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Innovazione a tutto campo: la ricetta per affrontare la crisi

Ha parlato di inevitabile calo di fatturato e di azioni di contenimento. Questi due fattori hanno inciso sull’occupazione nel gruppo IPC?

«Ristrutturare, ricorrendo al taglio dei posti di lavoro, può essere una scorciatoia per ridurre i costi, e altre grandi aziende del nostro settore hanno adottato questa strategia. Ma noi la consideriamo una strada pericolosa, perché i nostri dipendenti rappresentano un patrimonio di competenze, conoscenze, esperienze che, se vanno perse, è difficile poi recuperare. Perciò non abbiamo tagliato posti di lavoro, abbiamo sofferto un po’ di più, ma abbiamo difeso il nostro know how. Riteniamo che abbia poco senso investire in tecnologie e perdere poi un capitale come quello rappresentato dalla nostra forza lavoro, a qualsiasi livello».

Ha anche parlato di innovazione a tutto campo. Che cosa intende?

«Se vogliamo reagire a un mercato in cambiamento, se vogliamo affrontare con competitività il mercato del dopo crisi, dobbiamo adottare una mentalità innovativa a tutto tondo. Non dobbiamo limitare l’innovazione all’area progettazione (per quanto rimanga la via maestra), ma occorre estenderla a tutte le aree operative innovando  i processi  con nuove idee e nuovi modelli, che consentano di migliorare le prestazioni aziendali in tutti i settori, dalla produzione alla manutenzione, dalla gestione del cliente ai rapporti interpersonali, all’organizzazione. Innovazione vuole dire cambiamento, volontà e capacità di mettere in atto nuove strategie. Soprattutto, vuol dire adottare un nuovo approccio nei confronti del mercato.

In questo senso va letta  la collaborazione che avete attuato con Airest, del gruppo SAVE? (l’installazione di 18 Cleaning Point,  nei punti di ristoro Airest degli aeroporti di Venezia e Treviso. I Cleaning Point sono costituiti da dispenser di gel igienizzante per le mani, in plastica antibatterica HDS, di esclusiva produzione IPC Euromop – ndr)

«Certamente. Nel caso specifico abbiamo modificato e migliorato la classica filiera, produttore, distributore, cliente. Siamo andati a confrontarci direttamente con i bisogni dell’utente finale e abbiamo proposto una soluzione che risponde esattamente alle sue esigenze. E abbiamo operato insieme con un’azienda di un altro settore, che aveva l’obiettivo di fornire al cliente un servizio di alta qualità. Abbiamo fatto squadra con un interlocutore diverso, ma sensibile alle necessità della propria utenza, necessità che nel caso specifico riguardano l’igiene personale. Abbiamo realizzato una nuova triangolazione, in cui ogni attore svolge bene il proprio ruolo: l’utente spiega il problema, le aziende svolgono la propria mission, ognuna secondo le proprie competenze, si trova la soluzione con il coinvolgimento del distributore che assicura il supporto e i servizi necessari. Sono rapporti che si giocano in squadra, in cui ognuno svolge il proprio compito per creare un sistema più efficiente».

Un nuovo modello che si può declinare anche in altri settori?

«Questa iniziativa con Airest e’ stata la dimostrazione di come due aziende profondamente diverse possono lavorare insieme e fare squadra per creare valore aggiunto per i propri clienti. È  stato un piccolo ma concreto esempio di quella strategia di alleanza trasversale di territorio che sicuramente può rappresentare una strada per reagire ad un mondo che cambia. Una via per superare il modello dell’impresa “solista”, ma anche di quello del distretto basato sull’aggregazione settoriale, che in passato hanno dato ottimi risultati ma che oggi sembrano meno efficaci per affrontare un mercato sempre più’ difficile e in rapida trasformazione».

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