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Appalti pubblici, Codice ancora sotto tiro

Ancora un pronunciamento europeo che “smonta” principi-cardine del Codice dei contratti pubblici (dlgs 50/16): stavolta parliamo della sentenza sulla causa C-642/2020 del 28 aprile 2022, con cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sottolineato la non conformità al diritto eurounitario dell’art. 83, comma 8, terzo periodo, del D.lgs. 50/2016 nella parte in cui dispone che “la mandataria in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria”.

La questione

Si dà seguito così alla questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana -ordinanza n. 1106 del 24 novembre 2020- nell’ambito di un ricorso relativo ad una gara sulla gestione dei rifiuti in una trentina di comuni dell’isola. Nel caso di specie la mandataria dell’Ati non soddisfaceva da sola le condizioni previste dal bando: è stato proprio questo che ha spinto il CGA a richiedere ai giudici  lussemburghesi di pronunciarsi in merito alla conformità dell’art. 83 comma 8 del dlgs 50/16 con l’art. 63 della direttiva 2014/24, relativo all’istituto dell’avvalimento. Un articolo che secondo la Corte deve essere interpretato nel senso che “osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria”.

Legge nazionale illecitamente più restrittiva

Ebbene, per la Corte l’art. 83, comma 8, terzo periodo, del d.lgs. 50/2016 “impone, in modo orizzontale, per tutti gli appalti pubblici in Italia, che il mandatario del raggruppamento di operatori economici esegua la maggior parte delle prestazioni, eccedendo i termini mirati impiegati all’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 e pregiudicando così la finalità, perseguita dalla normativa dell’Unione in materia, di aprire gli appalti pubblici alla concorrenza più ampia possibile e di facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese”. Ne consegue che il periodo summenzionato non possa più trovare applicazione; egualmente dovrà anche essere aggiornato anche il bando-tipo ANAC n.1.

Prosegue l’iter di riscrittura del Codice

A proposito di aggiornamenti e revisioni normative, prosegue intanto in Senato l’iter di riforma del Codice dei contratti (il 24 giugno è uscita in GU la Legge delega n. 78/22) che ha l’obiettivo, fra l’altro, di favorire la più ampia partecipazione anche delle Mpmi e di allineare ulteriormente la normativa italiana ai dettami e alla ratio del legislatore europeo.

Link sentenza

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