Ancora un infortunio sul lavoro, ancora una rilevante sentenza della Suprema Corte che punta il dito sulla figura del preposto e sulle sue responsabilità.
Pulizie in quota, attenzione!
Il caso affrontato dalla Cassazione Penale, con sentenza n. 32520 del 1 ottobre 2025, riguarda la caduta di un lavoratore da una scala a pioli durante delle operazioni di pulizia e deragnatura in quota. A finire sul banco degli imputati è stato il capocantiere, in qualità di preposto per la sicurezza come definito daL’art. 2, comma 1, lett. e) del dlgs 81/08: la “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”.
La posizione “di garanzia” del preposto
Nonostante ricoprisse indubitabilmente una posizione “di garanzia”, il capocantiere secondo i giudici “ometteva di vigilare sul corretto utilizzo da parte del lavoratore della scala a pioli doppia ovvero consentiva il suo utilizzo senza che vi fosse altro lavoratore a trattenerla ai piedi, cosicché il lavoratore, al fine di procedere alle operazioni di pulizia delle finestre dell’edificio, con la rimozione delle ragnatele, posizionandosi a cavalcioni sulla predetta scala, perdeva improvvisamente l’equilibrio e precipitava a terra procurandosi lesioni gravi”. In sostanza mancava di sovrintendere e vigilare sull’osservanza, da parte del lavoratore infortunato, delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza, in violazione dell’art. 19, comma 1, lett. a) del decreto 81.
La decisione della Cassazione
Condannato dai giudici di merito, il capocantiere ricorreva per Cassazione deducendo che il lavoratore infortunato aveva agito su iniziativa autonoma. Tuttavia i giudici di Piazza Cavour hanno confermato la decisione di Appello, in quanto maturata dopo aver “osservato come tutti gli elementi probatori raccolti abbiano pienamente confortato le dichiarazioni del lavoratore circa l’incarico ricevuto dall’imputato di effettuare quel lavoro di pulizia e come la prospettazione difensiva per cui il lavoratore avrebbe assunto un’iniziativa autonoma in tal senso sia risultata in contrasto con tutto quanto provato in dibattimento”.
Obbligo di vigilare sul servizio
Indipendentemente però da chi abbia dato al dipendente l’incarico di eseguire la pulizia, tale attività è stata svolta in immediata prossimità del preposto, il quale nulla ha fatto per impedire il verificarsi dell’incidente (il cantiere era costituito da soli due addetti oltre al responsabile). Nemmeno può dirsi, conclude la Suprema Corte, che il comportamento del lavoratore sia stato imprevedibile e abnorme, in quanto non appare tale da “attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia”, visto che la condotta appariva coerente con le lavorazioni in corso.
Massima attenzione dunque!
Resta il dubbio – ci sia consentito – se “mettersi a cavalcioni” su una scala a pioli per sporgersi a pulire vetri e ragnatele non costituisca di per sé una condotta pericolosa di cui il lavoratore stesso, si suppone adulto e maturo, non potesse rendersi conto senza bisogno di qualcuno che glielo ricordasse… La morale, comunque, è sempre quella: massima attenzione alla vigilanza sul servizio, da parte del datore e, in sua assenza, dei cosiddetti preposti “di fatto”, come i capicantiere.


 
                                    

