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Da oggi la plastica si “calamita”

(Tratto da “GSA” N 12,Dicembre 2010)
Il principio-base è quello del “campo di energia”, che permette di attrarre o respingere un pezzo di plastica (ma anche di carta) in modo differente a seconda della natura del polimero. Tra i settori di più promettente applicazione quello alimentare.

Un problema sempre più sentito
Il problema della separazione dei rifiuti in ambito industriale è, a buona ragione, sempre più avvertito dalle industrie stesse, che sono tenute ormai, per legge, per trasparenza e per etica aziendale, a curare il ciclo produttivo “from cradle to cradle” (dalla culla alla culla, per usare un’espressione mutuata dal mondo anglosassone), vale a dire in tutte le fasi della produzione, dalla materia prima alla gestione degli scarti.
Ora, gran parte della questione si potrebbe risolvere agendo sul rifiuto plastico, che rappresenta, in certi settori aziendali, la maggioranza dello scarto di produzione: senza scomodare le industrie plastiche, per ovvie ragioni, anche nel settore alimentare (in senso lato) la separazione della plastica costituisce un problema. Pensiamo ad esempio ai materiali per la realizzazione del cosiddetto “pack”, o packaging, o a quello –sempre di natura polimerica- utilizzato per la realizzazione di contenitori per liquidi. E l’elenco potrebbe continuare per molto tempo: di fatto tra gli scarti industriali molti, moltissimi sono quelli in materiale plastico. Per capire meglio il “peso” che gli imballaggi in materiale polimerico hanno sul ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti nel nostro paese, basta un dato: nel 2009, in Italia, sono state ben 600.000 le tonnellate di rifiuti plastici prodotte: due volte il peso dell’Empire State Building! E molte di queste “tons” provenivano dal settore industriale.

Molti i tipi di polimero
D’altra parte si fa presto a dire plastica: di tipi di plastica ce ne sono un’infinità, e non tutti hanno percorsi di smaltimento omologabili. In poche parole, è decisamente preferibile separare la plastica anche per tipologie di materiale polimerico: l’esempio più classico è quello della semplice bottiglia dell’acqua o delle bibite: mentre il corpo della bottiglia è realizzato in Pet (comunemente chiamato, per l’appunto, il polimero delle bottiglie, più tecnicamente polietirenteleftalato), i tappi sono in Pe (polietilene). Ebbene, non è una novità il fatto che i due materiali, che sono composti da sostanze differenti e contengono additivi diversi, debbano seguire un ciclo di trattamento diverso, separato. Il problema è proprio come farlo, in modo sicuro, rapido ed efficace. Questo problema, emerso in Italia già all’indomani dell’introduzione, col decreto Ronchi (1997), della raccolta differenziata e quindi del ciclo di smaltimento diversificato per tipologie di rifiuto, ha portato le aziende preposte allo smaltimento dei rifiuti a dotarsi anche di appositi sistemi di divisione delle materie plastiche. E proprio in questo settore, oggi, stiamo assistendo all’introduzione sul mercato di un’importante novità: una vera e propria “calamita per le materie plastiche”. Cerchiamo di capirci qualcosa in più con l’aiuto di Stefano Cassani, imolese doc, fondatore dell’azienda Plasticsort, entrata da poco a far parte dell’incubatore Innovami (www.innovami.it) e vincitore assoluto del concorso “Il talento delle idee”,organizzato da Confindustria e Unicredit,lo scorso giugno a Santa Margherita Ligure. Già titolare di uno studio tecnico di progettazione, Multiprojecta, che vanta tra i propri clienti nomi del calibro di Lamborghini, Ima, System e Sacmi, Cassani entra oggi nel business del ciclo di smaltimento dei rifiuti con un’idea in grado di far balzare sulla sedia tutte quelle aziende che hanno a che fare, quotidianamente, con il problema della separazione dei diversi materiali plastici ai fini del loro riciclo e riutilizzo.

Cosa c’era in precedenza?
Torniamo quindi al ciclo di recupero della plastica. Fino ad oggi due erano le alternative impiegate, come sanno bene tutti gli addetti ai lavori che masticano qualche nozione di smaltimento dei rifiuti. Alle più primitive tecniche manuali, basate sull’osservazione autottica e sulla divisione delle plastiche da parte di personale preposto all’operazione (un metodo lento in cui troppo viene lasciato alla buona cura degli addetti), si sono andati via via sostituendo i dispositivi a “bagno chimico”, basati sul principio del diverso peso specifico dei materiali (utili soltanto, però, per alcuni tipi di plastica), e le macchine basate invece sul principio dell’illuminazione a infrarossi, con il materiale separato tramite soffi d’aria in funzione della loro diversa reazione in termini di assorbimento della luce. Inevitabilmente, però, trovandosi di fronte a materiali sovrapposti, questi non possono essere riconosciuti e separati, con il risultato che la percentuale di errore di questi sistemi è ancora molto elevata. Si pecca in questo caso, quindi, sul piano dell’efficienza ed efficacia del sistema.

La via dell’innovazione Plasticsort
Per ovviare a questo inconveniente Cassani ha scelto di puntare sull’innovazione tecnologica, perché la semplice guerra dei prezzi non si può certo vincere, in un mercato globalizzato. Insiste Cassani: “Per nostra fortuna possiamo contare su un territorio dove il know how è molto forte e radicato”. In questa prospettiva, l’innovazione di prodotto e di processo viene ad essere molto di più della classica “invenzione”. “Molto spesso – sottolinea – l’innovazione vincente è quella che trasferisce un’applicazione o una tecnologia da un settore ad un altro. Da questo punto di vista lavorare per aziende diverse in comparti diversi ci ha dato un grande vantaggio competitivo”. Fino ad arrivare a settori, quale quello della separazione delle materie plastiche, ancora in gran parte “orfani” di tecnologie all’altezza.

Qual è l’idea?
Ora, che cosa propone Cassani? L’idea, apparentemente semplice, è quella di creare una sorta di calamita per la plastica, sulla base del principio fisico della reazione ai campi energetici diversa tra un materiale e l’altro. Il sistema, in tal modo, permette di riconoscere i materiali mentre li si separa, con percentuali di errore ridotte al minimo per tutti i principali materiali plastici oggi in commercio: polietilene, PVC, polipropilene, nylon e infine il PET, un materiale essenziale, come abbiamo detto, per l’industria del beverage.

Come nasce l’impianto?
Testato con successo il primo prototipo e realizzato il secondo, Plasticsort ambisce ad arrivare sul mercato non oltre la primavera con un impianto completo in grado di gestire volumi produttivi importanti. Dove nascono i pezzi dell’impianto?
“Li abbiamo commissionati ad officine diverse del territorio, che lavorano con noi da tempo. Non rivolgersi ad un produttore unico ci ha permesso di tutelare meglio l’idea, ed è anche una soddisfazione personale perché in questa fase di crisi economica ho avuto la possibilità di far lavorare diverse imprese valide che si erano trovate in gravi difficoltà.” Sì, perché se il target potenziale dell’impianto Plasticsort sono le aziende di tutto il mondo che si occupano della separazione dei rifiuti, resta essenziale il rapporto con il territorio imolese: “E’uno degli aspetti su cui puntiamo di più – spiega Cassani – oltre a quello di arrivare sul mercato il prima possibile, visto che in tema di prototipi la variabile temporale viene sempre prima dei costi”.

Gli obiettivi
L’obiettivo finale? Quello di realizzare l’impianto internamente, almeno per quanto riguarda i componenti chiave. Due attualmente i brevetti che coprono l’innovazione Plasticsort, che in prospettiva diventeranno tre: “Stiamo incrociando una seconda tecnologia per migliorare ulteriormente i risultati della separazione”, rivela Cassani. Oltre al recupero del Pet, un altro settore molto promettente per Plasticsort è quello dei Raee, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. “Anche qui assistiamo a una separazione che avviene ancora in larghissima parte manualmente – osserva Cassani – basti pensare al polistirolo nobile presente nei frigoriferi che, se recuperato a costi accettabili, potrebbe essere utilizzato con successo per produrre nuovi manufatti”. Insomma, arrivare primi, in settori ancora “scoperti”. E farlo puntando sulle persone, valorizzandole e responsabilizzandole: “Ho sempre creduto fortemente nelle persone – conclude Cassani – perché l’uomo non è una macchina. Se lavora motivato, produce meglio e più di quanto tu ti aspetti”. Grande l’attenzione sui brevetti e sulla tutela delle idee: “Ma non temo di essere copiato. Quello che mi preme è avere sempre la possibilità di rilanciare, proporre qualcosa di nuovo, poter offrire prodotti migliori, senza tralasciare servizi essenziali come l’assistenza post-vendita”.

In conclusione…
Da oggi, quindi, separare le diverse materie plastiche sarà un gioco da ragazzi. Come il ferro dall’alluminio, divisi in modo efficiente grazie a una “semplice” calamita. E’ sempre Cassani a spiegare come si è arrivati a un’idea tanto innovativa: “Dopo una fase di studio dell’esistente –dice- a gennaio abbiamo realizzato il primo prototipo che ci ha permesso di verificare la validità della nostra tecnologia e ci ha spinto a proteggerla mediante brevetto. In marzo abbiamo prodotto un secondo prototipo, e in giugno la finale del concorso “Il talento delle idee”, a Santa Margherita Ligure, organizzato da Confindustria e Unicredit.
Quali i settori di più promettente applicazione? Il beverage, anzitutto, con particolare riguardo al riciclo e al riutilizzo del PET. Quindi l’ultima frontiera, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche – i cosiddetti Raee – un settore dall’importanza crescente nel quale la possibilità di recuperare i diversi materiali in modo efficiente aprirebbe enormi opportunità di business per tutta la filiera, senza contare i potenziali benefici per l’ambiente. Già prima della vittoria a Santa Margherita, d’altra parte, gli stakeholders (cioè tutti gli attori della filiera) si erano dimostrati attenti al portato innovativo della “calamita” di Cassani, che era già salito sul palco del Convegno nazionale dell’innovazione svoltosi a Milano. Il vantaggio competitivo di Plasticsort? Essere entrata in un settore in cui fino ad oggi i sistemi sviluppati mostravano evidenti problemi di efficienza e di sostenibilità economica, con innovazioni e soluzioni concrete e brevettate.

Simone Finotti

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