HomeambienteVerso le linee guida per i capitolati di gara per forniture e...

Verso le linee guida per i capitolati di gara per forniture e servizi

(tratto da “GSA Igiene Urbana” n.3, Luglio-Settembre 2010)

 

Il 23 aprile scorso, alla Fiera di Padova, nel corso del SEP, si è svolta una tavola rotonda organizzata da GSA Igiene urbana sul tema “Capitolati per la fornitura di attrezzature per l’igiene urbana – Linee guida: soluzione possibile?”.

 

E’ stata questa la seconda tappa di un percorso iniziato l’anno scorso a Ecomondo di Rimini, sempre per iniziativa di questa rivista, per affrontare una serie di temi tra loro connessi, finalizzati a rendere più semplice, più trasparente e più efficace lo svolgimento delle gare di appalto per la fornitura di mezzi e attrezzature alle aziende – soprattutto quelle a partecipazione pubblica – di igiene urbana. Dopo questi due incontri il tema sembra finalmente essere arrivato a un approdo operativo, con l’istituzione di due tavoli di confronto permanente tra associazioni ed enti coinvolti da queste tematiche (v.box). Alla tavola rotonda di Padova, presente un folto pubblico di oltre cento qualificati operatori, hanno partecipato Davide Ambrogi, Responsabile gestione e manutenzione veicoli di AMA di Roma, Filippo Bernocchi, Delegato ANCI, Daniele Fortini, Presidente di Federambiente, Paolo Martinelli, Presidente della sezione “Veicoli per servizi ecologici” di ANFIA, Umberto Reale, dirigente dell’Ufficio Servizi idrici e rifiuti dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici e Xavier Santiàpichi, avvocato amministrativista. Moderatore Guido Viale, coordinatore editoriale di GSA Igiene urbana. Qui di seguito un resoconto dei temi affrontati nel corso dell’incontro.

Nella sua introduzione, Guido Viale, dopo aver rilevato come la precedente tavola rotonda di Rimini fosse stata dedicata soprattutto all’individuazione delle criticità presenti nei processi di gara, ha auspicato che questo incontro, come di fatto è avvenuto, fosse indirizzato invece a individuare delle soluzioni; o, meglio, gli itinerari da percorrere per addivenire alla formulazione di alcune Linee guida in grado di disciplinare e regolare i processi di gara. Ha poi proposto alcuni dei temi all’ordine del giorno, in particolare: la presenza all’interno della stessa gara di una componente relativa alla fornitura di mezzi e attrezzature e di una componente relativa al servizio (prove, manutenzione, garanzie, formazione, monitoraggio, ecc.); il nuovo contesto operativo determinato dall’art. 23 bis della legge finanziaria 2010; il possibile contenuto delle Linee guida, specificando anche che cosa non deve o non può contenere un documento del genere; e, infine, come procedere per arrivare a una formulazione condivisa da tutte le organizzazioni coinvolte.

Xavier Santiàpichi ha evidenziato che prima di adombrare delle soluzioni occorre comunque approfondire alcuni problemi perché ci si trova di fronte a situazioni patologiche create da meccanismi perversi. Ha proposto quindi di affrontare anche, mettendolo al primo posto, il problema del ritardo dei pagamenti. In proposito ha rilevato come le imprese esitino a chiedere l’applicazione della legge 231/01, limitandosi a chiedere il pagamento degli interessi relativi ai ritardi, senza attivare il meccanismo sanzionatorio, il che ha un effetto diseducativo su chi non paga in tempo. Vero è, ha aggiunto, che questo meccanismo è per lo più alimentato dai ritardi dei trasferimenti agli EELL da parte dello Stato. L’AMA di Roma ha in parte cercato di regolarizzare questa situazione inserendo tra i parametri di aggiudicazione la disponibilità del concorrente ad accettare dilazioni a 90 o 120 giorni.

Il secondo punto affrontato da Santiapichi riguarda il chi fa che cosa. Spesso le aziende pubbliche vogliono il prodotto “chiavi in mano” ricorrendo al noleggio o al leasing invece che all’acquisto dei mezzi. Ciò rappresenta spesso un aggravio per l’erario, per l’interposizione di soggetti che caricano sul costo complessivo della fornitura i propri compensi. Questo permette però all’azienda di concentrarsi sul core business, senza disperdersi nelle problematiche connesse alla manutenzione.

Quanto, infine, alle specifiche tecniche dei capitolati di gara, Santiapichi ha rilevato come troppo spesso vengano accettate forniture non omologabili, che non rispettano i parametri relativi alla sicurezza e alla certificazione dei prodotti. Bisogna quindi porre la massima attenzione sul rispetto delle specifiche da parte di tutti i concorrenti.

Davide Ambrogi ha sostenuto che è interesse comune dei committenti e dei produttori accorciare il ciclo delle forniture: un ciclo che parte dalla presentazione del prodotto alle fiere – che per gli uni è una fase di scouting e per gli altri un vero e proprio investimento – per concludersi con la sua dismissione. In questo ciclo la fase del postvendita e delle garanzie è fondamentale. Già nella fase di scouting è opportuno avere delle Linee guida per tradurre in capitolati le soluzioni tecniche che possono rispondere alle istanze dei cittadini-utenti del servizio. Già la fase di scouting, infatti, implica uno scambio di informazioni tra produttori e committenti che non essendo normato può creare spiacevoli inconvenienti: cioè contenziosi che nascono dal modo in cui viene formulata la gara. Per mettere le aziende committenti in grado di valutare le differenze tra le diverse offerte del mercato è opportuno istituire un tavolo di confronto tra i produttori.

Il secondo punto da sottolineare è l’esigenza di semplificare e omogeneizzare i disciplinari di gara, anche per evitare di escludere prodotti buoni solo perché nell’offerta mancano dei pezzi di carta spesso del tutto inutili. Occorre pertanto produrre una modulistica adeguata e ricorrere maggiormente all’autocertificazione. Più difficile redigere delle Linee guida che valgano sia per aziende molto grandi sia per piccoli comuni che gestiscono la gara in proprio. Sarebbe comunque opportuno istituire anche un tavolo di confronto anche tra i responsabili acquisti delle aziende  committenti per valutare i risultati di determinate migliorie tecniche.

Terzo punto: le aziende committenti devono partecipare ai tavoli nazionali e internazionali dove si definiscono le normative, in modo che una volta definite non possano più venir contestate, risparmiando ai produttori un sacco di sforzi per cercare di interpretare in modo uniforme la normativa in vigore. Oggi, se si divide una fornitura consistente in lotti, arrivano campioni che interpretano in modo diametralmente opposto la stessa normativa. Ma le aziende committenti non possono fare i poliziotti; sono i produttori che devono autodisciplinarsi.

Per quanto riguarda i tempi di fornitura, è importante inserirli come requisito minimo o attribuire loro un punteggio. Non si estromette chi non sta nei tempi, ma si dà molti punti a questo fattore. Quanto infine al postvendita, è vero che la garanzia obbligatoria copre comunque 24 mesi, ma per far rispettare la garanzia ci vuole una documentazione adeguata, che riguardi anche la durata e la resistenza del materiale consegnato.

Paolo Martinelli ribadisce che il tema oggetto della Tavola rotonda è molto sentito, tanto che i soci della sua associazione sono in continuo aumento proprio perché rilevano uno stato di grave sofferenza sulle procedure di gara. ANFIA non può certo imporre dei limiti alla concorrenza, ma deve comunque impegnarsi per imporre a tutti i concorrenti determinati standard di qualità: delle regole del gioco che oggi non vengono rispettate. Per questo è fondamentale il rapporto con Federambiente; anche perché è sensazione diffusa che si cerchi di trasferire sui fornitori problemi che sono invece delle stazioni appaltanti: per esempio la fretta nella consegna anche di prodotti complessi. Per questo occorre addivenire a uno schema comune che semplifichi la parte amministrativa delle gare: un compito in cui può avere un ruolo fondamentale l’Autorità di Vigilanza. Ma occorre anche escludere che,  per essere ammessi a una gara, si imponga la presentazione di un campione. E’ una pretesa troppo onerosa.

Quanto ai pagamenti, è noto che la Pubblica amministrazione ha con i fornitori un debito che si aggira sui 70 miliardi di euro, a cui ora va ad aggiungersi la stretta creditizia. Non basta che su questi debiti vengano corrisposti gli interessi. Le aziende hanno problemi di liquidità. Per questo è in discussione una proposta di direttiva europea che individua nei ritardi dei pagamenti un impedimento alla partecipazione alle gare e, quindi, un limite alla concorrenza, prevedendo, oltre al pagamento degli interessi, una penale del 5 per cento.

Sul tema delle specifiche tecniche va ribadito che la scelta dei produttori, che è scelta delle soluzioni tecniche è prerogativa del produttore e che non si può quindi fare una preselezione sulla base delle caratteristiche tecniche. Occorre però insistere sul rispetto delle norme sulla sicurezza, il lavoro, la direttiva macchine. Il gruppo FARID partecipa da 20 anni, per conto dell’ANFIA e su incarico dell’UNI, alle riunioni del CUNA, l’organismo che fissa a livello europeo le norme tecniche da rispettare. Le riunioni in cui si definiscono le posizioni italiane vanno deserte, segno di un grave disinteresse per questo aspetto dell’attività industriale che è invece fondamentale.

Martinelli si è poi pronunciato in modo drastico contro le gare al massimo ribasso. Il criterio deve essere sempre quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche perché il costo delle forniture incide su quello complessivo del servizio per non più del 10 per cento e quindi non è su questa voce che si possono realizzare risparmi sostanziali.

Alla domanda se è vero che le aziende fruitrici cercano di scaricare i propri problemi sui fornitori Daniele Fortini ha risposto senza esitazione di sì. La cosa è fisiologica in tutte le transazioni commerciali, ma sicuramente nell’Igiene urbana – e in molti altri ambiti – il fenomeno ha assunto un aspetto patologico e questa è una della cause di sofferenza del settore. Fortini conferma comunque il quadro fosco del contesto su cui aveva già posto l’accento nella tavola rotonda di Rimini lo scorso anno. Lo testimoniano l’amministrazione controllata all’Amia di Palermo, come le difficoltà in cui stanno precipitando molte altre aziende a partecipazione pubblica, soprattutto nel Mezzogiorno. Nell’immediato futuro la situazione è destinata a peggiorare. I passi da compiere per cercare di venirne a capo sono essenzialmente due: addivenire al più presto a una normativa coerente e stabile sulla liberalizzazione. Per esempio, oggi la disciplina è indefinita e la decisione di acquistare mezzi (a debito, con la possibilità di lasciare questo debito sulle spalle dell’Amministrazione comunale) invece di ricorrere al noleggio può esporre l’azienda all’accusa di essersi procurato un vantaggio competitivo a spese del committente, anche se l’acquisto è sicuramente la scelta più giusta se si punta al consolidamento dell’azienda.

La coerenza del quadro normativo riguarda però molti altri aspetti. La normativa deve puntare a promuovere l’efficienza, l’efficacia, l’economicità e la trasparenza. Da tempo Federambiente scoraggia le gare al massimo ribasso, anche perché danneggiano anche le aziende associate, che hanno tecnologie, soluzioni organizzative ma anche costi superiori a quelli delle aziende piccole.

Per quanto riguarda i capitolati, si può arrivare rapidamente a una semplificazione della parte amministrativa, con un maggior ricorso all’autocertificazione e una più rigorosa verifica post-gara. Sugli aspetti tecnici, per semplificare il processo, sarebbe auspicabile un maggior ricorso alla pubblicità comparativa, come accade all’estero, anche se in un paese di tifosi come l’Italia la cosa presenta dei rischi. Non si tratta di dare delle pagelle alle ditte, ma alle tecnologie disponibili – anche a quelle di cui si avverte anche solo l’opportunità – certamente sì.

Alla domanda se i Comuni intendono entrare nel merito dei capitolati, Filippo Bernocchi ha risposto positivamente, facendo innanzitutto rilevare come il costo dei servizi di nettezza urbana incidano sui bilanci comunali due volte e mezzo di più dell’ICI che è stata loro sottratta. Bernocchi ha fatto poi rilevare come, con l’esternalizzazione dei servizi, le Amministrazioni comunali abbiano sostanzialmente perso tutte le competenze necessarie per tenere sotto controllo il servizio – e, quindi, anche il contatto con l’utenza – e che solo da poco l’ANCI ha avviato una politica delle professionalità per recuperare una parte almeno di queste competenze, sforzandosi anche di fornire assistenza tecnica ai comuni più piccoli e sguarniti. Intanto si è dotata di alcuni strumenti operativi, tra cui l’Osservatorio sulla Raccolta differenziata, che è un pensatoio dei e per i comuni. Questo riguarda ovviamente più le scelte strategiche che la loro traduzione operativa in specifiche tecniche. Occorre comunque notare che ANCI ha avuto anche dei contrasti con Federambiente su temi rilevanti come quello della standardizzazione (ovviamente per territori omogenei) dei sistemi di raccolta e della rilevazione dei risultati e della relativa efficienza.

La confusione normativa ha raggiunto il suo culmine nell’abolizione degli ATO senza indicare chi ne rileverà le responsabilità. Se questo esautoramento sarà confermato per legge, ok, ma i comuni dovranno essere esentati anche dalla responsabilità penale per le condizioni sanitarie del territorio. Anche la raccolta della Tarsu, che è attualmente la tassa locale più consistente, è un onere da cui ci si può liberare volentieri. Basta che la legge sia chiara su tutti i punti.

Umberto Reale ha sostenuto che l’Autorità di Vigilanza può avere un ruolo rilevante nel percorso verso la formulazione di alcune Linee guida e la definizione di molti dei problemi sollevati. La partita è importante. Rilevazioni relative al 2009 effettuate con il sistema Simog fanno ritenere che la consistenza delle gare nel settore si approssimi ai 10 miliardi di euro all’anno. Con la liberalizzazione questa cifra è destinata a crescere verticalmente. Per questo l’Autorità di vigilanza si è dotata di un Ufficio di vigilanza sul settore dei rifiuti. Ma ci sono anche altri strumenti, non specifici, che l’Autorità può mettere a disposizione del settore. Innanzitutto quello del precontenzioso in sede di procedure di gara per sanare molte irregolarità senza ricorrere alla giustizia amministrativa, che ha tempi e costi molto elevati. Poi, attraverso una diversificazione tra requisiti oggettivi e soggettivi nella qualificazione e certificazione delle imprese. Questo approccio è già in vigore nel campo dei lavori pubblici. Si tratta di estenderlo anche al settore dei servizi e delle forniture: qualificare i soggetti senza richiedere ogni volta la documentazione dei relativi requisiti.

In ogni caso, nell’anno in corso, l’Autorità di Vigilanza si è impegnata a individuare le principali criticità dei bandi, in particolare sulle richieste relative alle capacità tecniche ed economiche degli operatori, che spesso sono sproporzionate e disomogenee rispetto all’oggetto del bando. Altro punto dolente sono le modalità di scelta del contraente, su cui sono pervenute all’Autorità oltre 150 segnalazioni relative a una ingiustificata attribuzione di peso ai diversi fattori che concorrono alla determinazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa: in questo ambito, le Linee guida dovrebbero specificare quello che la legge esprime con una mera elencazione. L’individuazione di queste e altre criticità potrebbe portare alla stesura di un Libro bianco, per poi eventualmente sfociare in proposte da presentare a Governo e Parlamento.

Dal pubblico Guido Ginetto, come già era avvenuto a Rimini, è tornato a chiedere come affrontare bandi in cui il servizio di manutenzione copre fino al 50 per cento dell’importo messo a gara, quando la legge impone ai subappalti un limite del 30 per cento. La legge permette di costituire un’associazione temporanea di impresa con gli operatori della manutenzione, ma è assurdo costituire un’ATI quando il ruolo del produttore si conclude con la fornitura mentre quello dei manutentori dura per altri cinque anni. A questa domanda l’ing. Reale risponde che questa è sicuramente una delle criticità su cui operare, ma che oltre all’ATI la legge prevede anche altri strumenti, come per esempio l’avvalimento.

Nel dare il via alle repliche, il moderatore ha sintetizzato i temi più rilevanti nei seguenti punti: la necessità di un quadro normativo certo; la questione dei ritardi nei pagamenti; l’opportunità di un sistema di prequalifica delle aziende; la questione dei pesi da dare ai diversi aspetti nella valutazione dell’offerta più vantaggiosa; l’opportunità di un sistema di benchmarking nelle prestazioni delle forniture; il supporto documentario alle garanzie da fornire al committente; il percorso da seguire, per arrivare alla stesura di Linee guida, passando attraverso la redazione di un Libro bianco. Ha poi garantito che GSA Igiene urbana continuerà a mettere le sue pagine a disposizione degli sviluppi di questo processo.

Xavier Santiapichi è intervenuto sul tema dei prototipi, per dire che: primo, non possono essere troppo stretti i tempi di consegna e, secondo, che, vista l’onerosità dalla loro produzione, l’azienda che li richiede deve comunque impegnarsi ad acquistarli, purché, beninteso, siano conformi alle specifiche richieste. Ha poi aggiunto che non sempre le gare al massimo ribasso sono da scartare. Questo può valere per i mezzi, che sono prodotti di elevata complessità; ma non per le attrezzature, le cui specifiche sono già previste dalla normativa e dove la concorrenza si esercita sul prezzo. Quanto alla valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, vanno fissati a priori, e con precisione matematica, i parametri di riferimento per la definizione dei pesi. Ha poi ricordato che dal 27 aprile di quest’anno i ricorsi possono essere inoltrati solo entro 30 giorni dalla conclusione della gara e solo da chi ha avvisato la stazione appaltante dell’intenzione di presentarlo e delle motivazioni per cui intende farlo.

Davide Ambrogi ha sostenuto che se un’azienda è in grado di garantire un pagamento a 30 giorni può anche chiedere al fornitore uno sconto, cioè spuntare condizioni migliori. In ogni caso la stretta creditizia, tanto sui fornitori che sulle aziende, renderà sempre più difficile la dilazione dei pagamenti e farà uscire dal mercato le azienda inadempienti.

Paolo Martinelli ha sollevato il problema dei ricambi. Se il ricorso a ricambi non originali può far risparmiare l’azienda, in alcuni casi le garanzie di sicurezza sono strettamente legate ai ricambi originali. La sicurezza investe anche il problema dei veicoli usati ceduti in permuta. La direttiva macchine impone che l’usato rivenduto abbia la conformità CE con responsabilità del cedente per eventuali incidenti dovuti al suo malfunzionamento. Infine, la crisi di aziende come l’AMIA di Palermo fa riflettere: perché fino ad ora i debiti delle aziende pubbliche, ancorché in ritardo, erano considerati sicuri. Adesso il contesto cambia.

Quanto al noleggio, per cui Farid ha una propria azienda, va distinto quello a breve, per far fronte a circostanze particolari, e quello a lungo termine, che può convenire al committente che evita così di fare contratti di manutenzione. Nel regno Unito circa un terzo del parco veicoli è a noleggio.

Daniele Fortini ha insistito sul tema della semplificazione. Per quanto riguarda i ritardi nei pagamenti, questi sono dovuti alle difficoltà di riscossione dei ruoli e ai ritardi dei trasferimenti statali. Se alcune aziende reggono meglio di altre, è perché, in genere, possono contare su margini consistenti sul fronte dell’impiantistica, che, a differenza della raccolta, può essere molto redditizia. Quelle del Mezzogiorno per lo più non hanno impianti, quindi sono penalizzate. Quanto alle privatizzazioni, è difficile che qualche operatore si faccia avanti per acquisire quote di un’impresa strutturalmente in perdita. In molte regioni del Mezzogiorno questo comporterà un ritorno alle vecchie aziende municipalizzate.

Filippo Bernocchi ha rilevato come anche al nord le aziende incontrino crescenti difficoltà nella riscossione dei ruoli. Il decreto sull’assimilabilità complicherà le situazioni di bilancio, perché molte aziende hanno finora compensato con tariffe più elevate per i rifiuti assimilati la mancata copertura dei costi con la quota a carico delle utenze domestiche. L’unico rimedio possibile è quello di intervenire sull’impiantistica, al di fuori di logiche ideologiche, per fornire alle aziende cespiti adeguati.

Umberto Reale ha concluso proponendo di passare alla fase operativa. Il primo passo dovrà essere la redazione di un elenco delle problematiche (anche sulla base di quanto emerso in questa tavola rotonda), ricordando che anche il legislatore dovrà fare la sua parte.

CONTENUTI SUGGERITI