Per la serie “continuiamo ad alimentare il contenzioso”, ecco a voi la recente sentenza n. 813 del 5 giugno scorso del Tar per la Toscana!
Il principio sancito
Il principio ivi sancito è chiarissimo: è illegittimo il bando in cui, per assenza di una adeguata istruttoria da parte della stazione appaltante, non venga individuato il Contratto Nazionale di lavoro applicabile in base alla maggiore rappresentatività delle associazioni sindacali di categoria secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza e dalla prassi amministrativa.
Ancora sul Ccnl da applicare…
Si torna quindi sempre “a bomba”, vale a dire a uno dei temi più caldi da diversi anni a questa parte in materia di appalti: la scelta del contratto da applicare, in caso di commessa che coinvolga diverse categorie contrattuali, alla luce del (mai davvero precisato con la dovuta chiarezza) principio della maggiore rappresentatività delle associazioni e OO.SS. di comparto. Annullati dunque gli atti di gara per un appalto, specificamente per sorveglianza antincendio e gestione delle emergenze in ambito sanitario (ma il caso è ben applicabile anche al settore delle imprese di pulizia/ multiservizi/ servizi integrati, spesso “a cavallo” fra più categorie pattizie), a causa della mancata indicazione del contratto collettivo.
Ricorso accolto, tutto da rifare
Nello specifico, il Tribunale Amministrativo ha accolto il ricorso di un’associazione di categoria (soggetto collettivo portatore di interessi associativi, dunque legittimato ad agire), secondo cui la condotta dell’amministrazione avrebbe inciso impropriamente sulla libertà sindacale e compromesso la posizione delle imprese associate. Tutto da rifare, dunque.
Le argomentazioni del Tar
Più nel dettaglio, il Tar ha ribadito che l’art. 11 del dlgs n. 36/2023 impone alle stazioni appaltanti di selezionare il contratto collettivo applicabile tenendo conto di due criteri oggettivi: l’inerenza all’attività oggetto dell’appalto e la maggiore rappresentatività comparativa delle parti stipulanti a livello nazionale. Fra l’altro il pronunciamento si inserisce in un quadro normativo modificato profondamente dal dlgs 209/24, che ha precisato il contenuto dell’art. 11 del Codice dei contratti introducendo il nuovo Allegato I.01.
L’allegato introdotto dal 209/24
Quest’ultimo, oltre al resto, ha definito l’obbligo per le stazioni appaltanti di indicare nei documenti iniziali di gara il Contratto applicabile, in conformità al criterio della rappresentatività comparativa e dell’inerenza all’attività oggetto dell’appalto. Per i giudici, dunque, tale mancata indicazione ha portata demolitoria: in presenza di una pluralità di strumenti contrattuali tutti potenzialmente applicabili, la stazione appaltante non può omettere il confronto né presumere la superiorità di uno sull’altro, ma deve procedere alla verifica documentata basata su criteri coerenti con le disposizioni legislative e la prassi consolidata.
E’ indispensabile fare vera chiarezza
Ma proprio qui viene il punto. D’accordo la mancata preventiva istruttoria, d’accordo l’assenza di motivazione o parametri oggettivi a supporto: ma in uno scenario sempre più complicato e intricato come l’attuale è innegabile che sia facile “smarrire la strada”. La legge non ammette ignoranza, si sa. Ma nel Paese della “civil law” per eccellenza, cosa significa “prassi consolidata”? Qual è la prassi consolidata? E in quali casi vale ed è efficace a mo’ di legge? Non è che l’evoluzione della società, del mercato e del mondo produttivo, stiano rapidamente superando gli schematismi a volte troppo rigidi di certe categorie contrattuali ormai fossilizzate e forse un po’ inattuali? Lo diciamo da tempo, e questa è l’ennesima riprova: per garantire una concorrenza davvero leale e trasparente occorre fare vera chiarezza.