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Napule è…

(Tratto da “GSA Igiene Urbana” n.4, Ottobre-Dicembre 2008)


Sembrerebbe che in Campania tutto sia stato risolto, brillantemente ed in tempi assai brevi, e in effetti chi scendesse a Napoli oggi avrebbe la sensazione che l’emergenza rifiuti, che da tanti anni tiene in scacco la città e l’intera regione, sia davvero risolta. Ma è proprio così?


58 giorni sono stati sufficienti per riportare Napoli in Europa, in meno di due mesi il Governo in carica ha risolto il problema dell’emergenza rifiuti della Campania, una emergenza che si trascinava da 14 anni o, per chi ha buona memoria, da ancor più tempo, se è vero, come è vero, che di “emergenza rifiuti” già si parlava al tempo del colera, 35 anni or sono!

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Già, è vero, dal centro di Napoli sono sparite le cartacce per strada, le strade del capoluogo appaiono dignitosamente ripulite, nuovi sbocchi sono stati individuati ed attivati per lo smaltimento delle 7.000 tonnellate di rifiuti che giornalmente si producono in Campania, insomma qualcosa di concreto sembra davvero che sia stato fatto.
Ma credo che le cose da fare siano ancora molte, e che l’emergenza rifiuti nella regione debba ancora scontare parecchi problemi prima di poter essere dichiarata definitivamente superata.
Proviamo a riflettere su alcuni aspetti, che non saranno certo esaustivi né potranno fornire risposte definitive, ma che potranno aiutarci a capire che cosa è stato fatto, ma soprattutto che cosa ancora manchi da fare per riportare davvero Napoli e la Campania in Occidente.

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art1_clip_image004Ecoballe” è il fin troppo esplicito titolo di un libro recentemente pubblicato da Aliberti Editore, e scritto da Paolo Rabitti.

Di ciò che non si conosce, non si deve parlare, ma l’autore, ingegnere, urbanista, docente universitario, ricercatore, è stato altresì consulente tecnico della Procura di Napoli, e dunque parla dall’alto di una conoscenza dei problemi che è sicuramente di prim’ordine. In questo libro-documento-denuncia, Rabitti racconta con dovizia di particolari la storia  assurda dell’appalto assegnato 10 anni or sono ad Impregilo per la realizzazione e la gestione del sistema integrato dei rifiuti urbani della Campania. Rabitti conosce molto bene tutti i risvolti di una vicenda che ha fatto sì che si siano prodotte negli ultimi dieci anni emergenze su emergenze, ma che soprattutto ha portato alla erezione di una infinità di piramidi azteche, realizzate  non già con pietre o altri materiali da costruzione, bensì appunto accumulando le une sulle altre milioni di “ecoballe”, che altro non sono che enormi “pacchi” di rifiuti, del peso suppergiù di una tonnellata l’uno, rifiuti impropriamente chiamati CDR, ovvero combustibile derivato dai rifiuti, ma che CDR non sono e che di “eco” hanno davvero ben poco.

art1_clip_image006Rabitti ci spiega con grande chiarezza come si sia potuti passare dall’ordinanza ministeriale 2774, 31 marzo 1998, dell’allora Ministro dell’Interno Giorgio Napolitano (ordinanza che prevedeva l’attivazione della raccolta differenziata con l’obbligo di arrivare al 35% entro il 2000, la realizzazione di impianti per la produzione di CDR entro il 1998 e entro il 2000 gli inceneritori per utilizzare il CDR stesso al fine di produrre energia, in altre parole un moderno modello di gestione), attraverso una drammatica serie di violazioni, al disastro ambientale di 7 milioni (sì, avete letto bene, sette milioni!) di ecoballe, o se preferite sette milioni di tonnellate di rifiuti, accatastate qua e là su terreni sottratti in maniera non sempre così chiara alle loro destinazioni originarie, per farne delle vere e proprie discariche a cielo aperto, sia pure eufemisticamente definiti siti di stoccaggio provvisorio. Siti di stoccaggio, ovvero terreni agricoli talora acquistati a prezzi di saldo (magari facendo un poco di…pressione su contadini riottosi) da società che poi li rivendevano a cifre anche 50 volte più alte al Commissariato per l’emergenza rifiuti o alla Fibe, la società dell’Impregilo che doveva smaltire i rifiuti.
Rabitti chiama in causa, oltre a Impregilo, politici di ogni colore, chiama in causa l’ABI, Associazione Bancaria Italiana, chiama in causa professionisti e consulenti di ogni risma, commissari e sub-commissari e dimostra come, a suo avviso, si sia scientemente sabotato il progetto del Ministro Napolitano, che “…minaccia l’enorme viluppo di interessi legati allo smaltimento dei rifiuti in Campania…” in quanto “…prefigura un sistema di gestione del ciclo dei rifiuti che ridurrebbe la libertà d’azione di chi lucra sull’emergenza…”.
Venire a capo di questa vicenda drammatica è affare della magistratura, ma è un fatto che oggi la vera emergenza, o quanto meno una delle vere emergenze non è tanto il sacchetto di carta in piazza Plebiscito quanto la presenza sul territorio della Regione Campania di sette milioni di tonnellate di rifiuti, montagne di rifiuti che inquinano l’aria, la falda, tutto ciò che le circonda, e che richiederanno tempi lunghissimi e costi esorbitanti per essere smaltite.

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