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Un paesaggio per EXPO 2015

(Tratto da “GSA Igiene Urbana” n.3, Luglio-settembre 2010)

 

L’Expo 2015 potrebbe rappresentare una grande occasione per ripensare il rapporto tra città e campagna, tra urbanizzazione e zone rurali, tra la città diffusa frutto del modello di espansione urbana che ha dominato gli ultimi decenni e recupero di una funzione vitale e produttiva del paesaggio in cui questi processo si sono sviluppati. A condizione che le spinte speculative non abbiano il sopravvento.

 

 

Dida 1. Master Plan di EXPO 2015. Progetto ad opera della Consulta Architettonica formata da Studio Boeri, McDonough & Partners, Herzog & De Meuron . Il progetto di un “orto botanico planetario”, basato su un sistema di grande serre che riproducono le condizione climatiche del mondo e di decine di campi coltivati da parte dei paesi che parteciperanno all’Evento del 2015, è la vera eredità che l’Expo lascerà a Milano, alla Regione Lombardia, all’intero Paese.

 

Nel 2015 Milano ospiterà l’EXPO. Non solo un grande affare o un evento legato al  marketing e al turismo. Il dibattito culturale che ha già avviato, ha preso da subito uno spirito molto concreto. Merito di un tema, quello della produzione del cibo, che investe l’etica, la qualità, la tradizione e il paesaggio in cui questa qualità si manifesta. Un tema che ha centrato perfettamente il momento e il luogo. Il risultato più importante è la finestra finalmente aperta su un mondo spesso trascurato, La più grande occasione per fare il punto su agricoltura, paesaggio e città.

 

Che cos’è l’Expo

 

L’Expo è un’esposizione universale senza fini commerciali, concessa dal comitato internazionale BIE (Bureau International des Expositions) ogni 5 anni a uno dei 156 Paesi membri. Le Expo da oltre 150 anni conferiscono prestigio al Paese ospitante, vincitore della gara di assegnazione. Ogni Expo è dedicata a un tema d’interesse mondiale, viene realizzata in un sito appositamente attrezzato ed è un’occasione di incontro e condivisione di un’esperienza unica da parte di partecipanti e visitatori, attraverso la conoscenza e la sperimentazione innovativa del tema preposto, orientato ad interpretare le sfide a cui l’umanità è chiamata a rispondere.

 

L’argomento di Expo 2015 è legato al paesaggio

Dida 2. Il Master Plan di EXPO 2015 non sembra al momento dare interesse all’agricoltura, come carattere del paesaggio ospite dell’esposizione. Gli elementi riproposti (orti, canali, cascine) hanno una funzione simbolico-culturale. Potrebbero diventare un’occasione per promuovere questo paesaggio agricolo al grande pubblico


Il tema scelto è Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita e abbraccia tutta la sfera dell’alimentazione, dal problema della mancanza di cibo in alcune zone del mondo a quello dell’educazione alimentare, fino alle tematiche legate agli OGM. Fra i temi di lavoro e di dibattito, uno prevede in modo specifico di “Valorizzare la conoscenza delle tradizioni alimentari come elementi culturali ed etnici”. Un richiamo preciso al territorio rurale, ai suoi spazi, alle sue attività, ai suoi valori.

Contrariamente alle mega-manifestazioni a cui siamo ormai abituati, Expo 2015 potrebbe portare qualcosa di positivo: per questo i paesaggisti italiani non la avversano apertamente come hanno fatto quelli turchi con Smirne. Expo può essere un motore di grandi potenzialità: potrebbe risvegliare, ordinare e proporre una nuova coscienza collettiva sui grandi temi che mettono in relazione l’uomo con il cibo che consuma.

Piace anche il suo modo di presentarsi. Sarà il primo EXPO orizzontale, senza opere faraoniche proiettate verso il cielo, senza proporre modelli muscolosi. Aderirà al terreno, così come il tema impone. Nelle intenzioni varcherà anche il recinto dell’evento per proiettare la sua influenza nelle zone coltivate, non solo in un intorno ristretto, ma con raggi molto ampi fino ad abbracciare il livello nazionale. In questo è auspicabile riconoscere un senso di continuità, di apertura, e non una mancanza di rilievi. Sorgerà nella periferia nord-ovest di Milano, in aree da riqualificare di non particolare pregio paesaggistico o agricolo. Tanti motivi per vedere Expo con ottimismo. Uno solo per disperare: vinceranno come sempre gli interessi e non gli ideali.

 

Paesaggio e agricoltura

 

Dida 3. l’Expo 2015 si caratterizzerà per la presenza di una piattaforma lunga 2,5 chilometri, metafora della tavola a cui siederanno i Paesi di tutto il mondo con le loro colture e culture alimentari. A ridosso di questo lungo boulevard che collegherà piazza Expo a piazza Italia sorgeranno i padiglioni.


Il tema della produzione del cibo si sposta immediatamente sulla salvaguardia del paesaggio agrario, un tema cruciale per il futuro. Nel nostro Paese, milioni di ettari coltivati sono stati destinati all’edificazione e alle infrastrutture, modificando il paesaggio e l’equilibrio ambientale. Solo la cura del paesaggio agrario può perseguire uno sviluppo sostenibile che limiti il consumo di territorio e l’uso delle risorse ambientali e nel contempo tuteli le produzioni alimentari e la biodiversità.

Le produzioni agricole e le relative attività, sono elementi fondamentali per la definizione del territorio: gli agricoltori hanno costruito i paesaggi più vasti della Terra. Per questo riconosciamo nelle forme tradizionali del paesaggio una parte della nostra storia: dai terrazzamenti liguri, alle bonifiche agrarie, alle risaie della Lomellina. Ma quali di questi paesaggi antropizzati sopravvivrebbero se dovesse cessare la convenienza economica dell’attività agricola o se questa dovesse trovare altre tecniche di coltivazione? Certamente pochi. Dove mutano le condizioni che hanno determinato un dato paesaggio, questo si degrada o viene cancellato.

Non si può intendere la conservazione o la tutela del paesaggio agrario, come trattassimo un grande giardino: nessun governo o istituzione può permettersi di mantenerlo. Non avrebbe neanche senso bloccare il tempo per conservare  l’involucro (il paesaggio), mentre il contenuto (sistema socioeconomico) è estinto. A meno che il richiamo turistico non colmi la differenza, come avviene in molti casi. Oggi sono ancora gli agricoltori, professionali o hobbistici, a prendersi cura di gran parte del territorio libero, ovvero non occupato da costruzioni, impianti, infrastrutture. Per contro, i modelli socioeconomici urbani producono paesaggi urbani o di mera conservazione (i parchi e le riserve), con risorse e personale a ciò destinati.

Una agricoltura che non arriva al 3% del PIL, quando i prodotti alimentari sono oltre il 20%; una agricoltura che vive di sovvenzioni CEE, che è soggetta a logiche produttive planetarie. Una agricoltura mondiale che produce oggi a sufficienza per sfamare 12 miliardi di persone, quando siamo molti meno e ancora meno quelli sazi. Una agricoltura basata sulla meccanizzazione, sull’uso di concimi e pesticidi, sulla riduzione di addetti, su prodotti di bassa qualità se non poco salubri, che porta alla perdita della biodiversità e dei paesaggi agrari tradizionali.

 

Dida 4. Dopo il 2015, l’orto planetario costituirà un’attrazione turistica straordinaria e un  luogo di ricerca e sperimentazione per tutti i Paesi del mondo. Il ricupero della cascina Triulza come museo dell’alimentazione e la sostituzione dei padiglioni nazionali con orti e padiglioni dedicati all’agricoltura e al cibo delle regione italiane, l’Orto Planetario potrà fare di Milano la futura capitale della ricerca agroalimentare nel mondo.

 

E’ una agricoltura in crisi. Non solo economica, ma di identità, di obiettivi, di rapporti. La crisi del settore agricolo, inevitabilmente investe il paesaggio e si avvia rapidamente a trasformarlo. In questa trasformazione, che comprende il territorio, sistemi e dotazioni, dall’acqua alle cascine, dalle stradine alle reti ecologiche, il ruolo dei paesaggisti diventa un ruolo fondamentale per coordinare e orientare lo scenario futuro.

Nella ricerca di modelli agricoli alternativi, da anni si studiano soluzioni compatibili con una realtà agricola che spesso si frammenta con la città.  Rossana Ghiringhelli,  Dirigente del settore pianificazione del territorio della Provincia di Milano e del Parco Agricolo Sud, sottolinea che le valenze produttive del territorio rurale non sono le uniche: l’esperienza mostra come un grande parco agricolo di cintura agisce anche a protezione del territorio meridionale della metropoli lombarda, con  funzioni di presidio ambientale, a salvaguardia dei valori messi a rischio dall’espansione metropolitana. Se correttamente orientate queste aree possono svolgere una funzionalità ecologica indispensabile (rete di aree naturalistiche, mantenimento di zone cuscinetto a mitigazione degli ambiti urbanizzati, habitat di specie animali). Ma neppure  l’aspetto artistico e culturale può essere trascurato. Il parco dovrebbe difendere e valorizzare anche gli elementi del paesaggio antropizzato, in particolare gli edifici religiosi e le cascine di pregio. Tutto questo presuppone un piano per la fruibilità collettiva nel sistema parchi metropolitani e nella rete dei percorsi ciclabili.

 

Un discorso molto chiaro, che introduce il concetto di multifunzionalità. L’agricoltura da sola non è sufficiente per mantenere in attivo una azienda. La multifunzionalità dell’agricoltura è da considerarsi un fattore inevitabile e positivo, a patto che l’attività agricola rimanga prevalente. L’agricoltura intorno a una grande metropoli deve diventare un modello di sviluppo e presentare obiettivi di qualità, che recuperino i saperi e la cultura tradizionali, per fare emergere un modello sociale attrattivo con sbocchi occupazionali alternativi rispetto a quello urbano.

Agriturismi, wellness, parchi tematici e didattici, fanno riferimento a modelli sociali e stili di vita diversi da quello urbano. Inoltre incrementano bellezza, biodiversità, protezione ambientale, ecc.

 

Agricoltura e città

 

Dida 5. Parco Agricolo Sud Milano è il contesto in cui si realizza l’EXPO 2015.

Nelle nostre pianure, la città progredisce sempre a sfavore del terreno agricolo. Prima dove vale meno, poi anche nelle zone di alto valore agricolo, che è pur sempre un valore infinitesimo se confrontato con quello immobiliare. I dati statistici nazionali sul consumo di suolo non sono ufficiali e già questo è un indizio. Il fenomeno, secondo Daniele Meregalli, Responsabile dell’area territorio del WWF Italia, rischia di alterare irreversibilmente gli equilibri ecologici con perdita di biodiversità. Una dinamica degenerativa che va contrastata con la tutela e il rafforzamento della rete ecologica nazionale. Per l’area Milanese si parte dalla rete ecologica regionale istituita dalla Lombardia (RER), per cogliere l’occasione dell’Expo 2015 e promuovere interventi per mettere in rete i parchi regionali e metropolitani attraverso il rafforzamento del tessuto connettivo costituito dalle aree agricole periurbane e dal reticolo idrografico minore.

Fra città e campagna rimane comunque un confine indefinito che comporta perdita di valori per entrambi. Il tema dei margini riprende la definizione di paesaggio della Convenzione Europea, che intende la totalità del territorio, compresi ambiti degradati e marginali. Per Piergiorgio Vitillo,  Docente del Politecnico di Milano e vicepresidente dell’INU Lombardia, la mancata soluzione del rapporto fra città e campagna ha come conseguenza  la creazione di margini come spazi ibridi  in rapporto alla forma della città contemporanea, policentrica e diffusa, specie dove non pianificati. Questi ambiti, né città né campagna, hanno una qualità propria; sono legante e supporto di una rete di relazioni tra spazi costruiti e spazi aperti. Occorre trasformare i vuoti occasionali e residui in luoghi collettivi interconnessi e integrati. Ma a noi sembra ancora un sistema tradizionale, che fa dell’urbanistica la testa di ponte dell’espansione urbana e della cementificazione, chiamandola magari con nomi diversi. La proposta di realizzare nuove centralità a partire dai margini presuppone progetti di spazi e funzioni sulla base dei nuovi sistemi relazionali della città contemporanea. Quindi si va sempre a senso unico: il margine di una città può essere solo una città.

Di segno opposto e in analogia ai problemi presenti nel Parco Sud Milano, si colloca l’esperienza del Parco della Piana di Firenze, riportata da Massimo Morisi, Docente Università di Firenze e garante per la partecipazione della Regione Toscana. Un ambito periurbano di circa 3.000 ettari in costante trasformazione e sottoposto a forti pressioni antropiche. A questo parco è stato assegnato il ruolo chiave per il riequilibrio ambientale dell’area metropolitana. Attraverso un progetto strategico di riqualificazione territoriale, frutto di una costruzione dal basso, che ha coinvolto l’intera cittadinanza, ma in particolare i soggetti interessati nell’organizzazione, che con il loro comportamento possono influenzarne l’attività. L’esperienza fa leva sulla partecipazione e prevede che questa non sia un puro passaggio amministrativo, ma un elemento costitutivo del processo creativo e decisionale, per arricchire i contenuti del progetto e stimolare il senso di identificazione collettiva.

La partecipazione è l’appropriazione collettiva di un obiettivo condiviso; requisito indispensabile per tradurre i progetti di sviluppo in un paesaggio innovativo di interfaccia tra sistemi di relazioni. Un ibrido diverso da città e campagna, ma con un carattere di identità forte, qualificante e condiviso.

Le esperienze di pianificazione e di sperimentazione degli spazi periurbani, i nuovi modelli di produzione di cibo basati sulla salvaguardia delle piccole produzioni agricole e sullo sviluppo del rapporto tra città e agricoltura sono significative perché possono collaborare all’elaborazione di un modello di riqualificazione da estendersi nel Paese.

 

Il prodotto agricolo e la sua produzione

Dida 6. Il bordo città-campagna nel Parco Sud Milano.

Il territorio rurale esce dal contesto della coltivazione ed entra in contatto con la cultura e con la comunità. Come è sempre stato prima dell’avvento dell’industria agricola. La ricerca di questo legame vede reciproci sforzi di avvicinamento: dall’orto al paesaggio. Riteniamo questo approfondimento una buona occasione per studiare, imparare e divulgare un corretto atteggiamento nei confronti del tema della produzione di cibo di qualità, dell’attenzione all’ambiente e alla biodoversità e ai luoghi in cui viene prodotto. Tutto questo è paesaggio.

L’argomento che da anni sta portando avanti Slow Food è che il cibo è un valore attorno al quale si è costruita l’identità di una comunità; per questo occorrono progetti locali che colleghino città e campagna, modello urbano e identità agricola. Ad una qualità della produzione corrisponde una qualità del vivere, della comunità che la esprime, del paesaggio che produce (G. Barbero).

Esiste uno stretto rapporto tra qualità dei prodotti e qualità dei paesaggi. L’obiettivo è di avere un prodotto agricolo coltivato in un’area caratterizzata da un paesaggio unico. Il buon cibo è prodotto in diverse parti del mondo, non è una specificità italiana; ma il paesaggio che accompagna la sua produzione non è sempre indice di qualità. Il Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 mira ad apportare qualche cosa in più: l’abbinamento tra il prodotto agricolo di qualità e il paesaggio di qualità.

Questi progetti non sono pianificati: la pianificazione agricola deve comunicare con la pianificazione urbanistica. Il Piano mira a riconciliare l’agricoltura e il paesaggio attraverso strategie che si dividono in tre assi: Asse I: miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale e integrazione del paesaggio nel modello di sviluppo. Asse II: miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale. Asse III: qualità della vita nelle zone rurali.

 

Ruralizzazione 

 

Dida 7. Colture tipiche, manufatti storici, tipicità del paesaggio agricolo. Marcite nel Parco Sud Milano

Dietro Expo c’è un programma territoriale di ruralizzazione, che incide oltre i confini regionali. Paolo Lassini, ora direttore del settore Agricoltura della Provincia di Milano, rimarca l’azione della Regione Lombardia, che nelle norme urbanistiche e nelle norme di settore, ha definito come la pianificazione del territorio rurale debba avere la stessa dignità di quello urbanizzato. Un concetto forte e innovativo, anche se non ancora adeguatamente applicato nei PTCP e nei PGTI. Si basa su alcuni principi molto semplici:

  • Lo spazio libero agroforestale è irrinunciabile, nella posizione che occupa. Non è più possibile delegare a territori lontani la sostenibilità di un’area urbanizzata.
  • L’agricoltura è indispensabile e strategica in ogni Paese per la produzione in sé e per la qualità dei prodotti. È spazio vitale e per lo sviluppo della qualità della vita, per le molteplici e nuove funzioni che svolgono di equilibrio generale del territorio, dell’ambiente e della società.
  • E’ auspicabile lo sviluppo di una nuova ruralità con contenuti innovativi di sostenibilità ed economicità, oltre che ambientali, territoriali, fruitivi, culturali e  paesaggistici.
  • Lo scopo entro il 2015 è promuovere  la ruralizzazione  durevole di oltre 100.000 ettari in aree strategiche e in aree a parco.
  • Innovare la catena agro-alimentare attraverso la valorizzazione e diffusione delle tecniche tradizionali e delle innovazioni tecnologiche prodotte e sviluppate in Lombardia, sia in campo agricolo che nella trasformazione alimentare, rafforzando la competitività del sistema agroalimentare e forestale attraverso progetti che coinvolgano le piccole e medie imprese.

 

Come proporre il paesaggio italiano all’EXPO 

 

Dida 8.  Il sistema delle reti. La rete idrica nel Parco del Ticinello.

L’Expo rappresenta un esempio concreto e proporrà dei modelli di paesaggio che dovranno sintetizzare quanto detto sopra e fornire un’area agricola pulita e di qualità che possa rappresentare un esempio al mondo. Lo farà anche attraverso la presentazione di stand istituzionali, padiglioni, spazi espositivi, allestiti dall’Italia, ma anche da singole regioni o provincie. In questi spazi il paesaggista dovrà dialogare con la complessità, lavorando caso per caso e coniugando salvaguardia e sviluppo nel rispetto delle identità locali, dovrà curarsi del tema dei margini, mantenendo un carattere che tenga conto delle relazioni, del disegno degli spazi aperti, del rafforzamento dei sistemi ecologici, dell’inserimento di infrastrutture, dei criteri compatibili di trasformazione del territorio.

Queste le basi su cui AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio) ha lavorato per proporre a Expo 2015 alcune linee guida che garantiscano una maggiore tutela del paesaggio, in coerenza col tema della produzione agroalimentare sostenibile. I progetti devono trasformarle in proposte capaci di legare pianificazione, sostenibilità energetica, tutela ambientale e qualità architettonica. Il progetto paesaggistico è una risultante sintetica e sostenibile dei fattori che concorrono all’assetto del territorio e alle sue trasformazioni imposte dallo sviluppo demografico, tecnico ed economico.

Obiettivo è di mettere l’accento tra i temi dell’Esposizione Universale, la salvaguardia dei paesaggi italiani come presidi ambientali con i loro valori e specificità territoriali, recuperando l’aspetto più culturale del paesaggio, inteso come entità complessa e in continua trasformazione, risultato delle tradizioni secolari del nostro Paese.

 

Parole chiave per il progetto di paesaggio

Dida 9.  Paesaggi italiani, la campagna della pianura Toscana.

La conclusione consiste in una serie di parole chiave che sintetizzano i concetti ricorrenti. Con questo contributo a EXPO 2015, AIAPP intende offrire degli spunti di lavoro che possano assicurare alle proposte che saranno presentate, una giusta attenzione ai temi della progettazione paesaggistica, con particolare riferimento al paesaggio agrario. A queste riflessioni hanno apportato determinanti contributi figure professionali, politiche, tecniche e i cittadini impegnati a trasformare EXPO 2015 in una grande occasione per focalizzare il ruolo della produzione agricola in rapporto col cibo, con le nostre esistenze e con i luoghi in cui viviamo.

 

1.            Riscoperta o riconoscimento dei paesaggi italiani.  Partiamo dai luoghi di origine, ritrovando i segni, i materiali e le tecniche in grado di  definire l’identità di una tradizione diffusa e consolidata sulle pratiche legate all’agricoltura. La  salvaguardia dell’identità culturale e dei suoi caratteri è messa in crisi da numerosi fattori esterni, ma anche interni alla produzione. Riscoprire paesaggi significa confrontare la storia e le culture locali, studiare il sito e valorizzare i prodotti che sono la sintesi e a volte il simbolo di queste relazioni.

 

2.            Contaminazione:  la vivibilità del territorio, la sua cultura e ciò che produce è connessa anche con i processi di integrazione con gli immigrati e i migranti. La presenza di stranieri offre il confronto con nuovi gusti alimentari, nuove abitudini, consente di importare nuove tecniche di produzione, manodopera abituata ad altre produzioni, altri sistemi, altri mezzi. Può questa integrazione avvenire senza contaminazioni? Le trasformazioni sono inevitabili, ma occorre valutarne i contributi. La stessa contaminazione è nelle produzioni vegetali, nella diffusione di piante e prodotti.

 

3.            Equilibrio tra città e campagna. Investe diversi temi, che vanno dal socioeconomico, alla qualità urbana e territoriale. L’Expo è indicata perché coinvolge la fascia più delicata del rapporto, ovvero il bordo urbano, contro cui si sfrangia il tessuto agrario originario. Il paesaggio urbano è alla ricerca di una nuova identità, allo stesso modo  lo è il paesaggio agrario. La vista prospettica deve comprendere il tessuto edificato, ma anche riconoscere i diversi contributi che l’agricoltura offre alla qualità degli spazi aperti all’interno delle città, originando nuove forme di produzione, di mercato e quindi di paesaggio. L’agricoltura di prossimità può sollecitare nuove forme di spazio agrario.

 

4.            Autonomia. La campagna non va pensata solo in funzione della città, ma anche per se stessa, come qualificazione dei suoi ambienti, della biodiversità, dei valori e della vita della popolazione che vi risiede. La versione moderna della conduzione non può pensare solo ad un’agricoltura che produca cibo, pena la destrutturazione sociale economica  e culturale della campagna. Le cascine, ad esempio, vanno pensate come un pezzo della campagna e non solo come a degli immobili dove ricollocare delle funzioni residenziali.

 

Dida 10. Agricoltura in città: provocazione o anticipazione?

5.            Reti e relazioni, per potersi muoversi e non rimanere prigionieri. I singoli elementi sono più importanti, se posti in un sistema complesso. Nel quadro di Expo le reti più sollecitate riguardano le acque, che non possono essere risolte con la progettazione di un Canale, ma devono comprendere il sistema di scorrimento, il trattamento e tutto il ciclo dell’acqua. Di importanza strategica le reti dei trasporti e delle infrastrutture, che rischiano invece di schiacciare l’area.

 

6.            Paesaggi di ricerca, produzione, innovazione. Il paesaggio che verrà, non lo conosciamo. Lo studio e la ricerca della tradizione, non significa tornare indietro. Si potrebbe originare un modello nuovo oggi sconosciuto, che risponderà e interpreterà le nuove sollecitazioni. Per esempio, le coltivazioni affiancate alle strade, i segni di nuovi mezzi meccanici, l’integrazione di nuovi prodotti, nuove piante da frutto, da foraggio e da cereali, piccoli frutti, piante erbacee,  potrebbero portare ad un disegno che ancora non conosciamo.

 

7.            Paesaggi quotidiani, custoditi, gestiti. Dopo aver sviluppato i primi sei punti, non ci resta che contemplare cosa di bello è stato prodotto. Il sette è il numero del giardino. Senza la bellezza del risultato, il lavoro non trova il suo compimento. Se dobbiamo fare qualcosa, facciamola bella. Quello di cui si è parlato finora non è lontano dal concetto di giardino: giardino non è solo sinonimo di riposo e di contemplazione, ma anche di fatica,  soddisfazione  e di qualche delusione, Oltre che di produzione,   sperimentazione,  equilibri e  contrasti, ma soprattutto di bellezza.  Noi ci aspettiamo che il paesaggio di cui tratteremo, e tutto quello che faremo, serva per portare benessere e bellezza per noi e per le generazioni future.

 

Questo articolo è stato realizzato con il contributo di AIAPP, Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, che ha organizzato il ciclo di conferenze “Paesaggi in corso” e il convegno nazionale “Expo 2015: Al centro del paesaggio agrario”, da cui sono stati tratti i maggiori spunti. Si ringraziano per la collaborazione, i paesaggisti:  Luigino Pirola, Francesca Neonato, Maurizio Ori, Francesca Pisani, Luca Baroni, Alessandro Ferrari, Sara Pivetta.

 

 

 

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