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La “pulizia intelligente” avanza…

Umana, artificiale, evolutiva. Sono molti i tipi di intelligenza con cui dobbiamo abituarci a convivere, e che stanno impattando trasversalmente sulle nostre vite e sul nostro lavoro. Anche il settore delle pulizie è in grande fermento, fra robot, macchine collaborative, gestione dei dati, oggetti e strumenti in dialogo. Una grande sfida che deve trasformarsi in un’opportunità. Siamo pronti?

Intelligenza umana, intelligenza artificiale. Due funzionamenti, due tipi di “mente” con cui sempre più dovremo abituarci a convivere. Non stupisce che le più avanzate frontiere dello studio della coscienza, fino a ieri ritenuta esclusivo appannaggio delle specie animali, si spingano addirittura fino ad ipotizzare forme di “consapevolezza della macchina”.
Fra neuroscienze e menti artificiali
Lo diceva già più di trent’anni or sono il geniale premio Nobel britannico Roger Penrose, che proprio al tema ha dedicato a inizio Novanta il bestseller “La mente nuova dell’imperatore”, presto diventato un must non solo per gli addetti ai lavori. Lo riaffermano le recenti riflessioni di Anil Seth, uno dei massimi ricercatori nel campo delle neuroscienze, che trovandosi di fronte all’improvvisa accelerazione dell’Ia (un esempio fra tanti è l’esplosione dell’autoapprendimento profondo su cui si basa, fra l’altro, il meccanismo di ChatGpt), nel suo “Come il cervello crea la nostra coscienza”, uscito in Italia poche settimane fa, non esclude che le macchine attingano a una complessità connettiva tale da renderle in qualche modo presenti a sé stesse.
La “pulizia intelligente” avanza…
Una vera rivoluzione che ha e avrà un impatto sempre più trasversale sulla nostra vita e su tutte le nostre attività, a partire da quelle lavorative. Lo testimonia, nel nostro settore, l’avanzata prepotente della pulizia “intelligente” capeggiata da robot, cobot e macchine autonome in grado addirittura di affinare il proprio apprendimento. Ma c’è anche un altro tipo di intelligenza, che si sviluppa nel tempo e va di pari passo con il concetto di innovazione.
Ma c’è anche un’intelligenza “evolutiva”
Parliamo in questo caso di “intelligenza evolutiva”. Per macchine “intelligenti” si intendono infatti anche macchine innovative che non sono guidate dall’intelligenza artificiale, ma sono espressione di innovazioni tecniche migliorative rispetto ai modelli precedenti, o completamente nuove e in grado di offrire risposte a bisogni irrisolti dell’utenza.
Il settore non fa eccezione
Bisogna dire che il settore del cleaning, per quanto partito un po’ in ritardo rispetto ad altri comparti storicamente più avanzati (pensiamo ad esempio all’automotive o a certe nicchie della manifattura meccanica e della meccatronica, dove la robotica collaborativa -ma non solo- è sbarcata molto presto), ha ben presto recuperato il gap e ha vissuto, una dopo l’altra, tutte le fasi dell’evoluzione tecnologica applicata a prodotti e servizi: in principio ci furono le macchine autonome, in grado di pulire spazi sempre più complessi senza l’ausilio di operatori umani. Ma non era che l’inizio.
Dai piani di lavoro ai big data
Poi arrivò l’autoapprendimento, con mappe e percorsi sempre più sofisticati. Parallelamente si è lavorato sull’organizzazione del servizio, con software evoluti (intelligenza evolutiva, appunto) capaci di ottimizzare i piani di lavoro e l’impiego delle risorse, umane e materiali. Senza contare l’impiego sempre più massivo delle applicazioni di realtà virtuale, o gli sviluppi dell’Internet delle cose e dell’Iiot (declinazione industriale dell’Iot), gli strumenti dialoganti con l’uomo e tra loro, nonché la gestione delle informazioni e delle grandi moli di dati, tanto importanti non solo in fase di esecuzione, ma anche di rendicontazione e controllo.
Rivoluzioni qualitative in arrivo?
E se è vero, come sembrano dimostrare le nuove frontiere delle neuroscienze, che lo sviluppo della consapevolezza ha a che fare direttamente con l’attivazione sincronica di diverse aree cerebrali e collegamenti neuronali, forse siamo all’alba di un repentino scatto in avanti qualitativo, come ChatBot sembra insegnarci. Anche l’evoluzione delle macchine, infatti, segue percorsi paralleli che si stanno già intersecando e intrecciando per dare vita a sistemi sempre più complessi.
Macchine ad intelligenza multipla? Vedremo
D’altronde, che sia riduttivo fermarci a una visione monolitica e unitaria dell’intelligenza lo abbiamo capito da tempo. Per scomodare un altro guru del campo, non possiamo dimenticare lo psicologo Howard Gardner, che in “Formae mentis” (1983) e più tardi in “Cinque chiavi per il futuro” (2007), teorizzava lo sviluppo delle intelligenze multiple come chiave di volta per gli anni e i secoli a venire. Che questo valga anche per le macchine? Potremo contare in un prossimo futuro su macchine caratterizzate da caleidoscopiche “intelligenze multiple”, perché no anche nel nostro settore? Staremo a vedere, intento ascoltiamo cos’ha da dirci il mercato.

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