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Servizi di pulizia, criticità del bando AVCP

Pubblicato il 26 febbraio il Bando-tipo Avcp (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici) per l’affidamento dei servizi di pulizia e igiene ambientale nei settori ordinari. Il Bando, ma sarebbe più appropriato chiamarlo Disciplinare, è il primo documento di questo tipo emesso dall’Autorità, e punta a definire regole chiare ed efficientare la spesa pubblica.

Il disciplinare-tipo
Obiettivo centrato? In parte sì e in parte no, vediamo perché. Positiva, naturalmente, l’iniziativa dell’Autorità, che ha deciso di regolamentare la concorrenza nel settore cominciando, proprio dai servizi di pulizia, a dare attuazione concreta all’art. 64, comma 4-bis del decreto legislativo 163 del 12/4/2006 (Codice degli appalti), ove si stabilisce che: “I bandi sono predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di modelli (bandi-tipo) approvati dall’Autorità, previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentite le categorie professionali interessate, con l’indicazione delle cause tassative di esclusione di cui all’art. 46, comma 1-bis. Le stazioni appaltanti nella delibera a contrarre motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo”. Esiste dunqaue una fonte normativa che legittima l’Avcp a predisporre documenti come questo: il modello emesso rappresenta il quadro giuridico di riferimento sulla base del quale le stazioni appaltanti sono tenute a redigere la documentazione di gara. Siamo dunque di fronte a un nuovo e specifico passo nel percorso previsto dalla modifica all’art. 64 del Codice degli appalti. Si punta a ridurre gli errori, a standardizzare gli atti di gara e a razionalizzare la spesa pubblica. Ma se da un lato si è voluto ancorare il testo vincolante alle prescrizioni vigenti, dall’altro è chiara la volontà di non “ingessare” la gara in formule precostituite, lasciando alla stazione appaltante la libertà di calibrare lo svolgimento delle fasi operative ai contenuti propri del servizio da affidare. Quersto motiva la presenza, nel modello, di un contenuto prescrittivo e vincolante (contraddistinto dalla freccia nera a lato), in cui sono ricomprese le clausole tassative di esclusione, e di un contenuto prescrittivo discrezionale, riferito ad aspetti della procedura che devono necessariamente essere regolamentati nella documentazione di gara, ma per i quali residua, in capo alle stazioni appaltanti, un margine di discrezionalità nella definizione della relativa disciplina. Ci sono poi prescrizioni facoltative e soluzioni alternative, che corrispondono a diverse opzioni legittimamente ammesse dalla normativa.
Altro elemento da sottolineare come positivo è l’apertura dell’Autorità all’ascolto e all’accoglimento delle osservazioni dei soggetti interessati: oltre all’ok del Ministero delle infrastrutture e trasporti, previsto per legge, l’Avcp ha tenuto conto di oltre 90 osservazioni puntuali da parte di 16 tra stazioni appaltanti, associazioni di categoria e imprese.

Si discute sull’Allegato P
Diciamo anche che si tratta di un documento “a tempo determinato”: infatti entro marzo 2016 è previsto il recepimento nazionale delle Direttive comunitarie su appalti e concessioni approvate in gennaio dal Parlamento europeo, che introdurranno significativi cambiamenti anche nel mercato degli appalti di casa nostra e supereranno, giocoforza, le norme e le disposizioni attualmente in vigore, sulle quali si basa il Disciplinare-tipo Avcp. Ciò, se da un lato non toglie rilievo all’iniziativa dell’Autorità, dall’altro potrebbe in parte spiegare l’assenza, nel bando stesso, di (auspicati) elementi di innovazione. Un esempio su tutti, già criticato da molte imprese, è la riconferma del discusso “metodo per la determinazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui al punto II) dell’Allegato P al Regolamento” (con riferimento al metodo più semplice e di comune uso, ossia il metodo aggregativo-compensatore accuratamente descritto al paragrafo 18.1 del Bando), che comunque resta una delle opzioni percorribili dalla stazione appaltante, e dunque non è vincolante. Un punto, va detto, su cui l’Autorità sembra esprimere un punto di vista non del tutto chiaro, visto che nella nota-illustrativa diramata insieme al Bando, al punto 21, dapprima “si sottolinea che la stazione appaltante è del tutto libera di utilizzare uno degli altri metodi di cui al punto I) del medesimo Allegato P, quali i metodi AHP, TOPSIS, o altri metodi multicriteri/multiobiettivi che si rinvengono nella letteratura scientifica (praticamente un mare magnum, anzi, infinitum…), poi, poche righe più sotto, si ricorda che “qualora la stazione appaltante volesse inserire dei criteri aventi natura quantitativa, cioè misurabili attraverso un valore numerico, dovrebbe ricorrere alla formula V(a)i = Ra/Rmax, di cui al punto II), lett. B) dell’Allegato P.

Altre criticità
Restando alle criticità, molto si discuterà sui riferimenti all’art. 46, comma 1, del Codice degli appalti, che precisa: “Nei limiti degli articoli da 38 a 45 (che regolamentano le cause di esclusione), le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati”. In questo caso il Bando-tipo “supera” quanto strettamente previsto dalla normativa, invitando la stazione appaltante, ad esempio, a richiedere l’accettazione “senza condizione o riserva alcuna di tutte le norme e disposizioni contenute nella documentazione di gara” (15.11). Una prescrizione frutto della consuetudine (di solito si fa…) ma non prevista espressamente dalla legge, che potrebbe dare luoigo a impugnazioni o contenziosi in caso di dimenticanze, mancate integrazioni, superficialità. E’ altresì obbligatorio, nel dichiarare l’iscrizione al Registro delle Imprese o Albo provinciale delle Imprese artigiane, specificare la fascia di classificazione di cui all’art. 3 del dm 274 del 7 luglio 1997.
Alcuni elementi di criticità si registrano sul fronte delle Piccole e medie imprese, che potrebbero essere messe in difficoltà da due aspetti del Disciplinare: il primo, lo si trova al punto 13.8, dove si regolamentano i requisiti certificatori di consorzi, aggregazioni o raggruppamenti di imprese, si prevede che i requisiti di certificazione (Iso, Sa, Ohsas, Emas, ecc.), nell’ipotesi di raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario da costituirsi o già costituiti, o di aggregazione di imprese di rete, o di Geie, debbano essere posseduti da tutti gli operatori economici del raggruppamento, consorzio o aggregazione di imprese che eseguono il servizio. Sembra molto difficile, nel caso ad esempio di una Ati in cui imprese anche piccole, e non in possesso di tutte le certificazioni di realtà più strutturate, si aggreghino proprio per avere più possibilità di acquisire una commessa! Altro punto che potrebbe “dare un po’ di fastidio” alle Pmi è quello dell’avvalimento. L’avvalimento è possibile, come lo sarà anche alla luce delle Direttive europee, ma nei limiti della non frazionabilità del contratto cd. “di punta”. In breve: qualora l’avvalimento comprenda il contratto di punta, non essendo frazionabile quest’ultimo (es. ospedale da 500 posti letto, non frazionabile in due strutture da 250 ciascuna), non risulta possibile nemmeno effettuare avvalimento. Ulteriori perplessità suscita infine la disposizione (punto 4) secondo cui l’attestazione del requisito previsto dal comma 1 lettera c) del Codice (relativo ai cessati) deve essere resa anche personalmente da ciascuno dei soggetti cessati, oppure, qualora i soggetti suddetti non siano in condizione, da un legale rappresentante. Anche questa, all’atto pratico, sembra cosa molto difficile da realizzare.

E’ stato anche oggetto di riflessioni critiche il carattere freddamente “burocratico” del documento, che pur riferendosi a un settore tanto importante per la qualità della vita e per la salute di tutti noi e dei nostri figli (pensiamo alle pulizie negli ospedali e nelle scuole, giusto per fare uno tra i mille esempi), non contiene praticamente mai riferimenti espliciti

Superficiali gli esempi più “tecnici”
Questo, almeno, nella parte normativa. Ma se anche si passa a esaminare gli allegati più tecnici, ci si rende conto che al dettaglio quasi millimetrico che caratterizza la parte normativa non risponde, purtroppo, una altrettanto approfondita conoscenza delle specificità del settore. Bastino solo un paio di esempi per capirci: all’Allegato 2, dove si fanno esempi concreti dei servizi da effettuare, si utilizza ancora una terminologia superata e generica (spazzatura in luogo di scopatura, riferimenti a una non meglio precisata detersione e disinfezione…). E non viene mai fatto dovuito riferimento all’uso di macchine, attrezzature Eppure, come noi sappiamo bene, la ricerca in questo senso non si ferma mai, e fa di anno in anno passi da gigante proprio sul versante dell’innovazione e dell’efficientamento delle rese. Tutto questo, purtroppo, sembra ancora sfuggire a un legislatore che troppo di rado si addentra nelle specificità tecniche, e nelle relative criticità, dei settori normati.

Conclusioni (per ora…)
Questo a una prima lettura del documento: senza dubbio, nel tempo, ci sarà modo di effettuare ragionamenti più articolati e ponderati, anche alla luce delle effettive ricadute pratiche del disciplinare, e delle prime gare effettivamente bandite su questi criteri. Ci sembra, in sintesi, di trovarci di fronte a un passo in avanti, certo, ma ancora migliorabile. Sempre in attesa, come dicevamo, del recepimento delle Direttive comunitarie, che porterà cambiamenti ben più significativi.

Per consultare il Bando tipo http://www.avcp.it/portal/rest/jcr/repository/collaboration/Digital%20Assets/pdf/BandiTipo/Bando%20tipo%20AffServPul.pdf

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