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Appalti: vince l’escluso

Semaforo verde, ci mancherebbe, alla tutela giurisdizionale. Ma ci sono perimetri e paletti da rispettare, che possono ben essere stabiliti dalle normative nazionali. Come nei casi in cui l’offerente che contesta l’aggiudicazione di un appalto non abbia i requisiti richiesti e sia stata già decisa in via definitiva la sua esclusione.

Questo, in estrema sintesi, il senso generale della sentenza della Corte Europea “C-53/22” del 9 febbraio 2023, sull’esclusione da una gara di un’impresa priva dei requisiti. La questione è se un concorrente privo dei requisiti già escluso da una gara con sentenza passata in giudicato abbia o meno il diritto di ricorrere per via giudiziale contro l’aggiudicazione medesima a seguito di illeciti degli altri concorrenti scoperti dopo la sua esclusione.

Il fatto è questo: un concorrente definitivamente escluso da una gara, a seguito di gravi illeciti commessi dall’aggiudicatario e dagli altri concorrenti (che sostanzialmente avevano “fatto cartello” per aggirare la competizione) accertati soltanto dopo la sua esclusione, aveva deciso di ricorrere contro l’aggiudicazione stessa. Ora: è legittimato a farlo o la sua esclusione gli preclude anche la facoltà di tutela giurisdizionale?

Secondo la legge italiana non può farlo, ma a questo punto ci si chiede se la nostra normativa nazionale non confligga in questo senso con quella comunitaria. Proprio la complessità di quest’ultima questione ha spinto il Tar Lombardia a rivolgersi alla Corte Ue in merito a due questioni pregiudiziali: 

1) Se l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 osta a che a un concorrente definitivamente escluso da una procedura di scelta del contraente, sia negata la possibilità di ricorrere avverso il diniego di annullamento dell’aggiudicazione, quando intenda dimostrare che l’aggiudicatario, e tutti gli altri concorrenti utilmente graduati, avevano commesso un grave illecito professionale, consistente nell’aver stipulato accordi anticompetitivi, accertati in sede giurisdizionale solo successivamente alla sua esclusione, e ciò al fine di conseguire la possibilità di partecipare alla riedizione della procedura;

2) se l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 e i principi di diritto UE in tema di tutela della concorrenza ostino a che sia precluso al giudice amministrativo lo scrutinio del ricorso presentato da un concorrente definitivamente escluso da una procedura di scelta del contraente, avverso il diniego di autotutela della stazione appaltante, rispetto agli atti di ammissione e di aggiudicazione in favore di concorrenti che abbiano stipulato accordi anticompetitivi, accertati in sede giurisdizionale, nello stesso settore oggetto della procedura.

Ebbene la Corte di giustizia europea ha dichiarato che l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE, deve essere interpretato nel senso che “esso non osta alla normativa di uno Stato membro che non consente a un operatore, al quale sia impedito di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per il motivo che egli non soddisfa una delle condizioni di partecipazione previste dal bando di gara di cui trattasi, e il cui ricorso contro l’inclusione di tale condizione in detto bando di gara sia stato respinto con una decisione passata in giudicato, di contestare il rifiuto dell’amministrazione aggiudicatrice interessata di annullare la decisione di aggiudicazione di tale appalto pubblico a seguito della conferma, con decisione giurisdizionale, che tanto l’aggiudicatario quanto tutti gli altri offerenti avevano partecipato a un accordo costitutivo di una violazione delle regole di concorrenza nello stesso settore interessato dalla procedura di aggiudicazione di detto appalto pubblico”.

Link Corte UE

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