Homeimprese & dealersPanoramica sul cleaning nel mondo: le tante facce della crisi

Panoramica sul cleaning nel mondo: le tante facce della crisi

(tratto da: “GSA” n. 10, Ottobre 2009)


Per la prima volta, la FENI incontra la WFBSC in un seminario congiunto volto a delineare la situazione del comparto nelle diverse realtà nazionali. Ne esce un affresco “cubista” con tante facce prospettiche, pennellate diverse… ma colori identici. GSA, che era presente all’evento di Vienna, riporta di seguito un compendio degli interventi per dare una visione d’insieme sullo stato di salute del cleaning nel mondo.


In occasione della sua consueta conferenza annuale, svoltasi lo scorso 18 settembre,  la FENI – la federazione europea delle associazioni di categoria del cleaning professionale, di cui fanno parte 19 membri e riconosciuta partner sociale dalla Comunità Europea –  ha organizzato un seminario congiunto con la WFBSC, World Federation of Building Service Contractors, ovvero la federazione mondiale che riunisce le associazioni di categoria d’oltreoceano. «Si tratta di un evento nuovo – ci spiega Andreas Lill, Direttore generale FENI – nato su proposta della federazione internazionale WFBSC e che noi abbiamo accolto con grande entusiasmo. Attualmente, infatti, la WFBSC sta attraversando un periodo di transizione, riconducibile all’ormai prossimo cambio di sede, che dagli USA passerà all’associazione inglese, già membro FENI. Nell’ottica dunque di rafforzare i rapporti tra le due federazioni, attraverso un mutuo confronto, abbiamo pensato di organizzare un seminario congiunto da svolgersi in occasione della conferenza annuale della nostra federazione».

Un momento di confronto
Ospitati dall’Accademia della pulizia di Vienna, espressione dell’associazione austriaca delle imprese di pulizia, si sono seduti dunque al tavolo i rappresentanti delle due associazioni per trarre un bilancio della situazione socio-economica del settore, nei principali paesi di riferimento. Riportiamo di seguito un compendio degli interventi dei relatori, tre per FENI e tre per WFBSC, in modo da mettere in luce quali siano i fattori comuni di una crisi che non conosce latitudini e longitudini.« Per evidenti limiti di tempo – conclude Lill – sono state scelte tre realtà di riferimento per ogni federazione: la Germania, il Regno Unito  la Francia per la FENI ed Australia, Stati Uniti e Brasile per  la WFBSC. Sono poi stati resi disponibili anche i dati di Argentina, Nuova Zelanda e Belgio: il tutto per fornire una panoramica quanto più possibile esaustiva dell’attuale quadro socio-economico in cui versa il comparto del cleaning nelle diverse situazioni nazionali».

Dopo il momento istituzionale del saluto di Erich Fach, Presidente dell’associazione del cleaning viennese, ha preso la parola Richard Schenz, Vice-Presidente della Camera di Commercio federale austriaca, che ha segnalato la necessità di rispondere alla crisi con delle riforme strutturali: una maggiore razionalizzazione della spesa pubblica attraverso una riorganizzazione dei servizi statali, dalla sanità alla scuola.  Una ricetta in linea con le politiche approntate anche dagli altri governi europei.

Austria: la componente formativa dell’esperienza pratica
La parola passa poi a Sebastian Wilken, rappresentante della scuola viennese, che illustra nel dettaglio la morfologia del sistema di formazione austriaco, la cui assoluta peculiarità è lo stretto legame tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro. Si tratta infatti di un sistema di formazione orientato alla pratica, anche definito sistema duale, perché si fonda sull’integrazione sinergica di teoria e pratica, di cui beneficiano tanto gli apprendisti quanto le aziende.  Entrando nel dettaglio, per formare giovani tecnici professionisti del cleaning, dopo la scuola dell’obbligo (9 anni) è possibile intraprendere un percorso formativo della durata di 2-4 anni, in un ottica di alternanza ed integrazione tra formazione scolastica ed apprendistato in azienda. Al termine di questo percorso formativo, gli studenti diventano operai qualificati/specializzati e potranno scegliere di immettersi nel lavoro con una qualifica riconosciuta; oppure potranno proseguire per un biennio il loro percorso formativo, per guadagnarsi la qualifica di “Meister”(mastro), la massima qualifica nel settore manifatturiero. Il sistema educativo duale austriaco è sostenuto da una legge federale, per cui la formazione è regolata dallo stato con esami uguali su tutto il territorio, tenuti da una commissione mista di datori di lavoro e sindacato. Un sistema di formazione molto gradito alle imprese e … vincente nel mondo. In occasione dei campionati mondiali delle professioni 2008 di Rotterdam,infatti, il sistema di formazione professionale austriaco si è aggiudicato una medaglia d’oro e due d’argento. Un bel bottino formativo!

USA: imbrigliata, genuflessa e pure un po’ perplessa
Entrando nel vivo del dibattito è il rappresentante statunitense LeRoy Dock, Presidente della Gali Services Industries, a passare ai raggi x il sistema economico-sociale del cleaning americano per delinearne lo stato di salute generale. «Attualmente – ci spiega Dock – il clima che si respira è piuttosto teso: i sindacati sono forti, con 5 milioni di persone ed un’alta concentrazione soprattutto nelle aree metropolitane come New York City. Per questo il settore si trova stretto in una morsa: da una parte i costi elevati e dall’altra le continue pressioni per un abbassamento dei prezzi, con la conseguente necessità di aumentare la produttività per venire incontro alle richieste della clientela». In questa riflessione, s’insinua peraltro il discorso sull’economia sostenibile. «L’utilizzo dei prodotti verdi – prosegue Dock – è la sfida del futuro per settore della pulizia professionale, ma non si può nascondere che la loro efficacia pulente sia inferiore rispetto ai prodotti più aggressivi: questa minore efficacia va dunque controbilanciata da un maggiore sforzo manuale da parte dell’operatore, il che comporta un aumento dell’attività umana, assolutamente controproducente rispetto alla politica di contenimento dei tempi di lavorazione e dei costi che le aziende stanno perseguendo». Tra le note positive, il Presidente segnala che il mercato dell’outsourcing negli Usa non sembra aver subito gravi perdite: il tasso di esternalizzazione dei servizi raggiunge circa il 90%. Si registra, però, una generale spinta verso il basso con una riduzione del servizio, in alcuni casi, da 5 a 3 giorni lavorativi su 7, proprio in un momento in cui si regista un surplus d’offerta di lavoratori qualificati (ma disoccupati) provenienti da altri settori professionali. «Infine- conclude Dock – c’è la questione del ritardo nei pagamenti, per cui i tempi vengono dilatati fino a 90 giorni dall’emissione di fattura, (tuttavia, se si paga entro i trenta giorni si ha diritto ad uno sconto del 3%). D’altronde la riduzione degli utili ha messo in ginocchio moltissime aziende americane creando grande fermento nel segmento delle acquisizioni: una sorta di darwinismo aziendale che nasce come conseguenza diretta di una crisi senza precedenti»

Australia punta sulla certificazione d’azienda e la conservazione del cliente
Ben diversa la situazione sul suolo australiano, dove gli effetti della crisi sono rimasti piuttosto contenuti. I dati parlano di una situazione di stabilità, dovuta soprattutto al fatto che le banche non si sono mai indebitate e non hanno dunque subito i contraccolpi della crisi globale. Tuttavia, non mancano alcuni elementi di preoccupazione: come spiega John Grant, direttore dell’associazione australiana, «anche da noi si stanno manifestando delle pressioni per l’abbassamento dei prezzi e si iniziano a registrare casi di subappalto irregolare. Il ritardo dei pagamenti è di 15 giorni sui trenta dalla fattura ma non possiamo comunque parlare di tensione economica o sociale. Al contrario, le aziende si mostrano sicure e pronte ad investire, in particolare in un percorso di certificazione: le certificazioni sono, infatti, considerate come un elemento di distintività e competitività e nessuna azienda vuole rimanere fuori dai giochi». Una strategia di mercato orientata dunque alla trasparenza ed alla qualità, ma anche ad una politica di “conservazione del cliente”, perché –come ricorda Grant – « il miglior cliente che si può avere è quello che già si ha»

Germania: in attesa del contratto per scongiurare il contrasto (sociale)

«Beata Australia! – è il laconico commento di Johannes Bungart, Direttore dell’associazione tedesca del cleaning BIV. La situazione in Germania è comparabile a quella degli Stati Uniti. Peraltro in Germania non esiste neppure un salario minimo legale, tanto che, fine a qualche anno fa, variava in ben 20 regioni tedesche. È infatti solo dall’aprile 2004 in poi, che il settore ha stretto un accordo con il sindacato regolando il minimo salariale (con un’unica differenziazione tra Germania est e ovest): un lavoratore prende 8,15 euro/ora euro a Francoforte e 6,58 euro/ora a Berlino. A ciò si aggiunga che il contratto risulta scaduto ed è attualmente oggetto di rinegoziazione: le richieste avanzate dal sindacato (un aumento dell’8%) sono troppo alte rispetto a quanto il mercato può assorbire, tanto più che l’aderenza al sindacato nel settore si attesta a malapena al 10%. Una situazione di fermento che crea qualche motivo di preoccupazione sociale: se non si interviene quanto prima con la firma del contratto, si rischia di creare un’anomalia gigantesca, lasciando il settore senza un riferimento di salario minimo e la conseguente apertura ad una concorrenza selvaggia». Il tutto si inserisce in un quadro economico tutt’altro che confortante: per la prima volta in vent’anni l’inflazione è dello 0% con una crescita negativa che rispecchia le aspettative e si attesta al – 6%. Ad aumentare, invece, è il tasso di disoccupazione che raggiunge l’8,2% (rispetto al 7,7% dl 2008). Questo offre al settore del cleaning professionale diverse opportunità di reclutamento di persone provenienti da altri ambiti professionali. In merito al ritardo dei pagamenti, la Germania denuncia un ritardo medio di 35 giorni. Nella prossima decade è prevista uno sviluppo del Facility Management. Si riscontra infatti, da qualche tempo, la generale tendenza delle committenze a rivolgersi a forme d’offerta più articolate, che comprendano servizi di giardinaggio, portierato e manutenzione degli edifici. Non c’è invece alcuna indicazione che induca a pensare ad un ritorno all’insourcing: l’esternalizzazione dei servizi rimane dunque ancora la formula preferita dal mercato tedesco. Degna di nota, l’ultima considerazione di Bungart: «Attualmente in Germania vi è una distorsione del mercato unica in Europa, perché la legislazione tedesca permette di realizzare società miste di pubblico e privato (con capitale del 49% privato e 51% pubblico) che sono esentate dall’applicazione dell’IVA del 19% verso i clienti pubblici: ne consegue che moltissime compagnie private vengono sistematicamente escluse dagli appalti pubblici».

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