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Gestione e manutenzione dell’arredo urbano: criteri metodologici e operativi

(Tratto da GSA igiene urbana,n1 gennaio-marzo)
Cresce la tipologia degli arredi urbani per rispondere a nuove esigenze. Occorre trovare per tutti una adeguata collocazione senza stravolgere l’assetto urbano.

Dotazioni urbane per i nuovi abitanti
Una parte dell’arredo assolve alle nuove esigenze della gente. Funzioni che si sommano, senza eliminare quelle vecchie. Salvo rare eccezioni.
Dobbiamo aspettarci sempre nuove dotazioni e più grandi, che ingombreranno lo spazio pubblico. Nei prossimi anni, i cambiamenti saranno sempre più veloci. Abbiamo avuto già delle avvisaglie: bike sharing, telecamere, ecopass, parchimetri, paline informatizzate per l’attesa dei mezzi, colonnine sos, aree wi-fi. Alcune di queste condizioneranno inevitabilmente il paesaggio urbano. Anche le nuove popolazioni migranti chiederanno con maggiore insistenza dotazioni per vivere una città in modo diverso. La città cambia e cambiano gli elementi che ne accompagnano la quotidianità. Mutano le attività che la popolazione residente svolge all’aperto. Sia in conseguenza a quanto appena scritto, sia per le nuove abitudini legate allo stile di vita e alle nuove tendenze. Qualcuno lascia tracce evidenti, altri meno. Per esempio il popolo dei runner usa la città nella sua struttura più ampia, fatta di viali, parchi, piazze, ma non lascia segni evidenti del suo passaggio. L’attività fisica fine a se stessa, non ha necessità obbligate da un dato percorso e non sempre ha bisogno di dotazioni specifiche. Pochi sanno che alla mattina alle sei, aree verdi o verdine cominciano a brulicare di appassionati corridori che si impossessano in modo capillare. della città dormiente. Un altro popolo che conquista terreni sfavoriti, sono i proprietari di cani. Questi lasciano più tracce, hanno spazi dedicati, recintati. Aree abbastanza vaste che non possono essere ignorate, con tanto di regolamenti appesi e qualche volta dotati di distributori.

Gente diversa
I popoli urbani non si dividono dunque per etnie, ma per interessi e per attività, per quello che fanno, per i luoghi che scelgono e gli orari. E per quello di cui necessitano.
Il popolo di internet si sta invece organizzando per il grande assalto. L’utilizzo di internet è solo al primo stadio. Siamo dei principianti senza esperienza e senza la minima idea di come internet potrebbe cambiare la faccia dello spazio pubblico. Ma aspettiamoci di tutto. Abbiamo appena cominciato con i fumatori irriducibili, che hanno invaso improvvisamente ogni microspazio aperto per dedicarsi alla sigaretta. Un assalto imprevedibile che ha causato un aumento esponenziale dell’abbandono di cicche a cui ha fatto seguito l’adozione di nuove dotazioni adatte allo scopo.
Il popolo delle due ruote è in grande fermento, anche se rispetto a 50 anni fa, utilizza gli stessi mezzi, con soltanto qualche piccola variazione. Stessi sistemi, stesse modalità, stessi ingombri. Il cambiamento in termini di arredo urbano è dato dal maggior numero di mezzi circolanti, che impongono una presenza costante e capillare di due ruote piantate ovunque, facilitati in questo dalla manovrabilità. Se sul panorama mondiale uscisse un nuovo mezzo (con il Segwey è andata buca) potrebbe incidere sul sistema dei trasporti e delle dotazioni in modo molto più significativo. E ora ci troveremmo a parlare di ben altri problemi. Per il momento si modificano solo i numeri: aumentano di volta in volta i cicli, le moto le auto. Fenomeni ricorrenti e poco prevedibili, ma sostanzialmente abbastanza lenti, che si portano dietro una serie di accessori e di necessità di spazi sia privati che pubblici. Per coerenza questi spazi dovrebbero essere ricavati sottraendo spazio ai parcheggi di auto. Invece si preferisce aggiungere. Come sempre.
Il popolo dei mangiatori per strada aumenta e cambia menù, orari e abitudini. Impiegati con il pranzo, giovani a far tardi, mamme e bambini. Andare a casa a pranzo o a fare merenda non è più tanto popolare. C’è chi ne approfitta per vivere gli spazi pubblici. Una buona occasione a patto di non essere di impedimento ad altri con abbandono di rifiuti o altri disagi. L’aumento delle gelaterie, di take away, di pizza da banco, non coincide sempre con adeguate dotazioni, che in questo caso sono indispensabili. Tavoli, panchine, cestini. In qualche caso si sente l’incidenza. A Milano la frequenza media di una panchina è di circa ogni 1500m² di superficie di verde. Ma nei parchi del centro (dove la gente passa anche le pause pranzo e le merende) la media scende sotto i 200 m². Anche se i modelli delle panchine sono tutte uguali e nessuna favorisce minimamente il picnic o una posa-pranzo. Mangiare all’aperto rimane scomodissimo.
Per avvicinarsi alle esigenze della gente, e raccogliere gli stimoli di cambiamento, sarebbe necessario approfondire posto per posto le esigenze e prevedere dotazioni che possano essere modificate senza particolari complessità tecniche. Come è strutturato il nostro sistema di arredo, ogni cosa serve ad una sola funzione e niente è intercambiabile o modificabile. Anche i semplici interventi di sostituzione diventano complessi.

Dotazioni primarie
Chiudo la lunga premessa anche se altri popoli andrebbero svelati ed altre dotazioni andrebbero individuate. Ma il risultato è già chiaro. Le dotazioni primarie di cui una città ha bisogno oggi, sono molto cambiate rispetto a quelle di un tempo, quando la gente chiedeva acqua per dissetarsi e cabine per telefonare. Ora la necessità primaria della gente è quella di ricaricare le batterie. Una fontanella dovrebbe erogare watt, non acqua. La corrente elettrica è oggi un genere di necessità molto maggiore rispetto all’acqua. Così come ci sono distributori di bibite, di sigarette o di carburante, anche l’erogatore di energia dovrebbe articolare l’offerta in diversi prodotti. Colonnine di questo tipo ci sono già per i camper e per i mezzi dei venditori ambulanti, però sono dislocati in aree periferiche o grandi parcheggi. La gente chiede di non uscire dal circuito di connessioni a cui è assuefatta. Dal telefono a internet. Per ora.

Coordinare l’arredo. Un problema
Arredo è dotazione, è tutto quello che entra nella scena urbana. Ma la sua funzione estetica non può essere secondaria. Da chi dipende il risultato finale? Non dai singoli che partecipano al farsi città attraverso tutte le dotazioni. Non dalle aziende municipali, non dalle aziende dei servizi, ma dal comune, che ha il compito di governare e coordinare ogni singolo elemento. A questo servono gli strumenti urbanistici e normativi.
Governare la complessità è un problema non trascurabile. Le dotazioni presenti negli spazi urbani dipendono da una moltitudine di fattori e di interpreti che si occupano di strade, segnaletica, fognature, utenze varie, trasporti, comunicazione e pubblicità, igiene urbana, telefonia, distribuzione bibite, acquedotto, vigilanza e così via. Ogni attore vede le proprie dotazioni come al centro del mondo e non prevede il contesto. Dove il singolo prende il sopravvento sul tutto, regna il caos e il brutto.

Arredo che si consuma
Mentre da una parte l’impegno riguarda l’aggiornamento dei servizi, dall’altra si lavora per mantenere in efficienza quelli che ci sono.
Il degrado delle strutture di arredo avviene per tre cause: naturali, umane e funzionali. Diventano quattro se riconosciamo alle cause umane il duplice aspetto di vandalismo e usura. Su tutti però è preponderante il vandalismo: per imprevedibilità, violenza e diffusione. Ma soprattutto perché oggetti vandalizzati offrono un pessimo biglietto da visita del posto, della comunità che lo abita e dalla amministrazione che lo governa. Il vandalismo colpisce dove è più sensibile l’attenzione della gente. Colpisce il quotidiano, ad altezza degli sguardi, sulle cose che si usano. È infido e vigliacco, ma è una forma di grande efficacia per chi lo compie: pochi rischi, grandi risultati. Più questi sono evidenti e permangono nel tempo, più il vandalismo decreta il suo successo.

L’uso e il cattivo uso
L’uso corretto delle cose, anche se prolungato, non provoca un grave degrado. L’arredo urbano è fatto per durare e non teme questa insidia. Una panca molto usata mostra parti più lucide, come il boccaglio delle fontane e i corrimano. Ma questo è poca cosa. all’aperto, ciò che l’uso può consumare, la natura consuma prima.
Il sole provoca solo danni superficiali e colpisce la verniciatura, l’aspetto del materiale, il colore. L’acqua è più insidiosa perché può penetrare all’interno della struttura e comprometterne la stabilità stessa dei materiali. Legno, pietre morbide e porose, metalli, cemento armato, cotto.
L’usura di parti immobili è poco significativa. La più evidente e preoccupante è quella che riguarda le pavimentazioni e in generale le parti a terra, sulle quali si riversano scorrimenti, sfregamenti, attriti, vibrazioni, sovraccarichi e altre azioni estenuanti.
Il degrado funzionale è legato all’inutilizzo. Può essere causato da rotture, cattivi funzionamenti. Ma anche dal cessato interesse o dalla mancata manutenzione. Cose inutili che non servono, che nessuno sposta più perché spesso sfuggono dal controllo dell’amministrazione. Cartelli, soprattutto, ma anche pali, supporti. Fioriere che rimangono vuote per mesi, oppure fontanelle fuori servizio per decenni. Rimuovere certi arredi è molto più laborioso che metterli e soprattutto non ci guadagna nessuno. L’arredo ha un ancoraggio al suolo, rimuoverlo significa creare un buco. Quindi si aspetta un occasione propizia di altri interventi.

Arredo privato e facciate
Il decoro dello spazio pubblico è beneficio di tutti, ma è anche un onere. Il Comune di La Spezia, come altri in Italia, ordina ai proprietari degli edifici prospicienti percorsi e piazze pubbliche di riguardare lo stato di conservazione delle facciate. Il Regolamento di Arredo Urbano prevede che le facciate malconce o imbrattate, debbano essere ripristinate e ridipinte. I cittadini si lamentano perché non hanno la possibilità di prevenire o di combattere tale fenomeno che costa alle loro tasche cifre ragguardevoli. Le multe sono previste in tutta Italia, ma I pochi casi di accertamento e condanna che si leggono sui giornali, sembrano essere punte di iceberg.

Informare: ogni danno ha un prezzo

A Grosseto, per ripulire parchi e giardini da carte, lattine, bottiglie e cicche di sigarette il Comune spende in un anno più di 50mila euro.
Il comune ha adottato un sistema originale, apponendo cartelli che informano i cittadini, ma che si rivolge soprattutto a chi prende di mira cestini o giochi pubblici. In uno si legge, infatti: “Per riparare cestini e giochi spaccati dai vandali il Comune spende più di 50mila euro”. Oppure: “Per riparare gli atti vandalici del Parco del Fiume Ombrone, il Comune ha speso oltre 15mila euro”, e ancora: “Rubare le piantine pubbliche, sporcare le fontane, rompere le staccionate, i cestini o i giochi, mantenere scarso senso civico e compiere azioni vandaliche, pesa sulle casse pubbliche circa 250mila euro all’anno.”

Il popolo contro
Cassonetti bruciati o divelti; verde pubblico deturpato; autobus e metro massacrati e imbrattati. A Scauri (Latina) alcuni vandali hanno fatto esplodere i parchimetri…è l’Italia dei vandali che costa allo Stato ben oltre 5 milioni di euro nel 2003. I costi più alti pesano sulle amministrazioni pubbliche, costrette a spendere circa 3,2 milioni di euro per il ripristino di quanto rotto o imbrattato. Minori sono stati i costi per le aziende di igiene ambientale e di trasporto: rispettivamente 1,2 milioni di euro e 870 mila euro.
Non sempre è possibile affrontare la spesa subito e riparare a questi danni in tempi brevi. Bisogna attendere la disponibilità di risorse che dipendono da percorsi burocratici tortuosi. Quindi la lotta al degrado si pone subito come una lotta difficile, continua e costosa. Prevenire è importante, ma quando succede il peggio occorre essere pronti.

Prevenzione
Si articola su tre livelli. Deterrenti, protezioni e controlli. Potremmo anche definirle misure dirette o indirette, secondo se danno vita ad una azione che coinvolge il bene oppure lavora in generale sul contesto sociale e ambientale.
I deterrenti sono misure indirette che stabiliscono un disincentivo al compimento dell’azione delinquenziale. Sono di tipo pratico, fisico, psicologico. Comprendono anche semplici azioni come la pronta sostituzione dell’elemento vandalizzato o l’effetto dell’atto di vandalismo. Cancellare prontamente le scritte, aggiustare le cose, sostituire immediatamente gli oggetti ammalorati, costituisce un deterrente in quanto viene a mancare l’effetto spettacolare dell’atto vandalico. Colorare la Fontana di Trevi di rosso non è grave come riempirla di acido. Ma il rosso è scenografico e fa il giro del mondo. Un atto vandalico perfetto: danno e clamore. Un atto che ne spinge altri mille per emulazione. Se avessero coperto la fontana con un telo, a parità di danno, l’effetto si sarebbe ridotto moltissimo. Nascondere il danno fino a quando non è stato riparato è un buon sistema per mettere in sicurezza l’oggetto e togliere dalla piazza l’evidenza del dissenso, della pazzia o semplicemente della noia.
Il pronto intervento è quindi un deterrente, l’importante è che chi interviene sappia quello che fa altrimenti rischia di compiere più danni del vandalo.
Altri deterrenti sono le sanzioni. Ma chi vandalizza sa benissimo che la percentuale di chi la fa franca è troppo alta per preoccuparsi seriamente.
È necessario allora dare il massimo risalto alle notizie dei controlli, delle persone trovate in flagranza di reato, delle pene comminate, dei risultati ottenuti.
L’argomento protezioni si esaurisce in breve. Con l’arredo urbano sono quasi impossibili, per definizione. Sono gli oggetti più difficili da difendere perché disponibili a tutti e a tutte le ore.
Sul controllo invece si giocano le carte più pesanti. Il controllo per eccellenza è la vista, perché l’effetto dell’azione deve rimanere evidente, ma la sua esecuzione nascosta a tutti. Quindi tutti gli occhi umani e artificiali sono utili allo scopo. L’istallazione di sistemi di videosorveglianza sono stati un vero boom, tanto che alcune zone della città hanno una densità impressionante di occhi artificiali puntati. Finora è il sistema più utilizzato, soprattutto come deterrente. Però un conto è l’ingresso di una banca. È più difficile controllare con telecamere o altro, ogni singola panchina o cestino dei rifiuti.
Risulta più utile in questo caso un controllo sociale, operato dalle persone. Non inteso a veder cosa succede, ma a creare le condizioni perché nella città regni un clima positivo.

Monza, Lavorare con la popolazione contro il degrado
Condividere il disagio con chi lo subisce. La popolazione è la vera vittima degli atti vandalici. Deve subire i danni e pagarne le riparazioni. Proprio oggi il giornale riporta di una esperienza di cento alunni delle scuole elementari di Monza che sono stati arruolati come guardie ecologiche comunali. Aiuteranno a riconoscere e combattere reati ambientali come le discariche abusive, l’inquinamento dei corsi d’acqua e gli atti di vandalismo nei giardini pubblici. Armati di blocchetto per i rapporti sulle infrazioni da segnalare alle guardie ecologiche volontarie (Gev) del Comune di Monza. Si affiancano così alle Guardie Ecologiche Volontarie del Comune brianzolo, che negli ultimi due anni hanno effettuato 530 interventi. Prevenzione e presidio è una accoppiata da imitare.

Roma, 2000 spie per l’arredo

Non tutte e città possono disporre del sistema di videosorveglianza di Roma, che tiene costantemente monitorati i monumenti e le aree sensibili con migliaia di telecamere per ventiquattr’ore al giorno. Il patrimonio più prezioso del mondo merita attenzioni particolari, ma anche costi particolari, che certo non sono alla portata di tutti i sindaci.

Tutti vedono. Investire nel bello
La definizione di arredo comprende l’attenzione all’estetica. Se decade il senso della bellezza viene meno la funzionalità. L’arredo urbano è di tutti; non sono solo di chi lo usa, ma anche di chi lo guarda. Un concetto fondamentale che sposta l’attenzione dalla durabilità e utilizzabilità alla più complessa efficienza funzionale che comprende tutti i requisiti di base. Molte delle fontane rimangono a caratterizzare un angolo della città anche quando sono fuori uso. Eppure sono oggetti inservibili. Quando un oggetto è bello, non tramonta mai e si mantiene un posto sulla scena.
In città non esiste oggetto importante che non sia duraturo. Durata e valore urbano sono in questo caso legati a filo doppio.
Non esprimo un parere negativo sull’effimero o il temporaneo, ma rimarco che il tempo è un requisito basilare. La memoria di un luogo passa attraverso gli oggetti che l’arredano. Con alcuni paradossi, come per esempio elementi ritenuti gregari, che a volte durano oltre l’oggetto che proteggevano: è il caso delle recinzioni, delle barriere o altre protezioni. Dipende molto dalla cura con cui sono realizzati e dalla loro solidità funzionale oltre che fisica.

Manutenzione Ordinaria del Verde Pubblico: fare stare bene le cose

l monitoraggio periodico di tutte le aree verdi di competenza e la manutenzione delle stesse, consiste nella riparazione, sostituzione o integrazione degli elementi di arredo urbano (panchine, cestini, fioriere, cartelli, dissuasori), usurati o danneggiati, nonché riparazioni di piccole parti di recinzioni, manufatti, parti di pavimentazioni. La manutenzione ordinaria consiste anche nell’adottare misure preventive per mantenere il livello di sicurezza e funzionalità delle attrezzature.
• Lubrificazione delle parti meccaniche soggette a usura per attrito
• Bloccaggio di tutti i pezzi assemblati e pezzi di fissaggio
• Registrazione delle viti e dei bulloni
• Interventi di protezione delle parti metalliche arrugginite
• Controllo ed eliminazione dei chiodi sporgenti o delle schegge di legno
• Sostituzione bulloneria o piccoli elementi di assemblaggio danneggiati
• Controllo suolo di atterraggio per giochi di movimento
• piastra di fissaggio della attrezzatura al suolo
• Verifica degli eventuali parti rotte o mancanti

Manutenzione Straordinaria: pronto intervento e nuovi adeguamenti

La prima preoccupazione è di mantenere la sicurezza eliminando le eventuali cause di pericolo. La manutenzione straordinaria interviene con interventi radicali e a lungo termine, in caso di notevole degrado o di pericolo, con interventi provvisori e con successivi intervento definitivi e risolutivi. Sono lavori non previsti per la manutenzione ordinaria, che si rendono necessari anche a seguito dei controlli per la sostituzione e la riparazione di parti danneggiate. Gli interventi sono indicati nella Scheda Manutenzione, ma prima di intervenire occorre presentare una proposta con il relativo preventivo di spesa. In caso di mancata accettazione da parte del committente si procede allo smontaggio o alla rimozione dell’attrezzatura. Anche la riverniciatura e il lavaggio rientrano nella manutenzione straordinaria.

Riparare, integrare o sostituire

Tre modi diversi di intendere la manutenzione. La riparazione può essere programmata in base a dati statistici (che però sono molto diversi da caso a caso) e rientrare nelle voci di manutenzione ordinaria, mentre integrazioni e sostituzioni sono generalmente da ritenersi opere straordinarie.
Si può puntare sulla sostituzione (senza mettere in conto la manutenzione ordinaria) avvalendosi di materiali di buona qualità che non hanno bisogni di interventi fino al giorno (ma si parla di minimo 10 anni) in cui si provvederà alla completa sostituzione. Questa scelta non può essere applicata a materiali deperibili come il legno che necessita di manutenzioni continue prima della sostituzione.

Oggetti usa e getta
Puntare sulla sostituibilità dei pezzi non è sempre una buona scelta. Tutto dipende dalla continuità con cui si possono reperire i pezzi sul mercato. L’arredo dell’esterno tiene conto di una lunga durata. Nello stesso periodo, non sempre è possibile garantire la disponibilità degli stessi articoli
Altri oggetti sono sostituibili, a volta velocemente. Panchine, cestini, piccole attrezzature. Un tipo di soluzione molto vicina all’ideale ambientalista delle Amministrazioni. Il risparmio economico invece si può misurare sui grandi numeri, in quanto il personale addetto rimane il costo più alto e la presenza di una squadra di operatori è giustificata solo per dotazioni urbane che si misurano in parecchie migliaia di pezzi. Diversamente rimane la doppia alternativa del servizio “tutto compreso” o l’intervento “a chiamata”. In entrambi i casi la tempestività è molto ridotta rispetto all’intervento diretto.

Invecchiamento e degrado, Invecchiare bene

Ogni materiale che sta all’esterno abbisogna di operazioni di manutenzione, prima o poi. Il fatto che i periodi siano così lunghi, diventa quasi uno svantaggio.
L’olio è alla base di molte protezioni, non solo del legno, ma anche della ghisa. Il principio è sempre lo stesso: il grasso che l’olio contiene è alla base del processo protettivo. In Irlanda per esempio dove l’olio è di difficile reperimento lo stesso risultato è ottenuto con il luppolo. In altri casi di sfregamento, la lucidità del materiale di ghisa è dovuta alla azione del grasso umano.
Il cemento armato invecchia peggio della pietra. Il granito invecchia meglio dell’arenaria. Invecchiare bene è un valore da riconoscere.
In certe città non si bada tanto alle soluzioni adottate per pavimentare le superfici (che comunque vengono usurate e quindi hanno un ciclo più breve) ma si guarda soprattutto che i cordoli siano di granito e quindi praticamente eterni.

Brevi esperienze
Non abbiamo molta esperienza di aree attrezzate e aree gioco. Ci sembra esistano da sempre, ma sono dotazioni molto recenti. Esistono solo dal dopoguerra. Mentre panchine, fontanelle, chioschi, recinzioni, dissuasori, hanno già oltrepassato le soglie di due secoli, le aree attrezzate per i giochi, i cani, sono molto più recenti perché provengono da esperienze degli anni 60 e 70. A quel tempo si lavorava con attrezzature artigianali, dove l’attenzione alla sicurezza era un optional e non una norma. Oggetti generalmente di ferro, per essere pronti ad affrontare l’usura, più simili a ponteggi che a oggetti di design: “design da carpentiere”, lo definirei. Poi il settore è stato scoperto da artisti e designer veri. Ma questa è storia più recente.
Quello che ci rimane è una serie di considerazioni che riassumono lo spirito di questo articolo. Alcune riflessioni e spunti per buone norme di progettazione e di gestione dell’arredo.
Innanzitutto la considerazione che l’arredo urbano è un fatto sociale, prima che tecnico. Da qui nascono i problemi principali dell’arredo che non sono la scelta del disegno migliore, ma studiare come può durare. Superando l’ostacolo del tempo e del degrado. Combattendo il vandalismo con interventi efficaci e veloci. E ricordandosi di coinvolgere la popolazione.
Poi una considerazione sulla semplicità. La semplificazione dell’arredo porta anche ad una semplificazione della manutenzione. I progetti ad hoc procurano problemi di gestione della cosa pubblica. Meglio interventi che si integrano in un progetto più vasto e coordinato. Standardizzazione e magazzino corto. Conviene avere un modello solo di panchina? Certo i costi bassi, la facile reperibilità, la sostituzione veloce. Ma siamo sicuri di avere soddisfatto tutti? Il dubbio mi rimane. Semplificare non è banalizzare e non è standardizzare: il proliferare di elementi ripetuti come i dissuasori, non sempre sono giustificati dalla funzione.
Poi, puntare su materiali di lunga durata. Il fatto che all’estero abbiano puntato sul cor-ten è da vedere nell’ottica della durabilità del materiale .
Bisogna imparare a non premiare eccessivamente chi realizza a scapito di chi mantiene con giustezza a parsimonia. La realizzazione si vede, la manutenzione no. A nessuno piace spendere soldi solo per mantenere cose. E meglio realizzarne di nuove, anche il mercato accelera verso questa scelta. Con prodotti di breve durata, ma molto evidenti. Per esempio: fioriere, ponti in legno, prato. Ecco l’esempio perfetto: il prato come elemento di arredo urbano è spesso una scelta scellerata. Sembrerebbe a prima vista innocuo e poco costoso. Se valutato attentamente si scopre che è una vera falla per le casse pubbliche.
Rimango del parere che non si debba inseguire le infrazioni ma puntare all’educazione dei cittadini e alla certezza della sanzione. Ci sono punti della città cosparsi di dissuasori. Troviamo sistemi per rendere impossibile ogni infrazione e liberiamo le città da tutti gli orpelli.
Divido l’arredo in due tipi. Quello che serve e quello che disciplina. Uno è utile, l’altro serve perché siamo troppo indisciplinati. In auto, in moto, a piedi. Anche quando stiamo fermi. Sull’arredo del secondo tipo, si può lavorare molto. In sottrazione.
Tutto ciò che viene introdotto in città dovrebbe appartenere alla categoria decoro. Oggetti come telecamere, pali della luce o di sostegno cavi, cabine elettriche (sono orrende), armadi di sezionamento dei quadri elettrici (più brutti e numerosi delle precedenti) andrebbero garantiti anche dal punto di vista del design. La realtà invece è che la città è fuori controllo. Una serie di oggetti brutti non è la fine del mondo. Una infinità di serie si. I semafori erano fatti per regolare il traffico. All’inizio un solo semaforo. Ora sono anche 40 in una piazza come lamentava tempo fa un lettore del Corriere della Sera. È solo una questione di sicurezza?. No. Ci sono così tanti elementi in una città che per dire una cosa è necessario ribadirla 100 volte prima di essere ascoltati. Il semaforo ha perso autorità. Siamo noi ad avergli tolto il potere di comandare, circondandolo con altri segni più grandi più vistosi. Per certi versi più autorevoli. Non mi stupirei che in futuro i semafori si mettano a gridare per farsi rispettare. Il concetto dovrebbe essere un altro: sei a un incrocio, sei proprio sicuro sia il tuo turno? Guarda bene. Sappi comunque che qualcuno ti osserva. Vedi tu.

Di Paolo Villa

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