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Guarigione anticipata, come fare

“Succede non di rado -scrive l’Inps nella circolare 79 del 2 maggio 2017- che a seguito dell’effettuazione di visita medica di controllo domiciliare disposta d’ufficio, l’Istituto venga a conoscenza del fatto che un lavoratore abbia ripreso l’attività lavorativa prima della data di fine prognosi contenuta nel certificato di malattia, senza aver provveduto a far rettificare la suddetta data, a fronte ovviamente di un datore di lavoro consenziente.” Con queste parole l’Istituto di previdenza vuole mettere in guardia le imprese, oltre naturalmente ai lavoratori, dai comportamenti superficiali, o consenzienti, che spesso si adottano in caso di rientro anticipato dei dipendenti.

Attenzione agli eccessi di zelo
Le imprese possono pagare molto cara la superficialità in questo senso, e i lavoratori non vedranno certo premiato questo eccesso di zelo. Anche se credono di fare cosa buona, giusta e meritevole, infatti, finiscono per mettere in difficoltà l’Inps, evidenziandosi un disallineamento tra la durata effettiva dell’evento e la certificazione prodotta. Il mancato tempestivo aggiornamento della prognosi, inoltre,  può indurre l’Istituto, in prima battuta, a ritenere che l’evento di malattia sia ancora in corso e, quindi, ad effettuare conseguentemente valutazioni di competenza non appropriate (inviando, ad esempio, inopportuni controlli domiciliari con derivanti oneri a carico dell’Istituto stesso). Per questo l’Inps, a mezzo di detta circolare, ribadisce che nel caso di guarigione anticipata, con conseguente riduzione del periodo di prognosi riportato nel certificato attestante la temporanea incapacità lavorativa per malattia del lavoratore, lo stesso è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro e conseguentemente, in presenza di un certificato con prognosi ancora in corso, il datore di lavoro non può consentire al lavoratore la ripresa dell’attività lavorativa.

Un adempimento obbligatorio
Pertanto, il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro, rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante, potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata, richiesta al medesimo medico che ha redatto il certificato, riportante una prognosi più lunga. Tale rettifica, infatti -ribadisce l’Istituto-, rappresenta un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Inps. Il lavoratore è, quindi, tenuto a comunicare, mediante la rettifica del certificato telematico, il venir meno della condizione morbosa di cui al rischio assicurato, presupposto della richiesta di prestazione economica all’Istituto.

Lavoratore e datore “fuorilegge”
Per ciò che riguarda le sanzioni, l’Inps ricorda che “nei casi in cui  emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella misura normativamente stabilita per tali fattispecie, cioè 100% dell’indennità per massimo 10 giorni, in caso di 1° assenza; 50% dell’indennità nel restante periodo di malattia, in caso di 2° assenza; 100% dell’indennità dalla data della 3° assenza (circolare n. 166 del 26 luglio 1988).” Anche il comportamento datoriale, però, è “fuorilegge”: infatti l’articolo 2087 del Codice Civile prevede che l’imprenditore adotti  “nell’esercizio dell’impresa le misure… necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Il che certo non si armonizza con l’ipotesi di far rientrare al lavoro un dipendente ufficialmente ammalato o infortunato. Con l’ovvia conseguenza che, se si accertasse la presenza sul luogo di lavoro del dipendente in malattia, o ancor peggio se in quei giorni dovesse verificarsi qualche evento avverso che lo coinvolga, il datore sarebbe chiamato a risponderne con conseguenze anche molto pesanti.

Circolare Inps 2 maggio

 

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