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Ritorna l’emergenza rifiuti in Campania

(tratto da “GSA Igiene Urbana” n.4, Ottobre-Dicembre 2010)

L’emergenza rifiuti in Campania non è affatto risolta. Il ritorno di una situazione di degrado e di conflittualità era stata anticipata dalla relazione di una commissione di inchiesta del Parlamento europeo di cui riportiamo i passi più salienti.

Nel corso delle ultime settimane la situazione dei rifiuti in Campania è tornata all’onor delle cronache a causa della rivolta della popolazione e dei sindaci di alcuni comuni vesuviani contro la realizzazione di una seconda discarica in un’area protetta appartenente a un Parco nazionale. Ma anche a causa del ritorno di cumuli di rifiuti non raccolti lungo le strade di alcuni centri e soprattutto di Napoli. Che le cose non fossero in regola era comunque stato anticipato da una relazione di una Commissione del Parlamento inviata in Campania per verificare lo stato delle cose, pubblicata il 25 luglio scorso, di cui riportiamo alcuni passi. Innanzitutto le ragioni e le modalità di questa missione:

“Obiettivo della visita era indagare sulle denunce contenute in 15 petizioni pervenute e già esaminate in commissione nel corso della precedente legislatura e più recentemente nel dicembre 2009. I membri della delegazione hanno incontrato i firmatari e le comunità locali che sono le più direttamente colpite dalla situazione, le aziende che amministrano le varie strutture di smaltimento dei rifiuti presso cui è stato effettuato il sopralluogo e le autorità locali, regionali e nazionali competenti.”

La relazione richiama brevemente le vicende che hanno portato all’emergenza del 2008 ed alle sue disastrose conseguenze, tutt’ora irrisolte:

“Il primo a essere nominato Commissario per i rifiuti per la Campania fu il Governatore Rastrelli, nel 1994. Il suo piano, in apparenza piuttosto ambizioso, prevedeva il passaggio dal sistema delle discariche, per la maggior parte sature e pesantemente inquinate, a un ciclo integrato di gestione dei rifiuti, che si sarebbe retto sulla produzione di combustibile di alta qualità derivato dai rifiuti (CDR o ecoballe) e sulla successiva produzione di energia attraverso l’incenerimento del CDR in appositi impianti inceneritori. I residui organici sarebbero stati utilizzati, invece, per la rigenerazione delle discariche esistenti. Parallelamente a questo ciclo era prevista una strategia per la riduzione e il riciclaggio dei rifiuti domestici.

La gara d’appalto per l’organizzazione dell’intero ciclo dei rifiuti, che prevedeva la costruzione di due inceneritori e di sette impianti per le ecoballe e per i rifiuti organici, fu vinta il 20 marzo 2000 dalla società FIBE, il cui mancato rispetto dei termini contrattuali è da più parti considerato una delle cause alla radice di molti dei problemi di oggi.

 Il risultato è che la Campania si ritrova oggi con sei milioni stimati di

ecoballe di qualità inferiore allo standard, sospettate peraltro di contenere rifiuti tossici. Inoltre, l’assenza di strutture di incenerimento ha determinato l’ammasso delle ecoballe in siti di stoccaggio temporaneo e la saturazione delle discariche con rifiuti misti e forse, anche, contaminati. Oggi si ritiene che il cumulo di ecoballe sia “mummificato”, ovvero che il suo potere calorifico sia troppo elevato per consentirne l’incenerimento presso la struttura attualmente disponibile”.

Chiara è anche la constatazione della inadeguatezza dell’unico impianto di smaltimento finale realizzato: “Il primo inceneritore di Acerra è entrato in funzione soltanto nel marzo 2010. Le cause della

ritardata apertura del primo ed unico impianto d’incenerimento ad oggi operativo sono molteplici. Il luogo prescelto, Acerra, risultava già fortemente inquinato, tanto che agli abitanti era stata promessa, anni addietro, una bonifica ambientale. I lavori di costruzione sono stati rallentati, anche per questo motivo, da battaglie legali interminabili riguardanti, da un lato, l’ubicazione dell’impianto e, dall’altro, le specifiche tecniche del tutto anacronistiche proposte da FIBE. L’impianto attuale, che la delegazione ha avuto modo di visitare, non è stato dunque completato da FIBE, bensì da Partenope Ambiente, che ha aggiornato il progetto ed è ora responsabile della sua gestione. FIBE è attualmente sotto inchiesta”.

Lo smaltimento dei rifiuti continua pertanto a essere affidato alle discariche, il cui ruolo la normativa europea vuole ridurre ai minimi termini, che non dovrebbero comunque accogliere materiali tossici e nemmeno, oltre una certa percentuale, rifiuti organici. E mai e poi mai essere realizzate in aree protette. Pesante, poi, è la constatazione che ai cittadini e ai loro sindaci viene negato il diritto di controllare e verificare il modo in cui vengono gestite:

“Di conseguenza i rifiuti domestici e non continuano ad essere conferiti in discarica in maniera indiscriminata, in taluni casi, a quanto risulta, mescolati a diversi tipi di rifiuti industriali. Poiché molte discariche sono state dichiarate aree di interesse strategico, è stato impedito ai cittadini e alle autorità locali di verificare cosa vi venga effettivamente conferito”.

Continua poi il business sui rifiuti che ha dato origine al disastro campano:

“Le discariche sono in gran parte gestite da privati anche se non è chiaro sulla base di quali licenze o autorizzazioni; molte, a quanto si dice, sarebbero o sarebbero state sotto il controllo della Camorra e di gruppi della criminalità organizzata”.

La delegazione constata sia l’inadeguatezza delle misure adottate per far fronte all’emergenza sia l’inadempienza delle stesse da parte delle autorità preposte alla loro attuazione:

“Durante l’ultima emergenza rifiuti, periodo al quale risale la maggior parte delle petizioni, è stata promulgata una legge, datata 14 luglio 2008, che affida la competenza per il ciclo di gestione dei rifiuti alla Protezione civile, fissa la data di fine emergenza al 31 dicembre 2009, designa i siti di gestione dei rifiuti come zone “di interesse strategico” assoggettandole alla supervisione militare e al segreto di Stato, autorizza l’allestimento di dieci discariche e di quattro inceneritori. Il sistema commissariale in sé è oggetto di pesanti critiche e varie indagini giudiziarie in corso. Molti tra la popolazione ritengono che la gestione dei rifiuti da parte dei commissari straordinari costituisca parte del problema, piuttosto che la soluzione”.

Il vizio di fondo della gestione commissariale è dato, secondo la delegazione, dal potere di deroga rispetto a tutta la normativa che regola una materia così delicata:

“La caratteristica più importante della gestione straordinaria è il potere dei commissari di derogare alle norme e ai controlli, comprese le leggi in materia di valutazioni di impatto ambientale e quelle sugli appalti pubblici; risulta altresì che abbiano accesso pressoché incontrollato ai finanziamenti pubblici. Hanno inoltre l’autorità di decidere a quali aziende assegnare i contratti di trasporto, di realizzazione delle opere, l’ubicazione di impianti, discariche e inceneritori, senza l’obbligo di fornire informazioni agli enti locali e agli abitanti in merito alle decisioni prese”.

L’esito obbligato di questo approccio al problema è il disastro:

“Il risultato è che durante lo stato di emergenza, le decisioni sono state assunte generalmente in modo affrettato e senza riguardo per le preoccupazioni della popolazione. Tutte le discussioni in merito all’ubicazione delle discariche, al tipo e alla quantità dei rifiuti da conferirvi o alla necessità oggettiva di creare quattro nuovi inceneritori sono state sospese per poter individuare un numero sempre maggiore di siti ove collocare rifiuti vecchi e nuovi rapidamente e senza controllo. Il problema rifiuti è stato considerato come fatto puramente logistico, relegando a questione virtualmente insignificante ogni considerazione di sicurezza ambientale e di salute, e ogni riflessione di gestione a breve e lungo termine di raccolta differenziata, riciclaggio o riduzione dei rifiuti”.

Viene evidenziato il carattere sostanzialmente antidemocratico di questo approccio:

“I cittadini che hanno contestato questa situazione o che hanno cercato di proporre approcci alternativi sono stati emarginati o ignorati. La risposta delle autorità politiche nazionali è stata principalmente quella di porre i siti di gestione dei rifiuti e l’inceneritore di Acerra sotto stretto controllo delle forze armate. Neanche la polizia locale ha poteri in queste aree, come testimoniato dalla delegazione. Di recente, sono stati effettuati alcuni arresti nel corso di manifestazioni pubbliche. I rappresentanti eletti

a livello locale, fra cui il sindaco di Marano (località vicina a Chiaiano), si sono visti negare l’accesso al proprio collegio elettorale per diversi mesi. Risulta evidente che il rapporto tra cittadini e autorità è stato gravemente danneggiato. Chiaramente taluni aspetti chiave della normativa europea, concepita specificamente per

tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini e assicurare un sistema pubblico coerente di gestione dei rifiuti, sono stati gravemente violati”.

Si passa quindi all’aspetto più grave di tutta la vicenda campana: la gestione dei rifiuti tossici da parte della malavita organizzata:

“I membri della delegazione sono stati informati dell’infiltrazione di gruppi della criminalità organizzata nel lucrativo ciclo dei rifiuti. Il nesso tra criminalità organizzata e gestione dei rifiuti sussiste da molto tempo. Vi sono prove che per decenni la Camorra ha importato rifiuti tossici dalle industrie del nord scaricandoli in centinaia di discariche abusive o, addirittura, in mare…E’ inconcepibile che le autorità, o quantomeno alcune di esse, non fossero al corrente della situazione…La gestione straordinaria dei commissari che non è riuscita a superare i problemi, aggravata dall’assenza di controlli e consuntivi istituzionali, è servita soltanto, secondo numerosi osservatori, a creare nuove opportunità per la criminalità organizzata”.

La stessa attività della commissione è stata fortemente ostacolata dalla Protezione civile:

“La delegazione è entrata nella discarica di Chiaiano dall’ingresso opposto rispetto a quello ove si erano radunati ad attenderli i firmatari e i rappresentanti della stampa. Trincerandosi dietro l'”interesse strategico” del sito, la Protezione civile non voleva consentire l’accesso di queste persone sebbene lo si fosse ufficialmente richiesto”.

Sulle discariche realizzate o da realizzare in aree protette il giudizio della delegazione è drastico:

“L’ubicazione della discarica di Terzigno all’interno del perimetro del Parco nazionale del Vesuvio, sito di interesse comunitario nonché zona di protezione speciale, è di per sé un’aberrazione. Nella relazione della Protezione civile si afferma che lo studio d’impatto ambientale realizzato è stato approvato dal ministero dell’Ambiente. Alla luce di quanto osservato nel corso della visita, è legittimo dubitare dell’obiettività e della validità di tale studio…Tra i rifiuti visibili, il capo della delegazione ha scorto immediatamente un pneumatico e un bidone contrassegnato per rifiuti tossici”

Stesso discorso per le discariche della provincia di Salerno:

“I tre siti visitati nella provincia di Salerno, ovvero le discariche chiuse di Basso dell’Olmo, Macchia Soprano e il sito su cui è prevista la realizzazione della discarica di Valle della Masseria, si trovano in una zona che rientra nel campo di applicazione della direttiva “Habitat” 92/43/CEE e di una legge italiana del 2003 che la qualifica come zona umida di interesse nazionale. Tutti e tre i siti sono disposti su pendii che degradano verso il letto del fiume Sele. Il rischio di inquinamento del fiume in caso di deflussi e infiltrazioni risulta evidente…Il sito di Valle della Masseria figura nell’elenco dell’ordinanza come area da destinarsi a discarica nell’ambito dell’amministrazione straordinaria. La scelta sembra assurda, considerato che il sito è immerso in un paesaggio idilliaco”.

La situazione peggiora quando si passa alle cosiddette eco balle:

“La delegazione ha osservato dall’esterno i due siti in cui sono stoccate le ecoballe. A Taverna del Re, occupano un’area di 2 km² e un’altezza di circa 5 metri e sono coperte da tele cerate nere – uno spettacolo impressionante quanto imponente. Una parte del sito è sotto sequestro dalla magistratura nell’ambito di un’azione civile nei confronti dell’operatore privato che lo gestisce…Non essendo potuta entrare nei siti, la delegazione non è riuscita a valutare cosa contengano in realtà le ecoballe…Il secondo sito di stoccaggio delle ecoballe, a Ferrandelle, è gestito dalla Protezione civile. Secondo la relazione di quest’ultima, vi sarebbero contenute tre categorie di rifiuti: indifferenziati, organici e CDR. Il sito ha dato l’impressione di non essere strutturato; non vi era traccia di attività di separazione, e l’installazione per i rifiuti organici è sembrata inutilizzata”.

E veniamo all’inceneritore:

“La delegazione ha visitato ad Acerra l’inceneritore alimentato a rifiuti…Ai membri è stato riferito che, per effetto delle misure straordinarie, non è stato necessario realizzare alcuna valutazione di impatto ambientale…I firmatari sostengono che nell’impianto vengono usati rifiuti non separati causando un problema tecnico, affermazione smentita dai gestori. I membri, sfortunatamente, non sono in grado di confermare o smentire tali accuse”.

Le conclusioni del rapporto sono deprimenti:

“L’elemento forse più impressionante degli interventi dei firmatari è stato il loro senso di frustrazione, di totale interruzione delle comunicazioni tra cittadini e autorità, di un deficit di democrazia…In conformità alla direttiva 2003/35/CE, in particolare l’articolo 2 “Partecipazione del pubblico ai piani e ai programmi”, è necessario ricostruire il dialogo tra i cittadini e le autorità e tra i diversi livelli di governo. Occorre coinvolgere e ascoltare i cittadini e ristabilire la fiducia. La supervisione militare è controproducente rispetto alla trasparenza e a ogni ragionevole percezione di normalità”.

 

Remo Canali

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