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“Il codice degli appalti tra soggetto e desiderio” delinea una nuova alleanza tra Stato e impresa a ISSA Pulire 2025

Al convegno tenutosi il 29 maggio a ISSA Pulire 2025 si è affrontato un tema cruciale: come il nuovo Codice dei Contratti Pubblici possa diventare uno strumento reale di alleanza tra Pubblica Amministrazione e imprese, orientato al risultato, alla fiducia e ad un’antropologia positiva.

Un nuovo sguardo sul Codice dei Contratti Pubblici Ne hanno parlato relatori del calibro di Luigi Carbone, presidente di Sezione del Consiglio di Stato e ideatore del Codice, e Giulio Sapelli, economista, moderati dall’avvocato Massimiliano Brugnoletti. “Il Codice degli Appalti tra soggetto e desiderio” ha rappresentato uno dei momenti di riflessione più intensi e stimolanti dell’edizione 2025 di ISSA Pulire. Al centro del dibattito: la sfida di costruire un nuovo patto tra imprese e Pubblica Amministrazione. Il giurista Luigi Carbone, presidente di Sezione del Consiglio di Stato e tra gli estensori del Codice, ha sottolineato come il vero obiettivo della normativa non debba essere il controllo fine a sé stesso, ma il risultato, ovvero la realizzazione concreta dell’opera o del servizio.

La legge come libertà: regole per realizzare desideri. Qual è il desiderio della legge? “La legge è libertà”, ha affermato Carbone, citando il concetto che più ha ispirato la stesura del nuovo codice. Le norme non sono viste come una gabbia prescrittiva, ma come paletti dinamici per ordinare la libertà di tutti. Non basta più pensare e applicare la legge come un freddo algoritmo ma occorre tener conto delle emozioni, dello slancio umano, dell’imprevedibile. Carbone ha sottolineato che scrivere una norma oggi è più difficile che scrivere un algoritmo di intelligenza artificiale, perché implica considerare anche la dimensione umana. La provocazione lanciata da Carbone è stata netta: qual è il vero desiderio alla base delle norme? È davvero il controllo poliziesco? Oppure il desiderio è quello di realizzare un’opera, fornire un servizio, tutelare i cittadini garantendogli scuole, strade, pulizia, mense e assistenza? Il nuovo codice ha scelto questa seconda via espressa chiaramente nell’articolo 1. Il desiderio è il risultato. La concorrenza, la trasparenza, l’anticorruzione sono strumenti, non fini in sé. Servono a fare, non a bloccare.

La visione di Giulio Sapelli: solo il linguaggio condiviso crea comunità L’economista Giulio Sapelli ha offerto una visione antropologica e culturale del rapporto tra PA e impresa. Ha distinto tra lingua e linguaggio: la prima come patrimonio fonetico, il secondo come forma organizzata di comunicazione per raggiungere scopi. È compito della Pubblica Amministrazione costruire un linguaggio condiviso, che non opprima ma dialoghi con l’impresa. Solo così può nascere una vera comunità nazionale, uno Stato che non sia apparato, ma organismo vivo al servizio dei cittadini.

Una visione fondata sull’antropologia positiva Giulio Sapelli ha insistito a lungo sul concetto di antropologia positiva, che presuppone che cittadini e imprese, nella maggior parte dei casi, siano mossi da intenzioni buone, non fraudolente, così come dovrebbe essere nei normali rapporti di convivenza civile. Entrambi i relatori hanno poi sottolineato un punto decisivo, ovvero che l’idea di fondo del nuovo codice sia proprio l’antropologia positiva. Carbone ha evidenziato che presupporre il ‘sospetto generalizzato’ è un modo per far aumentare i costi di controllo, bloccare il sistema, mortificare l’iniziativa. Il nuovo codice scommette sulla fiducia intelligente, quella tracciabile, resa possibile dalla trasparenza digitale.

Il paradigma della trasparenza: come in una cucina a vista Non si tratta di eliminare i controlli, ma di trasformarli: non più comando e ispezione, ma verifica diffusa e tracciabilità. Come nei ristoranti moderni, dove la cucina è a vista: il cliente vede cosa accade, e per questo si fida. La digitalizzazione, è stato detto, è una componente decisiva nell’applicazione del codice. Così la legalità non si difende solo con la repressione, ma con la tracciabilità dei processi. Il Codice, ha spiegato Carbone, punta tutto su due concetti cardine: risultato e fiducia. Non ci si limita ad aggiudicare un contratto: lo si deve eseguire. La pubblica amministrazione, nel dubbio tra un atteggiamento prudente e uno attivo, deve scegliere ciò che conduce all’opera finita, al servizio erogato. “Nel dubbio, dirigiti verso il risultato”, queste le sue parole.

Una norma che educa, una sfida di civiltà Giulio Sapelli ha voluto sottolineare che il Codice ha anche una funzione educativa. Insegna ai giovani e agli operatori che lavorare, anche in settori volgarmente considerati umili, come le pulizie professionali, è un atto di dignità, un servizio fondamentale per la collettività. Non esistono lavori di serie B ed è anche compito della legge trasmettere questo messaggio. Carbone ha aggiunto che il codice non è un manifesto utopico, ma uno strumento vivo, pensato per incidere sulla vita concreta delle imprese e delle persone, delineando e spiegando i commi 1 e 2 dell’articolo 1, l’articolo 2 della fiducia e gli articolo dal 94 al 98 sulle clausole di esclusione, che fino a poco tempo fa rappresentavano la quasi totalità dei contenziosi, provocando ritardi e blocchi nei lavori e nel servizio. Ampia trattazione è stata data anche al principio della conservazione dell’equilibrio contrattuale, sempre nell’ottica della fattiva attuazione dei principi fondamentali di fiducia e risultato. Il nuovo Codice degli Appalti rappresenta, nelle parole dei suoi protagonisti, un passo avanti nel processo di civilizzazione. È il tentativo di superare il modello dell’antagonismo tra imprese e apparati pubblici e costruire una relazione di corresponsabilità, fondata su obiettivi comuni e linguaggi condivisi. È un cambio di paradigma, forse il più importante, ovvero la legge come strumento per realizzare il desiderio collettivo di progresso, giustizia, sviluppo.

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