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Pulizia scuole: dal primo marzo disservizi in quasi 4.000 edifici scolastici e a rischio 11 mila posti di lavoro

Totale incertezza sui servizi di pulizia di 4.000 edifici scolastici in tutta Italia, una riduzione del personale di circa 11.000 unità (concentrata particolarmente nelle Regioni del Centro – Sud) e una tassa di circa 15 milioni di euro che graverà sulle imprese a seguito delle decisioni del Governo.

E’ questo lo scenario a tinte fosche, illustrato il 20 febbraio nel corso di una conferenza stampa dai Presidenti delle tre Associazioni che rappresentano le imprese del settore pulizie e multiservizi Lorenzo Mattioli – ANIP FISE/Confindustria, Fabrizio Bolzoni – Legacoop Servizi e Massimo Stronati – Federlavoro/Confcooperative, che, in assenza di un tempestivo intervento da parte del nuovo Governo e del Ministero dell’Istruzione, si profila per le scuole italiane a partire dal 1° marzo.

Non si tratta di un’emergenza improvvisa, ma di un disastro annunciato e più volte evidenziato al Governo e al Ministero dell’Istruzione dalle Associazioni di Categoria, che nasce dai radicali tagli lineari operati in questo settore dal precedente Esecutivo (e da quelli che lo hanno preceduto) che, con l’ultima Legge di Stabilità, ha ridotto drasticamente (-48%) per il 2014 gli importi destinati alla pulizia delle scuole, passando da 545 mln a 284 mln di euro. La spesa per i servizi di pulizia passa così dall’1% allo 0,5% dell’intero bilancio del Ministero dell’Istruzione.

Alla riduzione delle risorse va aggiunta una loro ripartizione, territoriale e per scuola, basata su criteri determinati dal Miur (i cosiddetti “posti accantonati”), che molto spesso non corrispondono alle reali esigenze del singolo plesso: in alcuni casi potrebbero esserci carenze e in altri risorse in eccedenza.

La stessa Legge di Stabilità aveva determinato una proroga “tampone” di due mesi (fino al 28 febbraio), nel corso dei quali un tavolo tecnico guidato dai Ministeri dell’Istruzione, del Lavoro e dello Sviluppo Economico con Enti Locali, Imprese e Sindacati avrebbe dovuto “individuare soluzioni normative o amministrative ai problemi occupazionali connessi alla gestione dei servizi di pulizia”. Gli incontri non hanno dato esito positivo, anche a causa delle palesi divergenze tra i rappresentanti dei diversi livelli istituzionali su ruoli e compiti del tavolo stesso, e i problemi sono rimasti insoluti.

E’ finita l’era dell’assistenzialismo”, dichiara Lorenzo Mattioli – Presidente ANIP FISE/Confindustria, “vogliamo, come imprese, erogare servizi su un libero mercato, senza fungere, come accaduto fino a oggi, da veri e propri ammortizzatori sociali. Le aziende di pulizia non chiedono più soldi, ma vogliono contribuire ad una nuova scuola più efficiente e moderna. Bene in questo senso le gare Consip che efficientano la spesa pubblica: oggi la burocrazia deve portare a termine le scelte operate dalla politica lo scorso anno; e da domani la politica deve istituire un punto di riferimento governativo per il nostro comparto, per stabilire a regime regole chiare per il mercato dei servizi. Dobbiamo invertire la rotta: il criterio non deve più essere garantire buste paga ma pagare in maniera equa i servizi. Solo così saremo in grado di garantire e promuovere livelli occupazionali, combattendo anche sprechi di risorse pubbliche”.

A rendere la situazione ancora più drammatica per il settore c’è la “tassa sul licenziamento” ASPI (prevista dalla Legge Fornero) che le imprese dovranno corrispondere agli addetti che perderanno il lavoro per il taglio della spesa determinata dal Governo: circa 1.500 euro per ogni lavoratore. Una partita da oltre 15 mln di euro che graverà sulle imprese del settore già penalizzate dalla riduzione degli appalti e per scelte operate dal Governo. Una tassa paradossale, anche perché con valenza retroattiva rispetto a questi appalti, e il cui pagamento è fondamentale per il rilascio del DURC e, di conseguenza, per incassare i pagamenti dai clienti.

La politica continua a essere assente e si continua a tagliare su servizi essenziali, mettendo a rischio la salubrità degli ambienti e il diritto allo studio di milioni di studenti”, affermano le tre associazioni promotrici della conferenza stampa.

Ad oggi le persone che svolgono il servizio di igiene ambientale e ausiliariato in circa 4.000 scuole italiane sono oltre 24.000. Di queste, circa 11.500 sono ex lavoratori socialmente utili (soprattutto al Sud), mentre i restanti, presenti su tutto il territorio nazionale, fanno parte dei cosiddetti “appalti storici”.

Il maggior numero di esuberi si concentra nelle Regioni centro – meridionali come Campania (3.500, soprattutto nel napoletano e casertano), Puglia (1.300), Calabria (800), Sicilia (oltre 650) e Lazio (600). Anche al Nord i tagli governativi porteranno alla perdita di numerosi posti di lavoro in Lombardia (500) e Piemonte (500).

In alcune di queste Regioni la riduzione della spesa ha superato anche il 50%: in Campania, ad esempio, si passa da 167 mln a 64 mln di euro, in Calabria da 50 mln a 20 mln di euro.

Situazioni particolarmente difficili si profilano, inoltre, per quelle Regioni (Sicilia, Calabria, Basilicata e Campania) in cui gli appalti per i servizi di pulizia delle scuole non sono stati ancora assegnati o sono oggetto di contenzioso. Non è chiaro cosa accadrà negli edifici scolastici di queste Regioni a partire dal 1° marzo, con il rischio di non potere applicare la clausola sociale prevista dal CCNL a tutela dei lavoratori e dovere pagare la “tassa sul licenziamento” da parte delle imprese.

 

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