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Osservatorio contratto: il contratto alla stretta finale?

(tratto da “GSA n°3 marzo 2011)
Il rinnovo del CCNL Multiservizi sembra ormai imminente, e la scelta delle parti è stata quella di fare fronte comune, mantenersi compatti e “congelare”, per ora, i problemi più caldi. Obiettivo: dotare il settore di una piattaforma di riferimento in tempi brevi, dato il momento non facile. Un’importante novità tuttavia c’è, e riguarda l’ampliamento dei margini per la contrattazione integrativa.

Un contratto da chiudere…
A quasi nove mesi dalla riapertura del tavolo delle trattative, è di nuovo il momento di parlare di CCNL di categoria, per vedere come stanno le cose e cercare, se possibile, di azzardare previsioni sul prossimo futuro. Non è nemmeno da escludere, va detto, che proprio mentre starete leggendo queste righe le parti abbiano già raggiunto un accordo. Sembra infatti che l’orientamento comune, questa volta, sia quello di dotare il settore di un nuovo CCNL in tempi brevi, rimandando a contrattazioni successive l’eventuale soluzione delle questioni più calde: e i nuovi incontri, fissati rispettivamente per l’11 marzo e per il 23 marzo, potrebbero già essere risolutivi. Cerchiamo di capire come e perché si è arrivati a una soluzione di “transizione”, e di individuare meglio i motivi di questa scelta.

… per molte ragioni
Chi ha buona memoria ricorderà che l’ultimo contratto, forse uno dei più sofferti della storia del settore, era stato chiuso dopo estenuanti trattative nel dicembre del 2007 (era il 19, proprio a ridosso delle festività natalizie), in una situazione tanto bloccata da richiedere addirittura l’intervento diretto, mediante una nota comune, dei segretari generali dei sindacati confederali. Nel frattempo di cose ne sono accadute tante. Se ci limitiamo alle disposizioni sui contratti, abbiamo assistito a un cambio di normativa molto importante: al precedente modello 4/2 (ossia 4 anni per la parte normativa e 2 per quella economica) è stato superato dall’accordo quadro di riforma degli assetti contrattuali (22 gennaio 2009), che prevede durata triennale per entrambe le parti del contratto e che non è stato firmato da Cgil. Questa divisione di fatto del fronte sindacale ha messo le parti in una certa apprensione, ed ha aumentato il rischio di una separazione ulteriore dei soggetti al tavolo delle trattative (circostanza che poi non si è verificata). Non solo: la crisi scoppiata nel 2008 non ha tardato a farsi sentire anche nel nostro settore, trascinando le aziende in una situazione problematica, con riflessi negativi sul piano occupazionale. Insomma, l’idea sembra proprio quella, in un momento difficile come quello che stiamo attraversando ormai da diverso tempo, di dare al settore la stabilità di cui ha urgente necessità, cercando di non frammentare i tavoli delle trattative e di assicurare un Contratto di riferimento a livello nazionale. Le parti firmatarie sono dunque le “storiche otto”: da parte datoriale vi sono Anip-Fise, Legacoop Servizi, Confcooperative, Agci/Psl, Unionservizi Confapi, mentre le organizzazioni sindacali sono rappresentate dai tre confederali Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltrasporti-Uil. E intanto sono ripartite anche le trattative “parallele” con Fnip-Confcommercio.
Mantenersi compatti, anche a costo di rimandare le questioni più difficili
Ben precise, quindi, erano le necessità imposte dalla situazione: su tutte, come si è visto, mantenersi compatti e arrivare a un accordo il più possibile rapido su temi e principi generali condivisi. Questo ha significato, di fatto, non aprire (o meglio, rinviare) le questioni tradizionalmente più spinose, tra cui l’assenteismo e l’organizzazione del lavoro nel suo complesso, e limitarsi (se il verbo ci è consentito) all’adeguamento del contratto alle novità legislative e, sul piano pratico, a chiarimenti in merito alla lettura e interpretazione del testo. Spiega Gianfranco Piseri, di Legacoop Servizi: “Senza entrare nel merito delle questioni più spinose, che comporterebbero una trattativa più lunga e articolata, abbiamo deciso di fermarci agli aspetti più tecnici, fissando 13 punti su cui discutere. Tra questi, il premio di risultato per il secondo livello contrattuale e l’elemento di garanzia che scatta in caso di mancata contrattazione integrativa; l’applicazione di nuove norme sulla 104; l’orario di lavoro sul riposo settimanale per adeguarsi alle nuove norme; la causale per il lavoro a tempo determinato permessa dalla legge; il regolamento in caso di part-time; la commissione per l’applicazione della legge 8; la definizione del periodo di prova in giorni lavorativi; la definizione dei documenti che le imprese devono scambiarsi in caso di cessazione d’appalto; chiarimenti nel caso del diritto allo studio; chiarimenti nel caso delle figure inquadrabili nel parametro 115 (servizi ausiliari in campo scolastico e sanitario). Oltre ad altri dettagli interpretativi che, detto sinceramente, non rispondono propriamente agli aspetti principali di una ridiscussione contrattuale”. Donatello Miccoli, funzionario Fise che si occupa delle relazioni industriali ribadisce che “il particolare momento e la situazione hanno richiesto un’assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti, che hanno scelto di andare a un rinnovo “morbido”, restando uniti e scegliendo di ragionare più su questioni tecniche e interpretative che su problemi sostanziali”.

Si è puntato sulle soluzioni minime
Anche Giovanni Pirulli, di Fisascat-Cisl, è chiaro su questo punto: “Le parti hanno concordato di individuare le soluzioni minime per realizzare rapidamente un contratto nazionale di cui il settore ha necessità. Il contratto, infatti, è da intendersi come punto di riferimento minimo per dare regole al comparto. Devo però dire che, fin dall’inizio, Cisl e Uil (sindacati sottoscrittori dell’accordo-quadro con il governo, ndr) avevano presentato una piattaforma secondo le regole previste dall’accordo del gennaio 2009, ma poi ha prevalso la necessità di stringere i tempi, e quindi le fratture si sono ricomposte. Credo però che sia essenziale apportare alcuni elementi innovativi che rafforzino il settore: mi riferisco in modo particolare al consolidamento del sistema bilaterale e all’introduzione di nuovi elementi di welfare contrattuale, come l’assistenza sanitaria integrativa. Tutti aspetti, però, su cui bisognerebbe discutere con più calma e aprire un confronto ben più complesso. Devo dire che, allo stato attuale, e considerato anche il positivo avvio delle trattative con FNIP Confcommercio, si può sperare che i prossimi incontri di marzo siano già risolutivi”. Marco Verzari, di Uiltrasporti-Uil, insiste sulla necessità di mantenere un approccio unitario: “Dopo aver presentato piattaforme diverse, ci siamo riuniti al tavolo con l’intento comune di produrre un accordo unitario. L’idea è quella di offrire al settore, che ultimamente è molto toccato dalla crisi, adeguate certezze normative che consentano di fare fronte, almeno in parte, ai problemi che lo attanagliano. Devo dire che le parti si trovano in accordo sulle regole, abbiamo steso anche un avviso comune per portare i nostri problemi e le richieste più urgenti all’attenzione del Ministero del Lavoro. È necessario anche che le imprese più affidabili dispongano di strumenti solidi per fronteggiare le difficoltà e, per tali ragioni, abbiamo deciso di snellire la discussione su alcuni temi nodali, anche per dare al nuovo Ccnl di questo settore tempi accettabili dopo i gravi ritardi degli ultimi rinnovi. E mentre hanno preso il via anche le trattative con Fnip-Confcommercio, aspetto con un certo ottimismo l’incontro del 23 marzo, sperando che si possa arrivare a una stretta risolutiva”.

Ampliati i margini per la contrattazione integrativa
Un elemento di novità è contrattazione di II livello, o contrattazione integrativa, a cui è stato demandato un ampio ventaglio di questioni. Su questo punto Elisa Camellini, di Filcams-Cgil, appare soddiasfatta: “Questo rinnovo contrattuale non ha stravolto la sostanza della piattaforma precedente, anche se qualche significativo elemento di novità va rilevato. Mi riferisco innanzitutto alla contrattazione integrativa, o di secondo livello. Tra i temi forti di questo rinnovo c’è senza dubbio l’ampliamento dei margini sull’organizzazione del lavoro demandati alla contrattazione secondaria, che viene quindi estesa anche in campo normativo. Altre novità importanti riguardano la regolamentazione della gestione dei permessi per i congedi, l’applicazione della 104 e del parametro 115”. Ci sono aspetti, tuttavia, su cui il sindacato non è disposto ad aprire: “Non accettiamo deroghe al contratto nazionale su alcuni punti, come il superamento della maggiorazione per la sesta giornata, la terza ripresa lavorativa e la sommatoria delle maggiorazioni per il part-time”. Piseri, d’altra parte, spiega che in certi casi “sia l’impresa sia il lavoratore sono concordi nella possibilità di certe deroghe. Un esempio tipico è quello del terzo rientro, che spesso gli operatori fanno per conto di altre aziende: ora, se c’è un interesse reciproco, perché vietarlo? Lo stesso vale per la sesta giornata: un conto è se creo un disagio, allora il principio è giusto, un conto è invece se sia il lavoratore sia l’impresa sono concordi. E allora dove sta il problema? Occorrerebbe semmai, secondo noi, valutare i casi realtà per realtà”. Fatto è, tuttavia, che su questioni come queste le associazioni imprenditoriali hanno proposto di demandare la tematica alla contrattazione di secondo livello.

L’assenza del Governo
C’è però un altro punto da tenere in considerazione, ed è la sostanziale assenza del Governo, in particolare del Ministero del Lavoro, lamentata da tutte le parti. Miccoli sostiene che “la difficoltà della situazione è aggravata dal fatto che il Ministero del Lavoro, pur interpellato ripetutamente anche per mezzo di un Avviso comune, a tutt’oggi non ci ha dato risposte su temi importanti come la trasparenza del settore e il meccanismo degli appalti pubblici. Certo, l’assenza di un sottosegretario non aiuta, ma ci saremmo aspettati un ruolo più attivo da parte del Ministero”. “In una situazione come questa –ribadisce Piseri- il minimo che ci saremmo attesi è un chiarimento, da parte del Governo, che ci aiutasse a determinare gli indirizzi da assumere in direzione della chiarezza e della legalità del settore. Purtroppo così non è stato, anzi abbiamo assistito alla mancata ricezione da parte del Ministero delle Linee Guida CE sulle clausole sociali negli appalti; anzi, le ultime disposizioni ministeriali sugli appalti pubblici sembrano fare un passo indietro di 10 anni, premiando il massimo ribasso in luogo dell’offerta economicamente più vantaggiosa “. Ma perché quest’assenza? “Francamente non lo so. Il nostro settore, oltre ad avere un’importanza centrale per la salute e la sicurezza, impiega 600.000 persone ed è cronicamente a forte rischio illegalità. Oltretutto noi siamo forse l’unico comparto che non chiede denaro, ma norme chiare per la trasparenza”. Anche il sindacato è d’accordo: “A fronte di un sostanziale accordo tra le parti sui temi fondamentali, manca l’intervento del Governo, che nonostante il nostro Avviso comune condiviso dalla parti stipulanti il c.c.n.l. ancora non si è fatto sentire”. La posizione del Governo negli ultimi mesi, a dire il vero, è apparsa quantomeno contraddittoria: mentre il tanto discusso regolamento attuativo del dicembre 2010, all’articolo 286, azzera di fatto il principio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la circolare 5 dell’11 febbraio 2011 affronta e chiarisce temi importanti come la genuinità e la trasparenza degli appalti, gli obblighi di carattere retributivo connessi all’utilizzazione dell’istituto, il valore degli appalti e i criteri di scelta dei contraenti, la responsabilità solidale tra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori, il ricorso alla certificazione, la disciplina in materia di salute e sicurezza del lavoro, ribadendo l’attenzione del governo per la corretta gestione del sistema degli appalti pubblici.

I tagli nella PA
Un altro grave problema da affrontare per tutti è quello dei tagli, sempre più preoccupanti, nella Pubblica Amministrazione. Camellini parla di decine di migliaia di posti a rischio fra il personale impiegato nei servizi in scuole, commissariati di Polizia di Stato e caserme dei Carabinieri. “Sono almeno 25.000 i lavoratori a rischio su appalti storici, e stiamo assistendo a rinnovi di commesse pubbliche con tagli del 40%”. Numeri impressionanti, sui quali concorda, con preoccupazione, anche Piseri. “Si sta assistendo a un’inarrestabile tendenza ai tagli con inevitabili ricadute sociali e forme di appalto al massimo ribasso”. E’ dunque il caso, in un momento come questo, di fare fronte comune e puntare a obiettivi condivisi.

Simone Finotti

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