Affrontiamo oggi un tema che si annuncia molto importante in prospettiva futura nell’attività (anche) delle imprese di pulizia/ servizi integrati/ multiservizi, caratterizzata da una notevole presenza di lavoratrici donne e soprattutto da un’altissima incidenza della manodopera: ci riferiamo alla direttiva UE n. 970 del 2023, che entrerà in vigore in Italia il 7 giugno 2026.
La Direttiva 970/23
La direttiva in oggetto, adottata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio il 10 maggio 2023, mira a rafforzare il principio della parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro (o lavoro di pari valore, cosa come vedremo già non facile da definire), attraverso trasparenza e adeguati meccanismi di applicazione. In linea generale la direttiva stabilisce obblighi per gli Stati membri e i datori di lavoro per garantire maggiore trasparenza sui salari, ridurre le discriminazioni di genere e migliorare la tutela dei lavoratori. Ricordiamo anche che l’istituto della “Direttiva” europea, per sua stessa definizione, fornisce un “quadro generale” e gli obiettivi da raggiungere, con mezzi che sono lasciati all’autonomia di recepimento dei singoli Paesi membri.
Meno di un anno per adeguare sistemi e procedure
Fatta tale premessa, resta meno di un anno per adeguarsi. La direttiva, infatti, dovrà essere recepita in Italia entro il 7 giugno 2026: sembra tanto tempo, ma a ben guardare non è un’eternità. Anzi. Allo scopo il Parlamento, con legge-delega n. 15/24, nel febbraio dell’anno scorso ha dato mandato al Governo. Tra i principi previsti dalla legge: “Apportare alla normativa vigente le modifiche necessarie ad assicurare la corretta e integrale applicazione della direttiva (UE) 2023/970, tenendo conto anche di quanto riportato nei considerando della direttiva medesima, in coerenza con la strategia per la parità di genere 2020-2025, di cui alla comunicazione della Commissione europea COM (2020) 152 definitiva, del 5 marzo 2020, e nel rispetto dell’autonomia delle parti sociali nazionali; introdurre disposizioni volte a individuare gli strumenti o le metodologie per valutare e raffrontare il valore del lavoro, prevedendo anche un coinvolgimento delle parti sociali nella definizione di tale valore ed evitando incertezze interpretative e applicative; ai fini del rafforzamento dei meccanismi di trasparenza retributiva, estendere a una più ampia platea di destinatari gli obblighi concernenti l’accessibilità e le comunicazioni di informazioni sul divario retributivo, tenuto conto della rilevanza delle informazioni sul divario retributivo di genere, verificando altresì la possibilità di ricavare in modo automatico le informazioni richieste da dati amministrativi già esistenti, quali i flussi informativi trasmessi mensilmente dai datori di lavoro agli enti previdenziali, al fine di ridurre gli oneri amministrativi per le imprese”.
Precisi obblighi per le imprese
Alla luce di quanto riportato, in capo all’azienda spettano precisi obblighi. Ad esempio quello di comunicare la retribuzione iniziale o la relativa fascia già nell’annuncio di lavoro o prima del colloquio, senza chiedere al candidato informazioni sulla retribuzione precedente. Dal canto suo, il dipendente avrà diritto di ottenere informazioni sui criteri utilizzati per la determinazione della retribuzione, degli avanzamenti di carriera e dei livelli salariali. Potrà altresì richiedere informazioni sul proprio stipendio e su quello medio, disaggregato per sesso, dei lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Il datore dunque dovrà applicare criteri neutri sotto il profilo del genere per valutare lavori di pari valore, evitando discriminazioni indirette.
I requisiti dimensionali
Vi sono anche requisiti dimensionali da rispettare: le aziende con oltre 100 dipendenti devono riferire periodicamente (ogni anno o tre anni) dati statistici sui divari retributivi “gender”; su quelle con meno di 100 dipendenti la direttiva lascia agli Stati membri la possibilità di estendere l’obbligo. Ulteriori obblighi di rendicontazione sul gender pay gap saranno introdotti dal 7 giugno 2027 per le imprese con più di 250 dipendenti. Qualora da tali comunicazioni dovesse emergere un differenziale maggiore o uguale a 5 punti percentuali (senza che vi siano giustificazioni oggettive), l’azienda avrà il dovere di condurre una valutazione congiunta delle retribuzioni e adottare misure correttive con le rappresentanze sindacali o i lavoratori.
La preoccupazione delle imprese
In sostanza si tratta di adeguare i sistemi interni, e non sarà una passeggiata. E infatti le nuove disposizioni, pur a un anno di distanza, stanno già destando non poche preoccupazioni soprattutto tra le imprese meno strutturate. Si tratta infatti di obblighi numerosi e complessi, che rischiano di tradursi in ulteriori gravami burocratici in capo alle aziende, e che iniziano addirittura, come abbiamo visto, prima dell’instaurazione del rapporto di lavoro, così come negli avvisi di posto vacante. Inoltre, nei colloqui pre-assuntivi non sarà più possibile chiedere al candidato informazioni sulla retribuzione percepita in quel momento o precedentemente al fine di evitare che si perpetuino situazioni di discriminazione.
Come definire “mansioni equivalenti”?
Se poi ci si aggiungono i numerosi oneri in costanza di rapporto e di rendicontazione che abbiamo prima ricordato, il quadro è completo. Tutto ciò senza contare (ci accade spesso di tornare sulla difficoltà delle valutazioni comparative in tal senso) l’impossibilità concreta di definire esattamente “mansioni equivalenti”, un po’ come accade – mutatis mutandis -, con i contratti collettivi di lavoro. Equivalenti in che senso? Nell’impegno? Nelle tutele economiche e giuridiche? Nella natura del lavoro da svolgere? Nell’inquadramento contrattuale? Tutti parametri che potrebbero risultare insufficienti per individuare i lavori di pari valore, come già da tempo sottolineato da giurisprudenza consolidata.
Tanti oneri burocratici
Ora, pensiamo alle imprese di pulizie/ servizi integrati/ multiservizi, caratterizzate come è noto da un’altissima incidenza della manodopera, e alle infinite incombenze che la nuova normativa finirà per imporre su di esse, in un quadro che giorno dopo giorno si complica sempre più: riusciranno le nostre imprese a portare ancora avanti il loro lavoro e “core business” o finiranno sommerse dagli oneri burocratici? La domanda non è affatto retorica, e in sostanza ne va dell’intero sistema economico. Se da un lato, infatti, è sacrosanto preoccuparsi di valori umani e sociali preziosi su cui non si può certo tornare indietro, dall’altro la sfida è quella di farlo senza gravare in maniera eccessiva sugli operatori economici. Uno spiraglio, a ben guardare, può essere aperto da questa previsione, contenuta nel provvedimento-delega: “... la possibilità di ricavare in modo automatico le informazioni richieste da dati amministrativi già esistenti, quali i flussi informativi trasmessi mensilmente dai datori di lavoro agli enti previdenziali, al fine di ridurre gli oneri amministrativi per le imprese”. Staremo a vedere.