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Congedo parentale

È molto chiara la Corte di Cassazione nella recentissima ordinanza n. 24922, pubblicata lo scorso 9 settembre: legittimo il licenziamento del lavoratore che, durante il periodo di congedo parentale, si dedica ad attività lavorativa estranea all’accudimento diretto del figlio. Tale condotta, infatti, costituisce sviamento della finalità del congedo parentale e un abuso del diritto, lesivo della buona fede nei confronti del datore di lavoro e dell’ente previdenziale erogatore dell’indennità. Il pronunciamento arriva al termine di un contenzioso giuslavoristico durato ben 5 anni.

Il fatto

Il caso è molto interessante perché, purtroppo, frequente fra il personale delle imprese di pulizie/ multiservizi /servizi integrati: in pieno agosto un lavoratore, mentre fruiva del congedo parentale assicurato per il figlioletto di 3 anni, si dedicava invece ad altra attività (nella fattispecie, lavorava nello stabilimento balneare della moglie), senza apportare alcun miglioramento all’organizzazione del nucleo familiare ma, anzi, rendendo necessario il ricorso ad un aiuto esterno – come baby sitter o nonni – per surrogare la presenza e il contatto diretto padre-figlio che l’istituto del congedo parentale è finalizzato a preservare.

Violato il vincolo fiduciario

Scattava dunque il recesso per abuso di congedi parentali e conseguente lesione del rapporto di lealtà e fiducia datore-dipendente, contro cui il lavoratore resisteva. Si giungeva in ultimo alla Corte di Cassazione, la quale convalidava il recesso respingendo tutte le motivazioni addotte dal dipendente: “Appare conforme alla giurisprudenza di questa Corte in tema di condotte abusive di lavoratori che fruiscano di sospensioni autorizzate del rapporto per l’assistenza o la cura di soggetti protetti”, si legge fra l’altro in ordinanza. La Suprema Corte ha dunque ribadito che il congedo parentale, disciplinato dal dlgs 151/01 (Testo Unico del sostegno a maternità e paternità), deve essere utilizzato esclusivamente per la cura del figlio. Se invece viene impiegato per scopi diversi, ciò costituisce abuso del diritto e può giustificare il licenziamento del lavoratore per violazione del vincolo fiduciario.

Il parallelo con la legge 104

La Corte ha poi stabilito un interessante parallelo con la disciplina a tutela della disabilità ex l. 104/92, in relazione alla quale, per pacifica giurisprudenza di legittimità, può costituire giusta causa di licenziamento l’utilizzo, da parte del lavoratore, dei permessi in attività diverse dall’assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso.

Il principio-cardine

Il principio generale è che “l’assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l’esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto; tanto meno la norma consente di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui la norma è preordinata: il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela; ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile (o accudimento della prole) difetti, non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e dunque si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto”.

Link Ordinanza Cassaz. 24922/25
Link dlgs 151/01 “congedo parentale”

 

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