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Le tante facce della crisi della pulizia in Europa

(tratto da “GSA Regionale PMI” 9n.2/2009


In occasione della conferenza annuale che ha avuto luogo a Vienna a settembre, la FENI,federazione europea delle associazioni di pulizia in un seminario congiunto con la federazione mondiale WFBSC ha fatto il punto sullo stato di salute del cleaning europeo. Riportiamo un compendio,per limiti di spazio,della situazione del comparto in Austria,Germania,Gran Bretagna e Francia.


Un momento di confronto

Ospitati dall’Accademia della pulizia di Vienna, espressione dell’associazione austriaca delle imprese di pulizia, si sono seduti dunque al tavolo i rappresentanti delle due associazioni per trarre un bilancio della situazione socio-economica del settore, nei principali paesi di riferimento. Dopo il momento istituzionale del saluto di Erich Fach, Presidente dell’associazione del cleaning viennese, ha preso la parola Richard Schenz, Vice-Presidente della Camera di Commercio federale austriaca, che ha segnalato la necessità di rispondere alla crisi con delle riforme strutturali: una maggiore razionalizzazione della spesa pubblica attraverso una riorganizzazione dei servizi statali, dalla sanità alla scuola.  Una ricetta in linea con le politiche approntate anche dagli altri governi europei.

Austria: la componente formativa dell’esperienza pratica

La parola passa poi a Sebastian Wilken, rappresentante della scuola viennese, che illustra nel dettaglio la morfologia del sistema di formazione austriaco, la cui assoluta peculiarità è lo stretto legame tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro. Si tratta infatti di un sistema di formazione orientato alla pratica, anche definito sistema duale, perché si fonda sull’integrazione sinergica di teoria e pratica, di cui beneficiano tanto gli apprendisti quanto le aziende.  Entrando nel dettaglio, per formare giovani tecnici professionisti del cleaning, dopo la scuola dell’obbligo (9 anni) è possibile intraprendere un percorso formativo della durata di 2-4 anni, in un ottica di alternanza ed integrazione tra formazione scolastica ed apprendistato in azienda. Al termine di questo percorso formativo, gli studenti diventano operai qualificati/specializzati e potranno scegliere di immettersi nel lavoro con una qualifica riconosciuta; oppure potranno proseguire per un biennio il loro percorso formativo, per guadagnarsi la qualifica di “Meister”(mastro), la massima qualifica nel settore manifatturiero. Il sistema educativo duale austriaco è sostenuto da una legge federale, per cui la formazione è regolata dallo stato con esami uguali su tutto il territorio, tenuti da una commissione mista di datori di lavoro e sindacato. Un sistema di formazione molto gradito alle imprese e … vincente nel mondo. In occasione dei campionati mondiali delle professioni 2008 di Rotterdam,infatti, il sistema di formazione professionale austriaco si è aggiudicato una medaglia d’oro e due d’argento. Un bel bottino formativo!

Germania: in attesa del contratto per scongiurare il contrasto (sociale)

Johannes Bungart, Direttore dell’associazione tedesca BIV ha sottolineato che in Germania non esiste neppure un salario minimo legale, tanto che, fine a qualche anno fa, variava in ben 20 regioni tedesche. È infatti solo dall’aprile 2004 in poi, che il settore ha stretto un accordo con il sindacato regolando il minimo salariale (con un’unica differenziazione tra Germania est e ovest): un lavoratore prende 8,15 euro/ora euro a Francoforte e 6,58 euro/ora a Berlino. A ciò si aggiunga che il contratto risulta scaduto ed è attualmente oggetto di rinegoziazione: le richieste avanzate dal sindacato (un aumento dell’8%) sono troppo alte rispetto a quanto il mercato può assorbire, tanto più che l’aderenza al sindacato nel settore si attesta a malapena al 10%. Una situazione di fermento che crea qualche motivo di preoccupazione sociale: se non si interviene quanto prima con la firma del contratto, si rischia di creare un’anomalia gigantesca, lasciando il settore senza un riferimento di salario minimo e la conseguente apertura ad una concorrenza selvaggia». Il tutto si inserisce in un quadro economico tutt’altro che confortante: per la prima volta in vent’anni l’inflazione è dello 0% con una crescita negativa che rispecchia le aspettative e si attesta al – 6%. Ad aumentare, invece, è il tasso di disoccupazione che raggiunge l’8,2% (rispetto al 7,7% dl 2008). Questo offre al settore della pulizia professionale diverse opportunità di reclutamento di persone provenienti da altri ambiti professionali. In merito al ritardo dei pagamenti, la Germania denuncia un ritardo medio di 35 giorni. Nella prossima decade è previsto uno sviluppo del Facility Management. Si riscontra infatti, da qualche tempo, la generale tendenza delle committenze a rivolgersi a forme d’offerta più articolate, che comprendano servizi di giardinaggio, portierato e manutenzione degli edifici. Non c’è invece alcuna indicazione che induca a pensare ad un ritorno all’insourcing: l’esternalizzazione dei servizi rimane dunque ancora la formula preferita dal mercato tedesco. Degna di nota, l’ultima considerazione di Bungart: «Attualmente in Germania vi è una distorsione del mercato unica in Europa, perché la legislazione tedesca permette di realizzare società miste di pubblico e privato (con capitale del 49% privato e 51% pubblico) che sono esentate dall’applicazione dell’IVA del 19% verso i clienti pubblici: ne consegue che moltissime compagnie private vengono sistematicamente escluse dagli appalti pubblici».

UK: ama il green cleaning

Anche il Regno Unito condivide la particolarità del mercato tedesco: non esistono contratti collettivi nel settore del cleaning. «La sindacalizzazione – afferma Chris Cracknell, Direttore Generale dell’OCS e tesoriere del WFBSC, avviene appalto per appalto e le relazioni sindacali sono piuttosto rarefatte. Il salario minimo legale si attesta a circa 5,80 sterline/ora che corrispondono a 6,61 euro». La recessione fa decrescere il PIL di 4,9 punti percentuali mentre sale al 7,3% il tasso di disoccupazione; si registra una forte richiesta di abbassamento dei prezzi e le aziende britanniche, pur avendo accesso al credito, fanno fatica a venire incontro alle richieste dei clienti. «C’è poi un aspetto non secondario da considerare – spiega Cracknell. Si è infatti registrato un incremento dell’economia sommersa che  ha raggiunto il 10% delle attività economiche, riscontrando un certo favore anche nel settore della pulizia professionale creando una distorsione nelle dinamiche che regolano la concorrenza di mercato». Parallelamente alle richieste di abbassamento dei prezzi c’è anche una spinta verso le attività sostenibili e la formula del day cleaning,(pulizia svolta durante le ore diurne ndr) aspetti che peraltro aiuterebbero ad aumentare il fascino di un comparto spesso negletto, che tutt’oggi riscuote ben poco appeal tra le fila degli aspiranti dipendenti. Un veloce accenno anche alla pandemia influenzale A(H1N1) «che  – come ricorda Cracknell –  rappresenta al contempo una sfida ed un opportunità per il settore della pulizia professionale: un’opportunità per diffondere la cultura dell’igiene, per svincolarsi da quel preconcetto banalizzante che svilisce (quando non annichilisce) il ruolo di un comparto che opera in sordina, e talvolta nel disinteresse generale, per il bene della collettività».

Francia: tanta scuola di pulizia e un sindacato…emancipato

Gli ultimi a prendere la parola sono Carole Sintès, e Yves Cambay, due rappresentanti dell’associazione del cleaning francese FEP. La prima ci introduce al sistema formativo francese.Attualmente sono 6.000 i ragazzi in formazione, che tra qualche anno saranno i tecnici ambientali di domani. Dalle parole della Sintès emerge un profilo particolare del sindacato francese che, nonostante goda di una bassa rappresentatività (2%), s’impegna a negoziare non solo  sulle questioni prettamente salariali ma anche sui temi di interesse generale, come il trasporto, i termini dei periodi di prova, l’impiego giovanile, la formazione e naturalmente salute e sicurezza.

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