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La manutenzione: un “laboratorio” di servizi integrati

La manutenzione come “laboratorio”

Le nuove attività che così si svolgono nell’ambito della manutenzione, tendono ad assumere connotati di eccellenza, proponendosi attraverso una sorta di sperimentazione continua, di fatto svolta in veri e propri “Laboratori Manutentivi” che, nel caso specifico delle città, assumono connotazioni di strutture socio-tecniche del tipo “Laboratori di Quartiere” o “Laboratori Urbani” e su di esse si sono già realizzate alcune significative applicazioni pratiche.

Il “Laboratorio Urbano” costituisce la premessa concettuale e sperimentale per pervenire a una vera e propria “impresa di manutenzione della città”3, la quale va pensata come una organizzazione adatta ad assicurare un processo continuo di manutenzione a un qualsiasi patrimonio edilizio diversificato. Una organizzazione, inoltre, in grado di facilitare la comunicazione, lo scambio e la conservazione delle informazione relative ai processi di intervento conservativo. Un’impresa del genere deve avere caratteristiche di flessibilità per poter soddisfare esigenze sia programmate sia di emergenza, e per questo va pensata come una rete policentrica da dislocarsi in ciascun quartiere con strutture chiamate appunto “Laboratori di Quartiere”, per poi coordinarsi centralmente proprio per mezzo del concetto di “impresa rete”. È, questo, un nuovo modello imprenditoriale che immagina di collegare organizzativamente – attraverso una serie di strutture reticolari – le tecnologie, in particolare quelle informatiche che caratterizzano le imprese, nonché gli individui che vi operano come knowledge worker, ovvero come collaboratori caratterizzati dalla conoscenza che li rende in grado di operare alla stregua di veri e propri “imprenditori di se stessi”. L’impresa rete risponde anche alla ipotesi di instaurare molteplici rapporti esterni di collaborazione con altre unità imprenditoriali, che nel loro insieme determinano la “macroimpresa”, ovvero un insieme di imprese che configurano una struttura complessa per realizzare gli obietti di gestione, che sia in grado, anche, di consentire una razionalizzazione dei contratti di acquisto di forniture e di prestazioni varie4. Obiettivi che proprio nel campo manutentivo possono trovare in questi nuovi modelli imprenditoriali il miglior modo per evolvere in termini soddisfacenti.

La manutenzione di “eccellenza” diviene così strumento di conservazione, di qualità, di affidabilità, e anche di ragionata conoscenza, premessa per sofisticati processi di formazione continua rivolta a tutti i partecipanti all’evento gestionale, siano essi i professionisti degli interventi o gli utenti che a tali interventi devono attivamente collaborare. I manutentori finiscono per assumere connotazioni di knowledge worker, ovvero operatori che fanno della conoscenza il loro strumento strategico d’azione.

La manutenzione, dunque, è diventata a tutti gli effetti una “scienza della conoscenza e della conservazione urbana”, che comprende le attività di vero e proprio mantenimento prestazionale, le operazioni di recupero, quelle di ripristino e di rivitalizzazione, queste ultime necessarie per far rivivere effettivamente gli antichi fabbricati una volta che sono stati ripristinati.

Si delinea così una differenza sostanziale nell’interpretazione scientifica delle situazioni connesse alla manutenzione. Si procede, infatti, con azioni di conservazione alle quali oggi si devono affiancare costantemente veri e propri interventi tendenti all’adeguamento alle finalità che i manufatti dovranno svolgere nel futuro. Questa distinzione tende a divenire fondamentale nella definizione del concetto di manutenzione. Ecco allora che la manutenzione si proietta verso il futuro partendo dalla conservazione della storia del passato, diventando quindi oggetto di programmazione sempre più finalizzata ad adeguare le prestazioni alle esigenze che il presente proietta continuamente verso le incognite del domani. Ed è proprio l’aspetto finalistico che rende oggi la “manutenzione” una parte della scienza dei sistemi, ambito nel quale tende a utilizzare le concezioni cibernetiche così come sono delineate negli studi che interessano questa nuova scienza.

“Scienza nuova” che sa d’antico, se si pensa che fu André-Marie Ampére, vissuto fra il 1775 e il 1836, a introdurre il termine “cibernetica” nel suo Saggio sulla filosofia delle scienze, con il significato di “guida” per la classificazione del sapere scientifico. Si ispirava all’origine greca del termine e al suo significato di “guida” in particolare nell’arte navale. Il termine sarà poi ripreso da Norbert Wiener (1894-1964) che, nel 1947, lo usò per indicare la nuova scienza dell’informazione finalizzata alla regolazione e al controllo dei sistemi complessi, alla retroazione o feedback così come si manifestano e possono essere realizzati nel mondo degli organismi viventi, nell’ambito della tecnica, nelle interazioni fra individui e tecnologie strumentali.

Il concetto di “sistema” pone l’attenzione in particolare sulle interazioni presenti nell’ambito di un insieme articolato di elementi – di natura tecnica, ma anche di individui – tesa al conseguimento di una finalità, di un obiettivo comune. Nel suo significato emerge la unitarietà strutturale pur nella diversità delle parti componenti, determinata dall’ordine finalistico che caratterizza l’insieme. In proposito vale la pena ricordare la definizione di sistema suggerita da Ludwig von Bertalanffy (1901-1972), che della nuova scienza fu il

fondatore. Secondo Bertalanffy: “Un sistema può essere definito come un insieme di elementi che interagiscono fra di loro e con l’ambiente circostante”5. E dunque appare chiara l’importanza dello scenario esterno nel quale il sistema si trova a operare.

Ritornando alla definizione di “manutenzione”, questa può assumere connotazioni di conservazione, ma anche – e oggi forse soprattutto – di adeguamento alle mutevoli esigenze di un mondo in costante cambiamento. Il discorso ripropone così il concetto di “ambiente circostante”, proprio con l’enfasi a esso attribuita da Bertalanffy. Ecco perché è indispensabile interpretare il processo come espressione di un macrosistema complesso, composto da due sistemi in interazione: il “sistema operativo” che produce manutenzione, e il “sistema oggetto” dell’azione manutentiva. In entrambi i casi i sistemi presentano natura socio-tecnica, essendo determinati dall’interazione di strutture tecniche con azioni espresse dai protagonisti, che diventano dunque socialmente significative. Anche per questo il macrosistema manutentivo deve essere corredato di un efficace sistema di informazione, reso efficiente da adeguate strutture di comunicazione in grado di convogliare le informazioni nei tempi e nei modo prestabiliti. In particolare, va ricordata a questo proposito la legge per la quale l’efficacia dell’informazione è direttamente proporzionale alla rapidità con la quale viene percepita. In sostanza, è preferibile un’informazione poco precisa e tuttavia attuale piuttosto che un’informazione molto precisa, ma tardiva e quindi inattuale.

Nell’ambito del macrosistema manutentivo il processo conoscitivo deve essere progettato in modo da consentire di ottenere sia informazioni interne derivanti dall’oggetto su cui intervenire, sia informazioni che provengono dal mondo esterno in relazione alle funzioni svolte da quell’oggetto per evidenziare le eventuali esigenze di adeguamento alla mutevole realtà nella quale esso deve operare. Verrà in tal modo a instaurarsi un duplice canale informativo: all’interno, per consentire di intervenire sulla conservazione dell’oggetto con riferimento alla sua storia, rimuovendo le cause delle eventuali disfunzioni. E all’esterno, per individuare le finalità operative da perseguire in adeguamento alle esigenze dello scenario nel quale l’oggetto della manutenzione deve operare. Perciò, la struttura informativa deve essere in grado di evidenziare immediatamente sia le necessità interne di intervento sul degrado, sia le istanze che provengono dall’esterno per le nuove e sempre mutevoli esigenze emergenti nello scenario in continua mutazione. Entrambe queste categorie di informazioni, peraltro, devono essere segnalate dagli utenti che, in quanto utilizzatori, sono anche protagonisti della gestione dell’oggetto da mantenere.

Emerge così la necessità di una specifica istruzione che va trasmessa al fine di migliorare l’inserimento degli utenti nel processo manutentivo. Si profila anche la necessità di una sorta di osservatorio che indaghi sullo scenario esterno, e sono proprio queste componenti informative-formative che fanno assumere al processo manutentivo una precisa connotazione di natura sociale oltre che specificatamente tecnologica. Ecco allora che in questi discorsi assume importanza fondamentale il processo di formazione sia del personale addetto sia degli stessi utenti i quali, utilizzando i prodotti, ne determinano la naturale obsolescenza. Si deve quindi innovare l’uso del “fare” collegandolo alla pratica del “sapere”, della conoscenza da acquisire preliminarmente e poi attraverso l’esperienza accumulata sul campo, fondamentale per consentire di ottimizzare gli interventi. Perciò la struttura che presiede alla manutenzione deve essere di fatto intesa come una vera e propria learning organisation.

Prospettive di sviluppo

Il concetto di manutenzione si estende così dall’ambito puramente tecnico a una dimensione sociale, legata in particolare alla funzione di educare gli utenti al miglior uso dei prodotti, in particolare quelli edilizi, abituandoli comunque a informare costantemente i responsabili operativi delle evoluzioni del degrado sul quale è necessario intervenire. Il sistema di comunicazione, portatore delle informazioni interne ed esterne, dovrà consentire una costante azione cibernetica di feed back, così da adeguare il processo manutentivo sia alle esigenze richieste dalla storia che compete all’oggetto da mantenere, sia al suo futuro. Perciò, il discorso andrà reso concreto immaginando il macrosistema manutentivo guidato da un processo di programmazione soggetto a un costante adeguamento, grazie proprio all’azione di feed back tipica di quel processo e posta in essere attraverso il sistema informativo descritto.

Le accresciute capacità di archiviazione dei dati, e quindi di accumulazione della conoscenza, diventano la premessa proprio per una migliore esecuzione programmata delle attività manutentive e per il conseguente controllo esecutivo in grado di assicurare qualità, sicurezza e perciò affidabilità da conservare mediante l’utilizzo costante di informazione e di formazione.

In questo quadro, il ruolo fondamentale e predominante è di nuovo assunto dall’essere umano, responsabilizzato come individuo creativo, protagonista delle nuove frontiere del sapere, premessa per migliorare l’attività pratica del fare, e in particolare proprio del fare manutentivo.

Il modello, che ha carattere generale, dovrà poter contare su forme organizzative ispirate a strutture reticolari, in grado di meglio coordinare le informazioni e le azioni diffuse attraverso una governance complessa, espressa da ciascun operatore nel ruolo di “imprenditore di se stesso” in grado anche di proporre leadership e innovazione continua. Leadership e innovazione che certamente consentiranno di fare evolvere ulteriormente l’attuale concezione della manutenzione, interpretandola sempre di più e sempre meglio come processo di eccellenza.

Note

1 G. Vico, “Principi di una scienza nuova”, in Opere, Mondadori, Milano, 1990.

2 T. Moro, L’Utopia o la migliore forma di Repubblica, Laterza, Bari, 1997.

3 G. Dioguardi, L’impresa nella società di Terzo Millennio, Laterza, Bari, 1995.

4 G. Dioguardi, Le imprese rete, Bollati Boringhieri, Torino, 2007.

6 L. von Bertalanffy, Teoria Generale dei sistemi. Fondamenti, sviluppo, applicazioni, Isedi, Milano, 1971.

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Gianfranco Dioguardi*

* Docente Politecnico di Bari, Componente Comitato Scientifico “FMI”

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