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Tecnologie di pulizia delle navi: un’ondata di progetti verdi sulla rotta della pulizia ecosostenibile

(tratto da “GSA” n.5, Maggio 2010)

 

Il mare più cristallino è verde e non è una novità. Ma questa volta lo è per volontà dell’uomo che ha scelto di indirizzare i propri studi di ricerca anche al mare che, come l’aria, è sempre più malato.

 

È nell’ottica di illustrare ai nostri lettori le iniziative più meritevoli in materia di ecosostenibilità che vi proponiamo l’esempio di HISMAR, il robot ecologico autonavigante di nuova generazione per la pulizia delle navi. Pur non essendo strettamente legato alla filiera del cleaning così come la s’intende tradizionalmente, infatti, si tratta comunque di un progetto volto a migliorare la qualità della pulizia ma anche dell’ambiente:  diffondere la conoscenza di tali iniziative che hanno visto riconosciuto il loro valore è il nostro contributo per promuovere una coscienza etica collettiva. Inoltre, spesso, su queste pagine abbiamo descritto pulizie particolari: quest’articolo riassume dunque  in sé le due anime, ponendosi  come l’ennesimo tassello di un percorso già cominciato ed incarnando al contempo un intento ecologico d’avaguardia.

L’Europa ( e non solo)  finanzia la ricerca intelligente

Il progetto HISMAR (Hull  identification System for Marine Autonomous Robotics)  è un esempio concreto di come il mondo sia impegnato a 360 gradi in materia di innovazione e sviluppo sostenibile: da una parte si persegue un progetto di sensibilizzazione all’energia pulita, dall’altro si finanzia concretamente la ricerca che tenta di migliorare la tecnologia, riducendo l’impatto ambientale. Lo scorso anno  gli ingegneri della Newcastle University hanno sviluppato un sistema robotico di pulizia che permette non solo di rimuovere le particelle di vegetazione marina che si formano notoriamente sugli scafi delle navi ma anche di ridurre il consumo di carburante. Tra i partner d’eccellenza che hanno partecipato a questo progetto dell’Università di Newcastle, il Graal Tech in Italia,  l’associazione di costruttori e manutentori navali del Regno Unito, il Tepac tedesco e la Robosoft francese. Non solo dunque pulizia ecologica ma anche energia più pulita.  Il progetto  è stato finanziato dal Sesto Programma Quadro della Commissione Europea per la ricerca e lo sviluppo tecnologico – anche abbreviato a 6PQ – un importante strumento che ha la funzione di agevolare la creazione della European Research Area (ERA, Area di Ricerca Europea). Si tratta infatti del principale strumento dell’Unione Europea per il finanziamento della ricerca in Europa il cui fine è quello di favorire l’eccellenza scientifica, la competitività e l’innovazione, promuovendo a tutti i livelli una migliore intesa tra tecnologia ed ecologia.  

Vegetazione marina: un impiccio gratuito e un costo salato

Bisogna considerare, infatti, che la vegetazione marina sulle navi rappresenta un problema non solo ambientale, con il rischio di inquinamento delle acque, ma anche finanziario: a ciò si aggiunga che, per loro natura, i biocidi usati per pulire gli scafi delle navi contengono per la maggior parte sostanze aggressive per l’ecosistema sia aereo che marino. In considerazione di questi tre fattori chiave, appare dunque evidente la scelta di muoversi nell’ambito della ricerca per trovare un prodotto che riesca ad agire su tutti e tre i fronti, pulendo bene, senza inquinare ed ottimizzando i costi.

Robot a bordo, e lo sporco sarà solo un ricordo

HISMAR sembra aver trovato nel robot navale la risposta alle esigenze del mare: vediamo dunque come funziona nel dettaglio l’innovativo sistema: in un primo momento, il robot esegue un minuziosa mappatura della struttura dello scafo, di cui registra ogni minima variazione di spessore, saldatura, dentellatura, finanche i chiodi: successivamente, una volta posizionato a lato dello scafo, il robot utilizza i dati registrati durante il monitoraggio per tracciare il tragitto più comodo in fase di pulizia. A questo punto, inizia la pulizia vera e propria, eseguita con getti regolabili di acqua marina pressurizzata (fino a 150 litri al minuto) spruzzati sulla superficie ricoperta dai residui di vegetazione che, a loro volta, vengono risucchiati all’interno del robot durante il passaggio. Questo evita la dispersione dei residui nell’ecosistema marino, così come l’utilizzo di prodotti nocivi per le acque. Inoltre, la perfetta pulizia che il robottino garantisce, riduce l’attrito con l’acqua e favorisce un migliore scorrimento dello scafo, riducendo di conseguenza l‘utilizzo di carburante. Certo non si può parlare di un risparmio considerevole, ma il mare è fatto di tante gocce … o almeno cosi dice il proverbio.

Tecnologia ed Ecostostenibilità: uno scenario sempre più possibile

Insomma, la tecnologia ci dimostra ogni giorno di poter sensibilmente migliorare la funzionalità delle attrezzature in maniera assolutamente trasversale rispetto a tutti i settori e le categorie merceologiche; ci può aiutare a migliorare i processi di pulizia, a rendere i materiali più durevoli e resistenti, ad esempio, agli agenti atmosferici aumentandone la capacità di resistenza all’usura. Tanti piccoli accorgimenti che vanno poi via via acquistando un volto sempre più green, nell’ottica di sposare la tecnologia con la bio-compatibilità ambientale.

Il contributo made in Italy

Ed è proprio in quest’ottica che nasce anche il secondo progetto, tutto italiano, ad opera di Lucio Panizza della Archimede R&D di Bologna, recentemente insignito del premio Speciale Giovani Imprenditori Green consegnato in occasione del Premio Impresa Ambiente svoltosi alla fiera di Roma lo scorso 14 aprile. Sui 130 progetti in concorso presentati dalle varie aziende che operano su tutto il territorio nazionale, la Giuria ha avuto l’onere e onore di scegliere  il meglio dell’innovazione sostenibile. L’imprenditore bolognese si è appunto aggiudicato il premio per il miglior giovane imprenditore con il suo progetto Bubbleboat.

Identikit del vincitore

Bubbleboat è una speciale vernice antivegetativa biocompatibile da applicare sulle imbarcazioni. Se infatti prima si parlava di vegetazione marina e/o biocidi in termini di inquinanti marini, è impossibile non citare le vernici antivegetative, che contengono livelli di tossicità tali da modificare perfino il sesso dei molluschi marini.

La tossicità del mare

Da una ricerca commissionata all’ISPRA dal WWF lo scorso anno, infatti,  è emerso che lungo le coste italiane del Mediterraneo si riscontrano livelli di TBT di 560nanogrammi per litro: un vero e proprio concentrato atomico di tossicità se si considera che il parametro valutato innocuo è di 1 nanogrammo per litro! Sono anni che le associazioni si adoperano per smuovere l’ industria delle vernici a produrre – e sponsorizzare – alternative efficaci prive di TBT ( fonte: www.mondoecoblog.com). E un giovane imprenditore bolognese ha pensato di andare controcorrente e farsi capostipite di quella che ci auguriamo possa essere una rivoluzione copernicana a beneficio del mare..

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