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Le imprese in crisi

Partecipazione alle gare d’appalto, via libera anche alle imprese in difficoltà, ma solo per effetto di emergenza. A stabilirlo è l’articolato Parere del Consiglio di Stato rubricato con il n. 804 ed emesso il 4 maggio scorso.

I giudici di Palazzo Spada – Prima sezione, si sono riuniti in sede consultiva per rispondere a un quesito posto da Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione: in particolare in merito alla derogabilità del requisito del patrimonio netto di valore positivo previsto dall’art. 79, comma 2, lett. c), del d.P.R. n. 207/2010, in presenza di disposizioni legislative di favore che consentano, alle imprese che versano in particolari condizioni, la temporanea disapplicazione delle norme codicistiche in tema di ricapitalizzazione nonché di efficacia delle cause di scioglimento. Più semplicemente l’Anticorruzione chiedeva se fosse possibile per le imprese con patrimonio negativo partecipare alle gare d’appalto.

A tal proposito il Consiglio di Stato ritiene che, in virtù di una lettura sistematica del delineato quadro normativo, sia consentito il rilascio delle attestazioni di qualificazione alle imprese che, in conseguenza degli eventi sismici del 2016 e della recente emergenza epidemiologica da Covid-19, presentino un patrimonio netto di valore negativo.

In primo luogo, va osservato che la disciplina emergenziale del 2016 e del 2020 ha lo scopo di consentire alle imprese che si trovano in difficoltà (non per motivi di tipo “strutturale” ma) per ragioni eccezionali e imprevedibili, quali il sisma o la pandemia da Covid 19, di proseguire l’attività, derogando agli obblighi ordinariamente previsti dal codice civile. In questo quadro, dunque, tra le due possibili soluzioni ermeneutiche deve scegliersi quella più coerente con la ratio legis e, dunque, quella che favorisce maggiormente la prosecuzione dell’attività dell’impresa.

In secondo luogo, va osservato che, in forza della disciplina derogatoria introdotta dagli articoli 46 del d.l. n. 189 del 2016 e 6 del d.l. n. 23 del 2020, ove la diminuzione del capitale nominale al di sotto della soglia del minimo legale sia imputabile alle perdite verificatesi nel corso degli esercizi finanziari espressamente considerati dalle norme citate, lo scioglimento automatico della società è in ogni caso precluso, senza che sia a tal fine necessario approvare in sede assembleare la reintegrazione del valore dei conferimenti o la trasformazione dello schema societario.

Se dunque il legislatore dell’emergenza -conclude il CdS- ha previsto la “sopravvivenza” della società senza imporre tutte quelle attività che ordinariamente sono stabilite dal codice civile, in via di principio non v’è ragione di escludere che queste società, oltre a sopravvivere, possano partecipare alle procedure di evidenza pubblica. Molto positiva la reazione di Anac, il cui presidente Giuseppe Busia ha parlato di parere importante a sostegno e tutela delle imprese messe in crisi a seguito di situazioni emergenziali.

Attenzione, però: non si tratta di una deroga indiscriminata, e non si può estendere ai soggetti che versino in condizioni di difficoltà strutturali. Nel parere si sottolinea infatti che “la deroga in questione non deve essere concessa in modo indiscriminato a tutti gli operatori economici, cioè quelli che già prima del sisma 2016 o della pandemia da Covid 19 avevano perso, per svariate ragioni, tale requisito, ma solo alle imprese i cui dati di bilancio sono cambiati in esito agli eventi cui si riferisce la normativa emergenziale”.

Link Parere CdS 804 del 4 maggio 2022

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