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Il dialogo competitivo: uno strumento procedurale innovativo per gli appalti di servizi integrati

(tratto da “FMI – Facility Management Italia” n.8, Luglio 2008)

 

Pur non essendovi obbligato, il nostro paese ha scelto di cogliere l’opportunità fornita dalla Direttiva Europea 2004/18/CE, introducendo nel Codice degli Appalti il nuovo e flessibile strumento del “dialogo competitivo” come possibile risposta alla crescente complessità delle esigenze delle pubbliche amministrazioni. Tuttavia, il timore da parte di queste ultime di non riuscire a governare questo strumento procedurale innovativo ha di fatto finora costituito un freno alle notevoli potenzialità e opportunità che lo stesso strumento può fornire, specie per un settore complesso e non ancora del tutto consolidato come quello degli appalti di servizi integrati per la gestione e la valorizzazione dei patrimoni immobiliari e urbani pubblici. Proprio questo ambito particolare di appalti potrebbe essere un campo privilegiato di sperimentazione ed applicazione per l’operatività del dialogo competitivo, ma a differenza di quanto sta avvenendo in altri paesi europei, l’Italia parrebbe non essersene ancora accorta.

 

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Inquadramento normativo e ambiti applicativi

 

Il “dialogo competitivo” è una nuova procedura per l’aggiudicazione di appalti complessi, introdotta dalla Direttiva 2004/18/CE.

Il recepimento all’interno degli ordinamenti nazionali dell’istituto del dialogo competitivo costituiva, per gli stati membri, una facoltà e non un obbligo, così come espressamente previsto dall’art. 29 della stessa Direttiva (“… gli Stati membri possono prevedere…”). 

Il nostro paese ha deciso di cogliere l’opportunità messa a disposizione dal legislatore europeo, inserendo nel Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 163/2006) l’art. 58, dedicato, appunto, alla nuova procedura.

Si tratta di uno strumento che presenta una flessibilità assai maggiore rispetto alle procedure tradizionali di appalto dalle quali differisce in modo sostanziale (al di là di alcune affinità ravvisabili, ad esempio, con l’appalto-concorso o la procedura negoziata).

Il vero elemento di novità è costituito dal fatto che nel dialogo competitivo la stazione appaltante definisce unicamente le proprie esigenze e necessità cui l’affidamento deve corrispondere, ma – diversamente da quanto avviene nelle procedure tradizionali – non definisce i mezzi richiesti per il loro soddisfacimento, proprio in quanto la complessità del progetto da realizzare rende tale definizione oggettivamente difficoltosa, o rende problematico valutare le soluzioni, tecniche e/o giuridico-finanziarie, che il mercato offre.

L’introduzione della procedura del dialogo competitivo in fondo può sfatare il mito dell’amministrazione pubblica dotata di conoscenza perfetta, in grado di fissare in assoluta autonomia i contenuti dettagliati delle prestazioni richieste, contenuti che il mercato può solo limitarsi a migliorare, senza tuttavia arrivare a  stravolgerne la sostanza.

D’altro canto, l’introduzione del dialogo competitivo rappresenta soprattutto e fondamentalmente una risposta fisiologica alla multiformità del mondo contemporaneo e alla conseguente complessità delle esigenze e dei possibili strumenti di soddisfazione delle stesse che ciascun operatore economico, ivi comprese, quindi, le stazioni appaltanti, si trova quotidianamente ad affrontare.

Di fatto, il presupposto che il legislatore comunitario indica per l’esperibilità del dialogo competitivo (v. considerando n. 31 della Direttiva 2004/18/CE) è un’impossibilità oggettiva di definire i mezzi atti a soddisfare le esigenze manifestate, che non dipende dalle carenze interne della pubblica amministrazione.

Come esempi di affidamenti particolarmente complessi, la Direttiva 2004/18/CE indica l’ esecuzione di importanti progetti di infrastrutture di trasporti integrati, di grandi reti informatiche, di progetti che comportano un finanziamento fortemente strutturato, di cui non è possibile stabilire in anticipo l’impostazione finanziaria e giuridica.

Va osservato che, nella trasposizione dell’istituto del dialogo competitivo all’interno del nostro ordinamento, il legislatore ha modificato ed integrato la normativa comunitaria, inserendo, ad esempio, una diversa elencazione non tassativa delle ipotesi di progetti particolarmente complessi, che include i casi nei quali la stazione appaltante non dispone, a causa di fattori oggettivi ad essa non imputabili, di studi in merito all’identificazione e alla quantificazione dei propri bisogni o all’individuazione dei mezzi strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, alle caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e all’analisi dello stato di fatto e di diritto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, nonché sulle componenti di sostenibilità ambientali, socio-economiche, amministrative e tecniche.

Merita notare che la Direttiva Europea non considera l’ipotesi che le stazioni appaltanti possano non essere in grado di definire le proprie esigenze – cosa che in effetti non dovrebbe avvenire, anche perché altrimenti risulterebbe impossibile perfino formulare il bando e/o il documento descrittivo – ma unicamente i mezzi attraverso cui le esigenze predette possano essere soddisfatte.

Esempi illuminanti del concetto di complessità che legittima il ricorso allo strumento del dialogo competitivo si trovano nella “Nota esplicativa – Dialogo Competitivo – Direttiva classica” della Commissione Europea (doc. CC/2005/04, revisionato nel 2005 e poi nel 2008). La Commissione osserva che potrebbe verificarsi il caso in cui un’amministrazione abbia l’esigenza di connettere due sponde di un fiume, ma non sia in grado di determinare se la soluzione migliore sia un ponte o un tunnel, pur essendo perfettamente in grado di formulare delle specifiche tecniche sia per il ponte che per il tunnel. Inoltre, la Commissione indica come terreno di elezione del dialogo competitivo i “PPP”, ovvero i progetti con partnership pubblico-privato, ivi compresi quelli nei quali non è chiaro ab initio se il mercato possa accettare o meno l’assunzione di determinati tipi di rischio e, conseguentemente, non sia possibile stabilire anticipatamente se la procedura possa condurre all’aggiudicazione di una concessione o, invece, ad un appalto.

Va notato che, nella trasposizione normativa dell’art. 58, comma 15, viene precisato che “per i lavori, la procedura (del dialogo competitivo) si può concludere con l’affidamento di una concessione di cui all’art. 143”. In teoria – ancorché l’affidamento delle concessioni di servizi sia escluso tanto dall’applicazione della Direttiva quanto da quella del Codice Contratti – nulla dovrebbe ostare a che, anche nel caso dei servizi, una procedura avviata per l’affidamento di un appalto (ad esempio di Global Service)  si possa poi concludere con un contratto di concessione (ad esempio di gestione complessiva di un determinato patrimonio già esistente).

 

Le caratteristiche tecnico-procedurali

 

La procedura del dialogo competitivo risulta così articolata:

  • la stazione appaltante pubblica un bando di gara in cui rende noti i propri obiettivi o le proprie necessità, che devono essere definiti nel bando stesso o in un documento descrittivo che ne forma parte integrante;
  • sempre nel bando stesso o nel documento descrittivo, devono essere definiti i criteri di valutazione delle offerte; l’aggiudicazione, difatti, può avvenire unicamente con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non essendo ovviamente possibile ipotizzare un affidamento al prezzo più basso;
  • con i soggetti ammessi, in possesso dei requisiti precisati dal bando di gara (o dal documento descrittivo), da individuarsi tra quelli pertinenti previsti dal Codice dei Contratti (artt. da 34 a 46), la stazione appaltante avvia il dialogo competitivo, nell’ambito del quale può discutere con i candidati tutti gli aspetti dell’appalto;
  • attraverso il bando di gara, possono anche essere previste fasi successive con un progressivo restringimento del numero delle soluzioni da discutere, ottenuto mediante l’applicazione dei criteri di aggiudicazione (precisati nel bando di gara stesso o nel documento descrittivo) al fine di scremare le proposte pervenute, escludendo già in corso di procedura quelle meno interessanti;
  • il dialogo prosegue finché la stazione appaltante non è in grado di individuare, se del caso dopo averle confrontate, la soluzione o le soluzioni che possano soddisfare i propri obiettivi o le proprie necessità;
  • la stazione appaltante può motivatamente ritenere che nessuna delle soluzioni proposte soddisfi i propri obiettivi o le proprie necessità; in tal caso informa immediatamente i partecipanti, ai quali non spetta alcun indennizzo o risarcimento, a meno che non siano stati espressamente previsti nel bando premi o incentivi da riconoscersi anche in caso di mancata aggiudicazione;
  • dopo aver dichiarato concluso il dialogo e averne informato i partecipanti, la stazione appaltante li invita a presentare le proprie offerte finali in base alla o alle soluzioni presentate e specificate nella fase di dialogo; tali offerte devono contenere tutti gli elementi richiesti e necessari per l’esecuzione del progetto;
  • su richiesta della stazione appaltante, le offerte possono essere chiarite, precisate e perfezionate, purché non vengano modificati gli elementi fondamentali dell’offerta stessa o dell’appalto posto in gara, la cui variazione rischi di falsare la concorrenza o di avere un effetto discriminatorio;
  • la stazione appaltante valuta le offerte ricevute sulla base dei criteri di aggiudicazione fissati nel bando di gara o nel documento descrittivo ed individua l’offerta economicamente più vantaggiosa;
  • anche relativamente all’offerta risultata economicamente più vantaggiosa e, quindi, potenzialmente vincitrice, la stazione appaltante può richiedere delle precisazioni o la conferma degli impegni in essa figuranti, a condizione che ciò non abbia l’effetto di modificare elementi fondamentali dell’offerta o dell’appalto posto in gara, falsare la concorrenza o comportare discriminazioni.Il dialogo competitivo può condurre all’aggiudicazione di un contratto di appalto ma anche, in caso di lavori, di un contratto di concessione di progettazione, realizzazione e gestione se ciò risultasse la soluzione maggiormente idonea a soddisfare le esigenze della stazione appaltante

 

Opportunità e ritrosie applicative per le stazioni appaltanti

 

Come si è detto, la caratteristica principale del dialogo competitivo, che ne costituisce al tempo stesso il tratto distintivo e la stessa ragion d’essere, è la flessibilità.

Il dialogo competitivo rompe il dogma dell’immodificabilità dell’offerta durante la fase di gara e, anzi, la possibilità per le amministrazioni di richiedere legittimamente precisazioni, aggiustamenti e perfezionamenti non solo a tutti i concorrenti durante la fase di dialogo, ma persino (nel limite in cui ciò non rappresenti l’apertura di una vera e propria negoziazione con un unico candidato; v. “Nota esplicativa – Dialogo Competitivo – Direttiva classica” della Commissione Europea, doc. CC/2005/04) all’offerente che ha presentato la proposta economicamente più vantaggiosa, costituisce il vero valore aggiunto della procedura.

Gli operatori del settore rilevano da sempre che una delle problematiche più avvertite dalle stazioni appaltanti nel caso di affidamenti complessi, in cui le prestazioni non sono compiutamente definite fin dai documenti di gara, è l’impossibilità di ottenere, se non l’“offerta perfetta” quanto meno un’offerta pienamente soddisfacente in tutti i suoi aspetti.

Molto spesso nascono difficoltà operative proprio perché le offerte ammesse – ivi inclusa l’offerta risultata più vantaggiosa – pur essendo congruenti con i documenti di gara e, quindi, accettabili da parte della stazione appaltante, possono presentare taluni elementi che non convincano la pubblica amministrazione, la quale, tuttavia, si trova sprovvista di strumenti diretti ad ottenerne legittimamente una modifica, un chiarimento o un perfezionamento prima dell’aggiudicazione.

Non solo, ma a volte una procedura di aggiudicazione può essere avviata da una stazione appaltante con lo scopo di aggiudicare una concessione, nel convincimento che il mercato possa rispondere positivamente e vi siano, quindi, operatori economici disponibili ad assumere il peculiare rischio connesso all’ipotesi di concessione. Tuttavia, nel corso della procedura la stazione appaltante può trovarsi nella situazione di non ricevere alcuna offerta o di ricevere offerte che propongano, di fatto, una riallocazione dei rischi tale da configurare un contratto di appalto e non più una concessione: al riguardo, si pensi (pur con l’avvertenza già fatta in ordine al riferimento espresso dell’art. 58 comma 15 ai contratti concernenti lavori e non servizi) all’ipotesi della concessione dei servizi integrati di gestione di un patrimonio immobiliare ed urbano versus un appalto di Global Service sul medesimo patrimonio.

Come osserva la Commissione Europea nella nota esplicativa già citata, nel caso in cui si sia avviata una procedura diversa dal dialogo competitivo, non vi sarebbe nessuna possibile soluzione e la gara dovrebbe essere chiusa con un nulla di fatto e avviata nuovamente su altre basi, per l’aggiudicazione di un appalto e non più di una concessione, con evidente spreco di tempo e di risorse pubbliche.

Il dialogo competitivo, invece, può essere esperito proprio al fine di determinare quale sia la soluzione migliore anche dal punto di vista giuridico – concessione o appalto – per la soddisfazione del bisogno della pubblica amministrazione e, quindi, concludersi indifferentemente con l’aggiudicazione dell’uno o dell’altro tipo di contratto, a seconda di quanto emerga nel corso della stessa procedura.

Tuttavia, la stessa flessibilità e malleabilità che costituisce anima e vantaggio del dialogo competitivo, inevitabilmente finisce per rappresentarne anche la maggiore difficoltà applicativa.

La procedura del dialogo, pur se specificata dalla norma nelle sue linee fondamentali di sviluppo, non è concretamente e puntualmente definita in ogni dettaglio – anche perché se così fosse, l’elemento caratteristico risulterebbe fatalmente frustrato – pur essendo indicati chiaramente i possibili “vizi” della procedura, nei quali la stazione deve guardarsi dall’incorrere.

In particolare, è espressamente previsto che, durante il dialogo, le stazioni appaltanti garantiscano la parità di trattamento di tutti i partecipanti e, in particolare, non forniscano, in modo discriminatorio, informazioni che possano favorire alcuni partecipanti rispetto ad altri (art. 58, comma 7). Inoltre, le stazioni appaltanti non possono rivelare agli altri partecipanti le soluzioni proposte né altre informazioni riservate comunicate dal candidato partecipante al dialogo senza l’accordo di quest’ultimo (art. 58, comma 8).

Si è già detto, poi, dei limiti ai chiarimenti, modifiche e precisazioni richiesti, che non possono avere l’effetto di modificare gli elementi fondamentali dell’offerta o dell’appalto quale posto in gara la cui variazione rischi di falsare la concorrenza o di avere un effetto discriminatorio.

L’art. 58 si chiude con un monito: le stazioni appaltanti non possono ricorrere al dialogo competitivo in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza.

Volendo, quindi, sintetizzare le difficoltà applicative dello strumento, queste sono costituite proprio dalla sua estrema flessibilità e dalla necessità di garantire sempre, anche con uno strumento così duttile, il rispetto dei principi fondamentali di non discriminazione, parità di trattamento ed effettività della concorrenza, contemperandoli con le esigenze di riservatezza e tutela del know-how dei soggetti partecipanti.

 

L’effettiva applicazione in Italia e in Europa

 

A tutto il primo trimestre 2010, negli archivi della banca dati “TED – Tenders Electronic Daily” (versione on line del “Supplemento alla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea”) degli appalti di rilevanza europea risultano presenti per l’Italia 24 avvisi concernenti la procedura del dialogo competitivo (9 dei quali in ambito immobiliare, ma nessuno specificamente diretto alla gestione immobiliare), contro – ad esempio – gli oltre 1.900 della Francia (97 dei quali in ambito immobiliare e 11 specificamente diretti ai servizi di gestione immobiliare), gli oltre 1.800 del Regno Unito (190 dei quali specificamente diretti ai servizi di di gestione immobiliare), i quasi 200 della Germania (di cui 17 in ambito immobiliare e 5 specificamente diretti ai servizi di gestione immobiliare).

In tutto, sono stati pubblicati in Europa più di 5.000 avvisi relativi alla procedura del dialogo competitivo.

A livello europeo vengono affidati con lo strumento del dialogo competitivo soprattutto servizi (3.322 avvisi per servizi su 5.075 totali), la maggior parte dei quali (2.727 su 3.322) sono relativi a categorie di servizi che hanno attinenza con il patrimonio immobiliare ed urbano e la relativa gestione.

Come detto, stando a quanto reperibile negli archivi “TED”, nessun bando italiano per il dialogo competitivo ha, ad oggi, riguardato i servizi di gestione immobiliare, ancorché tale tipologia di attività sia caratterizzata da una complessità intrinseca che ben potrebbe legittimare, in determinati casi, il ricorso alla procedura del dialogo competitivo, come di fatto dimostrano i dati europei.

Come si è già accennato, anche il modello giuridico più adeguato a questa tipologia di affidamenti a seconda degli obiettivi e delle esigenze della pubblica amministrazione, può variare,  atteso che il comma 9 dell’art. 143 del Codice dei Contratti consente espressamente di utilizzare il contratto di concessione anche per realizzazione e la gestione di edifici ed infrastrutture destinati all’utilizzo diretto della pubblica amministrazione (quindi, sedi di uffici, scuole, ospedali, carceri, ecc.).

D’altro canto la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ritenuto possibile configurare come servizio pubblico da affidare in concessione anche la gestione di patrimonio urbano, come, ad esempio, la rete stradale e i relativi impianti e, al di là della specificazione fatta dall’art. 58 comma 15, non sembrerebbe sussistere un valido motivo per escludere la possibilità di affidare tali contratti con la procedura del dialogo competitivo.

 

Problemi aperti e prospettive di sviluppo

 

Certamente nel nostro paese il dialogo competitivo è ben lontano dall’aver espresso tutte le proprie potenzialità, in particolare per quanto riguarda il settore dei servizi di gestione e valorizzazione dei patrimoni immobiliari e urbani pubblici, ambito certamente complesso che ben si presterebbe a costituire un fertile terreno di sperimentazione della nuova procedura.

L’art. 58 del Codice dei Contratti – come premesso – statuisce che, secondo le circostanze concrete, possono essere considerati particolarmente complessi gli appalti per i quali la stazione appaltante non dispone, a causa di fattori oggettivi ad essa non imputabili, di studi in merito all’identificazione e quantificazione dei propri bisogni o all’individuazione dei mezzi strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, alle caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e all’analisi dello stato di fatto e di diritto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, nonché sulle componenti di sostenibilità ambientali, socio-economiche, amministrative e tecniche.

Leggendo la definizione normativa è difficile non pensare subito proprio al settore dei servizi di gestione e valorizzazione dei patrimoni immobiliari e urbani pubblici come uno di quelli più naturalmente vocati all’utilizzo del dialogo competitivo.

Come si è già accennato, tuttavia, le amministrazioni pubbliche italiane non sembrano ancora nutrire un particolare interesse a sperimentare questo tipo di procedura: specie perché ne temono la complessità e l’indeterminatezza e, pertanto, vogliono evitare il rischio che, nell’applicazione concreta, il dialogo competitivo possa essere giudicato – dalla magistratura amministrativa o, ancor peggio, da quella contabile – uno strumento per la distorsione o la limitazione della concorrenza.

Pur trattandosi di timori comprensibili, occorre riflettere su quanto segue.

Il dialogo competitivo, come già detto, nasce proprio allo scopo di rispondere in maniera più adeguata di quanto lo possano fare le procedure di tipo tradizionale ai problemi collegati all’aggiudicazione dei contratti complessi.

È evidente, difatti (anche senza volersi in questa sede addentrare nella puntuale disamina delle più sofisticate teorie delle relazioni contrattuali) che tanto maggiore è la complessità del contratto che si intende sottoscrivere e tanto minore è il grado di determinatezza iniziale delle prestazioni che dovranno essere dedotte nel contratto medesimo per soddisfare l’esigenza cui il negozio è preordinato (il che avviene normalmente nel caso del contratto complesso proprio perché sono, in teoria, possibili un numero pressoché infinito di diverse soluzioni e combinazioni di clausole per ciascuna ipotesi alternativa), tanto meno sarà possibile fare utilmente ricorso ad una procedura “semplice” di individuazione dell’offerta migliore e del contraente migliore.

In altre parole, se il dialogo competitivo fosse una procedura semplice e/o standardizzata si rivelerebbe inadeguato allo scopo per il quale è stato introdotto, ovvero far fronte alle problematiche connaturate all’aggiudicazione di progetti complessi.

Ciò, però, non significa affatto che si tratti di uno strumento ingovernabile e neppure di una procedura che comprima o distorca la concorrenza.

Paradossalmente può essere vero l’esatto contrario: il ricorso al dialogo competitivo, se correttamente utilizzato, può condurre al massimo possibile grado di concorrenza, perché consente la valutazione comparativa e simultanea di tutte le soluzioni alternative effettivamente offerte dal mercato in relazione ad un dato bisogno, anziché il confronto solo su uno o più parametri di una determinata soluzione (che non è affatto detto sia l’unica o la migliore) inizialmente identificata dalla stazione appaltante senza la collaborazione del mercato e non più modificabile.

Peraltro, come osserva la Commissione Europea nella già citata “Nota esplicativa – Dialogo Competitivo – Direttiva classica”, il dialogo competitivo è l’unica procedura prevista dalla Direttiva che riconosce una protezione anche alle idee non oggetto di proprietà intellettuale (si pensi alle modalità organizzative di un servizio oppure ad una soluzione di carattere finanziario). Difatti, è previsto espressamente che solo con il consenso dell’interessato sarà possibile per la stazione appaltante rivelare la soluzione proposta da un operatore economico agli altri concorrenti, anche se questa, di fatto, sia insuscettibile di costituire un “brevetto” o un’idea che possa essere registrata e protetta attraverso le disposizioni in materia di proprietà intellettuale.

Il dialogo competitivo, difatti, può svolgersi anche sotto forma di dialoghi bilaterali tra la stazione appaltante e ciascun concorrente. Questa modalità di conduzione della procedura neutralizza il rischio di “cherry-picking” (ovvero il rischio che l’idea originale di un partecipante venga poi utilizzata dai suoi concorrenti) e incentiva gli operatori economici a proporre idee realmente innovative.

Laddove, invece, la stazione appaltante abbia previsto che il dialogo debba essere necessariamente multilaterale, stabilendo espressamente già nei documenti di gara che la partecipazione alla procedura implica il consenso dell’operatore economico alla rivelazione della soluzione proposta agli altri concorrenti – possibilità espressamente prevista dalla Commissione Europea nella nota citata – il rischio opposto, ovvero quello di ottenere soluzioni standardizzate e poco innovative, potrebbe essere attenuato dalla previsione di premi, come consentito dalla normativa europea e italiana.

Inoltre, non è neppure vietato – come ricorda la Commissione Europea nella nota citata – che gli operatori sviluppino ciascuno più di una proposta, anche in previsione della possibilità che la stazione appaltante riduca progressivamente le soluzioni da esaminare, pur mantenendone un numero sufficiente a garantire un’effettiva concorrenza.

Quando la stazione appaltate dichiara chiusa la fase di dialogo è, altresì, possibile che ciascun operatore ammesso presenti l’offerta finale sulla base della propria soluzione (il che necessariamente avverrà se la procedura si è sviluppata sulla base di dialoghi bilaterali) oppure su una soluzione comune (il che potrà avvenire nel caso in cui la procedura sia stata condotta con un dialogo multiplo e il necessario consenso degli operatori economici alla rivelazione delle soluzioni proposte agli altri partecipanti).

In conclusione, la procedura del dialogo competitivo offre l’opportunità di rispondere in modo adeguato ed effettivamente concorrenziale alle esigenze complesse delle stazioni appaltanti che, tuttavia, data la novità e la duttilità della procedura in questione, non devono essere lasciate da sole nell’approfondimento della conoscenza dello strumento.

Proprio in questo senso, sarebbe auspicabile ed assai utile sviluppare degli approfondimenti, anche eventualmente attingendo alle esperienze europee, al fine di definire delle “linee guida” che, nel rispetto della flessibilità dello strumento e dell’unicità delle singole fattispecie, possano aiutare e supportare le pubbliche amministrazioni nel porsi con maggior fiducia ed interesse rispetto al dialogo competitivo, scoprendone le effettive potenzialità, in particolare per un settore così complesso e centrale quale quello degli appalti di servizi per la gestione e la valorizzazione dei patrimoni immobiliari e urbani.

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Paola Conio*   

Luca Leone**

 

* Senior Partner Studio Legale Leone – Roma  

** Titolare Studio Legale Leone – Roma  

 

Tab 1: Avvisi di dialogo competitivo pubblicati in EU (fonte Archivi “TED” – primo trimestre 2010)

 

NAZIONI AVVISI DI DIALOGO COMPETITIVO
Germania 196
Portogallo 9
Francia 1.936
Repubblica Ceca 74
Finlandia 58
Paesi Bassi 129
Svezia 3
Ungheria 19
Cipro 2
Regno Unito 1.869
Danimarca 59
Romania 39
Austria 24
Spagna 48
Bulgaria 7
Irlanda 108
Malta 1
Slovacchia 24
Estonia 64
Polonia 237
Belgio 35
Slovenia 100
Lussemburgo 2
Lituania 8
Italia 24
TOTALE 5.075 

 

Tab 2: Avvisi di dialogo competitivo pubblicati in EU nel settore dei servizi di gestione e valorizzazione  immobiliare (fonte Archivi “TED” – primo trimestre 2010)

 

NAZIONI AVVISI DI DIALOGO COMPETITIVO  

SERVIZI DI GESTIONE E VALORIZZAZIONE IMMOBILIARE

Repubblica Ceca 3
Finlandia 1
Germania 5
Paesi Bassi 1
Ungheria 4
Lituania 3
Regno Unito 190
Francia 11
Irlanda 4
Italia 0
TOTALE 222
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