Nella vita delle imprese di pulizia/ multiservizi/ servizi integrati, lo sappiamo bene, possono capitarne di tutti i colori: perfino che un dipendente, arrestato, non si presenti al lavoro perché soggetto a custodia cautelare in carcere, comunicando l’assenza per interposta persona, in modo incompleto e dunque inefficace.
La questione affrontata
Che fare in questo caso? E’ il fatto affrontato dal Tribunale di Latina, che si è espresso con la recente sentenza n. 1105 del 06 ottobre scorso. La società datrice (di smaltimento rifiuti) ha optato per il licenziamento per assenza prolungata oltre i 15 giorni, subito impugnato dal lavoratore che adduceva di aver avvertito parte datoriale, mediante un collega, circa la causa della sua assenza. Il giudice del lavoro ha però dato ragione all’impresa, confermando la validità del recesso: una comunicazione dell’assenza priva dei requisiti minimi perché resa verbalmente per interposta persona e in modo assolutamente incompleto, risulta non idonea a giustificare un’assenza protrattasi per lungo tempo senza alcuna notizia ufficiale.
L’impresa deve potersi riorganizzare
In via preliminare si rileva che l’impossibilità per il dipendente di presentarsi al lavoro, perché astretto in custodia cautelare, costituisce senz’altro un motivo astrattamente idoneo a giustificare l’assenza improvvisa. Purtuttavia, secondo il Tribunale, il lavoratore ha l’onere di comunicare tempestivamente, efficacemente ed esaustivamente detta circostanza, per mettere l’impresa nelle condizioni di riorganizzare il servizio e assumere i necessari provvedimenti organizzativi. Non rileva che la società possa apprendere informalmente che il dipendente era stato arrestato, perché detta informazione sarebbe in ogni caso incompleta e non idonea a consentire all’azienda di assumere i provvedimenti necessari alla sua sostituzione: in buona sostanza, non si può operare una sostituzione sulla base di una comunicazione priva dei requisiti di ufficialità.
Il principio-chiave
Il principio sancito dal giudice è, in pratica, quello secondo cui il dipendente deve sempre informare tempestivamente il datore di lavoro della propria assenza in modo valido ed efficace, ad esempio via mail e personalmente, anche se la medesima è senz’altro riconducibile a causa di forza maggiore, come nel caso di una detenzione carceraria. “Infatti – si legge fra l’altro nel testo della sentenza – se è vero che non sussiste una modalità tipica, formalmente imposta, di comunicazione, è altrettanto vero che, nella sostanza, l’assenza deve comunque essere effettivamente e tempestivamente comunicata. Il lavoratore che abbia necessità di assentarsi per un periodo più o meno lungo è insomma tenuto a comunicare al datore i motivi dell’assenza e può farlo con qualsiasi modalità, purché tempestiva ed efficace”. La mancata puntuale comunicazione delle ragioni dell’assenza rende questa ingiustificata e – se prolungata – idonea a legittimare il recesso da parte dell’impresa datrice.
Ricorso respinto, recesso validato
C’è di più: a nulla vale aver fatto avvertire l’impresa da un collega. Conclude il giudice: “Il totale disinteresse rispetto alle esigenze organizzative della compagine datoriale, protratto per oltre un mese dall’arresto, integra senz’altro una grave compromissione del vincolo fiduciario su cui deve basarsi la collaborazione del prestatore di lavoro, giustificando la massima sanzione disciplinare … e conducendo, in conclusione, alla reiezione del ricorso”.


 
                                    

