidenziando i limiti che il nostro sistema ricettivo aveva già da tempo, soprattutto sul fronte digitale: una sfida davanti a cui bisognerà dimostrarsi all’altezza.

Dalla “resilienza” alla “pazienza”
Se il 2020 è stato l’anno della resilienza, il 2021 in corso è quello della pazienza. Dobbiamo essere ottimisti: già nel 2021 il 50% delle camere, secondo le proiezioni Str (il sistema di rilevazione delle occupazioni degli alberghi a livello internazionale), saranno piene. Senza dubbio nei prossimi 1 o 2 anni ci sarà una ripresa più veloce del turismo domestico, mentre quello internazionale sarà più lento. Ora però è importante capire come cambierà la domanda turistica nei prossimi anni.

Come cambia la domanda: i 4 “pilastri”, a partire dall’igiene
Mi concentrerei su 4 pilastri, che sono i punti intorno ai quali impostare una strategia di rilancio. Innanzitutto l’evoluzione della domanda (come cambierà, appunto). Poi la salute e l’igiene, che saranno il nuovo mantra (si parla già di “passaporto sanitario”). L’igiene, che nel turismo è sempre stata fondamentale e strategica, sarà più importante che mai, proprio in relazione all’idea di sicurezza. I protocolli di sicurezza adottati dagli alberghi avranno ancor più valore: pulizia, sanificazione, misure di prevenzione saranno parole chiave per infondere sicurezza nell’ospite.

Innovazione e digitalizzazione
Poi innovazione e digitalizzazione: in Italia non si è mai parlato del settore turistico come di un settore “innovativo”, e questo difficilissimo momento può rappresentare un’occasione per “svecchiarsi”. Poi, ultimo ma non meno importante, la sostenibilità (green is the new black). Le premesse, anche storiche, per uscirne bene ci sono tutte: da ogni crisi il comparto turistico italiano è venuto fuori sempre migliorato, forse perché “impariamo dagli errori” e dopo le crisi ci ritroviamo tutti più cordiali, aperti e sorridenti, gentili e accoglienti. Sono persuaso che dopo questa crisi in albergo ci troveremo benissimo…

Partiamo dal focus della domanda
Una cosa certa è che la domanda cambierà, anzi sta già cambiando. Cosa vorranno i nostri ospiti in futuro? Che servizi richiederanno? Cosa sarà indispensabile fare? Senza dubbio le parole chiave saranno sicurezza (conteranno sia la percezione che la realtà), salute (i governi introdurranno controlli obbligatori), igiene (non ci sarà alcun compromesso su questo), brands (vinceranno coloro che si distingueranno per la qualità), valore (un buon rapporto qualità-prezzo sarà indispensabile, e sappiamo che in Italia quando il settore godeva di buona salute non sempre la qualità dell’offerta si dimostrava all’altezza dei prezzi). Cambiano anche l’età anagrafica, la cultura e le abitudini degli ospiti, e questo non è certo secondario.

La nuova domanda
L’aumento notevole dello smart working invita a una maggiore voglia di uscire di casa e viaggiare, e a un ripensamento dell’equilibrio tra lavoro e tempo libero. Ma porta anche alla necessità di integrare in modo più smart questi due aspetti, e gli hotel dovranno essere in grado di farlo. Oggi non c’è nemmeno più una netta distinzione fra il tempo dedicato a lavorare e quello al relax: si ricevono telefonate al sabato e alla domenica, si risponde a mail alle sei del mattino o alle nove di sera, però magari nel frattempo ci si dedica molto di più al riposo, o alle proprie passioni e interessi anche in momenti “lavorativi”.

Tempi meno definiti, si fa strada la “staycation”
I tempi dunque sono meno definiti e ciò ci porterà a un modo diverso di trascorrere le nostre vacanze. Un esempio è la cosiddetta “staycation” (fusione fra stay e vacation, letteralmente vacanza in hotel nella propria città), ovvero la possibilità di “fare vacanze” anche a due passi da casa, come già accade nel caso di alcuni alberghi italiani (penso ad alcune formule del Grand Hotel di Rimini, ad esempio). Senza dimenticare altri fenomeni che si stanno facendo strada, come quello dei “nuovi consumatori”, che vogliono trovare la possibilità di vacanze “vegane” o “bio”.

Comunicare l’igiene
Sicurezza e pulizia certificate sono le nuove parole d’ordine: chi saprà farlo meglio, abbracciando un nuovo concetto di pulizia e di igiene, vincerà la sfida. In questo la comunicazione è importante: tutte le grandi catene stanno cercando modi per comunicare sempre più efficacemente le proprie azioni strategiche in questo senso. L’esempio di Hilton è illuminante: in un volantino sono indicate le zone e i punti più a rischio della camera: dal letto alla toilette, dai telefoni al telecomando, dai punti luce ai tendaggi e così via.

Hotel sempre più intelligenti
Anche la tecnologia sarà fondamentale, e del resto è un cambiamento che era già in atto da tempo: in questi mesi di lockdown e limitazioni stiamo tutti toccando con mano il valore della tecnologia (dalla dad – didattica a distanza alle call, dagli acquisti online ai meeting e fiere a distanza), e certo il settore turistico non può tirarsi indietro: mobile check-in, contactless payment, chatbots, hotel robot, realtà virtuale, voice searches, privacy & cyber security, facial recognition technology, artificial intelligence (AI), internet of things, fitness rooms sono tutti termini e formule che impareremo a conoscere sempre meglio. Ormai nelle nostre case ed esperienze quotidiane siamo abituati a molto di ciò.

In Italia occorre  darsi da fare…
Devo dire che in Italia il settore alberghiero ha ancora molto da lavorare, e se da un lato non immagino certo un futuro fatto di alberghi totalmente gestiti da robot, dall’altro credo che occorre svecchiarsi e dotarsi di funzionalità e strumenti adeguati alla domanda, perché i cambiamenti sono dietro l’angolo, anzi sono già qui. Su tutti: abbiamo senz’altro meno piacere e ci sentiamo meno sicuri nel “toccare”, e questo si risolve attraverso strumenti come il no-touch, il riconoscimento facciale, i chatbox, il controllo vocale: ad oggi non mi risultano molti alberghi italiani che abbiano implementato sistemi come Alexa o simili…

Senza dimenticare la semplicità
Tutto questo però all’insegna della semplicità, che deve caratterizzare sempre l’esperienza alberghiera: no dunque all’esagerazione tecnologica, sì a una tecnologia discreta che non ci provochi stress da iperconnessione. La disconnessione è un diritto e un piacere, quindi saranno premiati gli operatori che sapranno offrire momenti di disconnessione.

Ancora alto l’appeal italiano: occorre prepararsi e investire
Nonostante la crisi, e l’obsolescenza di una parte della sua offerta alberghiera, l’Italia continua ad essere appetita dai brand del turismo: ad oggi sono oltre 50 i progetti di nuovi alberghi di lusso nelle principali città e destinazioni turistiche italiane. Si parla di tantissimi nuovi progetti da parte di brand importantissimi, dall’albergo top alle nuove concezioni dell’ostello. Il momento è ideale per investire, muoversi, farsi trovare pronti.

Viaggiare è un’esigenza primaria!
Tutte le catene stanno lanciando nuovi brand, gli unici a non crederci sembrano purtroppo essere proprio gli italiani. Eppure viaggiare è un bisogno primario, fin da quando gli esseri umani erano cacciatori-raccoglitori e si spostavano attraverso le regioni e i continenti. I bisogni fondamentali sono sempre gli stessi, Maslow lo insegna e non bisogna dimenticarlo. Per questo non ha nessun senso sedersi e fermarsi: è proprio questo, al contrario, il momento di darsi da fare.

 

*Mauro Santinato è fondatore e Ceo di Teamwork, società di consulenza in ambito alberghiero, nata nel 1998 a Rimini e nel tempo affermatasi come punto di riferimento per i nuovi trend dell’hospitality.

 

 

 

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