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Somministrazione mascherata

Torniamo a parlare di una vicenda di illecita somministrazione di manodopera, dissimulata attraverso la stipula di fittizi contratti di appalto di servizi. Un tema caldo che riguarda da vicino l’attività delle imprese di pulizia/ multiservizi/ servizi integrati e la trasparenza/emersione del settore nel suo complesso.  Ci concentriamo stavolta sul tema della validità delle fatture relative a tale tipologia di contratto fraudolento, sulla scorta del recente pronunciamento della Corte di Cassazione con sentenza 33994, Sez. 4 Penale, resa nota il 15 settembre 2022.

Tutto ha origine da un sequestro esperito nei confronti della legale rappresentante di due società indagata in quanto, stando alle accuse, alcuni contratti di appalto stipulati nascondevano una illecita somministrazione di manodopera. L’immediata conseguenza era l’irrilevanza delle fatture stipulate in base a tale contratto “spurio”. L’indagata ricorreva alla Suprema Corte, rilevando fra l’altro errata valutazione del dolo: secondo la difesa, poiché le società utilizzatrici delle fatture di appalto avevano corrisposto l’Iva al proprio fornitore, mancava il fine di evasione e comunque, vigendo il principio di neutralità per tale imposta, avevano il diritto di detrarre la somma corrisposta. Senonché, affermano i giudici, la detraibilità dell’Imposta è legata alla buona fede del contribuente.

La Cassazione, del resto, sottolinea come attraverso la forma negoziale del contratto di appalto di servizi il fornitore aveva dissimulato una illecita intermediazione di manodopera. Proprio tale circostanza permetteva alle società utilizzatrici di godere di regime fiscale agevolato, dichiarando inesistenti le operazioni svolte in regime di intermediazione mascherata. Ora -e qui sta l’aspetto interessante dell’articolata sentenza degli Ermellini- la falsità giuridica del contratto di appalto rispetto alla somministrazione illecita è stata equiparata alla soggettiva inesistenza delle operazioni.  

Link sentenza Cassazione 33994/22

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