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Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Importante principio sancito dalla Corte di Cassazione in tema di reintegro a seguito di licenziamento economico. In particolare, con la sentenza n. 35496 del 2 dicembre scorso, i giudici della Suprema Corte affermano che, in caso di recesso per giustificato motivo oggettivo, la violazione dell’obbligo di repechage equivale ad insussistenza del fatto. Una situazione che, sulla scorta degli orientamenti più recenti della Corte Costituzionale -citati in sentenza- fa scattare automaticamente, cioè senza possibilità di discrezionalità del giudice, l’obbligo di tutela reintegratoria.

Tutto prende avvio dall’impugnazione di un recesso da parte di una dipendente, confermato dai giudici I e II grado che intimavano soltanto la corresponsione di un’indennità risarcitoria sulla base della scarsa chiarezza del datore nella dimostrazione dell’impossibilità di “repechage”. Sennonché è proprio questo il punto: questo tassello mancante comporta l’insussistenza del fatto. Ciononostante, il giudice di merito convalidava il licenziamento.

La lavoratrice, tuttavia, non ci stava e portava la questione in Cassazione. Ottenendo ragione. Infatti gli Ermellini, dopo aver preliminarmente osservato che, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il fatto costitutivo è rappresentato sia dalle ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, sia dall’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore (il cosiddetto “repechage”), hanno ribadito che la mancanza anche di uno soltanto dei predetti elementi integra la fattispecie dell’insussistenza del fatto posto alla base del recesso.

Come anticipato, i giudici si rifanno alle recenti pronunce della Corte Costituzionale – in particolare nn. 59/2021 e 125/2022-, secondo cui non vi è discrezionalità del giudice in quanto in casi siffatti l’unica tutela possibile è quella reintegratoria. La Corte dunque, contrariamente ai pronunciamenti di merito, accoglieva il ricorso e disponeva la reintegrazione della lavoratrice in conseguenza della violazione dell’obbligo di ricollocazione.

Link sent. 35496/22 Cassazione

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