HomeNewsletterResponsabilità amministrativa, attenzione alla corretta applicazione del modello 231

Responsabilità amministrativa, attenzione alla corretta applicazione del modello 231

La Suprema Corte, con sentenza 4677/2014, ha annullato la pronuncia d’appello che aveva assolto una grande impresa dai reati societari di cui all’art. 25-ter, lett. a) (false comunicazioni sociali) e r) (aggiotaggio) del DLgs. 231/2001, commessi dal presidente del CdA e dall’amministratore delegato. La motivazione dell’appello era che la società avesse predisposto e adottato un modello organizzativo reputato idoneo alla prevenzione dei suddetti reati. Una motivazione non valida, secondo la Cassazione, che ha ritenuto, in sintesi, che il modello organizzativo “231” della società in questione non fosse calato nella specifica realtà dell’azienda stessa. In pratica la Cassazione ha stabilito che, per essere ritenuto idoneo in sede di giudizio, e quindi per essere veramente tutelante, il modello “231” deve nascere dalla valutazione dei modelli organizzativi concretamente attuati dalle imprese, sulla base della natura, delle dimensioni e delle caratteristiche dell’organizzazione stessa.

Ora, senza entrare nello specifico dei fatti, vale la pena di soffermarsi sull’importanza di redigere e attuare, punto per punto e senza scorciatoie, il modello “231”, che per le aziende può costituire un vero e proprio “salvavita” scongiurando il pericolo della responsabilità amministrativa “a catena” (si arriva fino alla chiusura dell’attività stessa). La responsabilità è esclusa se la società, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire l’illecito stesso. Attenzione però, e questo è l’elemento importante: affinché il modello “231” sia ritenuto valido dai giudici non è sufficiente ricorrere a modelli generici e “sulla carta”, magari pescando da uno dei tanti fac-simile o guide presenti in rete, o scopiazzando il modello da altre aziende e poi lasciandolo lettera morta.

Il modello “231”, innanzitutto, deve essere redatto da un professionista incaricato dopo un’attenta analisi dell’organizzazione aziendale e un’adeguata analisi di rischio che individui con precisione le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati. In questa fase, oltre all’analisi aziendale, sono necessari una valutazione del sistema di controllo interno, un’identificazione dei processi, una mappatura dei fattori e delle aree a rischio. Il modello organizzativo, quindi, deve prevedere modelli e norme organizzative in grado di prevenire la commissione di reati da parte di ogni livello aziendale, dai vertici ai dipendenti e a tutti quelli che operano per conto dell’ente e in suo nome. Ancora: il modello deve predisporre specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni della società in relazione ai reati da prevenire; individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di tali reati; prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del modello organizzativo; introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello organizzativo. Il modello, che si compone di diverse parti (es. principi, procure, deleghe, processi, procedure, istruzioni, conterrà fra l’altro: definizione dei ruoli e delle responsabilità; idonea gestione delle risorse finanziarie; tracciabilità delle attività svolte; definizione e applicazione di procedure; monitoraggio di controlli e procedure; aggiornamento e continuo miglioramento. Il modello, poi, dev’essere approvato dal Cda con specifica delibera. Ma tutto questo non è ancora sufficiente: bisogna anche preoccuparsi del controllo. Infatti dopo aver predisposto e adottato il modello organizzativo gestionale, è necessaria la nomina di un organismo di vigilanza che controlli l’osservanza del modello stesso.

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