HomeNewsletterAppalti: termine di 30 giorni per impugnare l’atto di adesione

Appalti: termine di 30 giorni per impugnare l’atto di adesione

E’ davvero molto interessante, per il settore pulizia/ multiservizi/ servizi integrati, la sentenza del Consiglio di Stato n. 2261 depositata il 28 marzo 2022, con cui la III Sezione -presidente Michele Corradino- ha stabilito che il termine per impugnare l’atto con cui un’Amministrazione aderisce alla convenzione di una centrale di committenza (cd. atto di “adesione”) decorre dalla sua data di pubblicazione sul sito internet dell’Amministrazione aderente, e inoltre che è onere degli operatori economici consultare i siti istituzionali per tenersi aggiornati (onere di verifica).

Il caso riguarda proprio un servizio di pulizia e smaltimento rifiuti presso un’Azienda sanitaria territoriale lombarda: nella fattispecie una società, affidataria dei servizi all’epoca dei fatti, impugnava l’atto di adesione dell’Amministrazione a una Centrale di committenza regionale, ritenendolo lesivo per i propri interessi, e contestando anche il fatto di non esserne stata individualmente informata. Ora, sebbene il ricorso fosse stato presentato oltre il termine di 30 giorni dalla pubblicazione della comunicazione sul sito dell’amministrazione, veniva accolto dal Tar, che sosteneva che alla pubblicazione del provvedimento impugnato sul sito istituzionale dell’Azienda Sanitaria non fosse correlato per legge un effetto di pubblicità legale. In pratica il termine di impugnazione non andava identificato dalla data di pubblicazione del provvedimento sul sito istituzionale, ma da quella di notificazione individuale dell’atto stesso, peraltro mai avvenuta.

A questo punto, a fronte dell’appello presentato al CdS da parte della società controinteressata per “grave erroneità in fatto e in diritto da parte del Giudice di primo grado in relazione all’eccezione di tardività del ricorso di primo grado”, i giudici di Palazzo Spada hanno ribaltato l’esito del contenzioso adducendo che, trascorsi i 30 giorni dalla pubblicazione dell’atto di “adesione” sul sito, il provvedimento non poteva più essere contestato in giudizio.

Va detto che l’art. 29 del Codice appalti dlgs 50/2016, modificato dall’art. 53, comma 5, lettera a), sub. 2) della legge n. 108/2021, prevede che “gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l’affidamento e l’esecuzione di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni… devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente” con l’applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”. Inoltre che “i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla pubblicazione sul profilo del committente”.

Insomma, la pubblicazione sul sito dell’amministrazione era sufficiente a far percepire una eventuale lesività del provvedimento di adesione alla convenzione per l’attuale titolare dei servizi. Inoltre il Consiglio ha stabilito un altro principio importante: è onere degli operatori economici consultare costantemente il sito dell’amministrazione per tenersi aggiornati (cd. onere di verifica). Pertanto non si può in casi come questo invocare alcuna illegittimità del provvedimento di adesione assunto dall’Amministrazione appaltante. La recente pronuncia del supremo giudice amministrativo assume particolare rilievo per gli aggiudicatari delle gare regionali -che potrebbero contestare “adesioni” alle convenzioni Consip di pari contenuto-, ma anche per chi si aggiudicasse gare “autonome”, ad esempio in caso di recesso dell’amministrazione per adesione a una convenzione centralizzata.

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