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La città intelligente

(tratto da “Gsa Igiene Urbana” n.2, Aprile-Giugno 2010)

 

La città è sempre più un intreccio inseparabile tra strutture fisiche – edifici, strade, reti idriche, elettriche, telefoniche, ecc. – e apparecchiature elettroniche e telematiche che sostengono sistemi informativi complessi e articolati ormai indispensabili per regolarne vita e funzionamento: dalla mobilità alla tutela dell’ambiente, dai flussi turistici alla vita culturale, dallo sviluppo della conoscenza alla promozione di nuove forme di socialità. Un dossier di FORUM PA dedicato all’argomento.

 

FORUM PA è una iniziativa integrata di comunicazione per promuovere un confronto diretto tra pubbliche amministrazioni centrali e locali, imprese e cittadini sui temi chiave dell’innovazione nel sistema paese e nei sistemi territoriali, ma anche un nodo attivo del network italiano dell’innovazione, che organizza e gestisce occasioni di connessione, scambio e confronto fra le energie vitali di cui l’Italia è ricca. Ogni anno, a maggio, FORUM PA organizza una expo che vuole essere un momento di approfondimento, ascolto, diffusione e valorizzazione delle più importanti iniziative di innovazione che provengono di sistemi settoriali e territoriali italiani.

 

Che cos’è una città intelligente

Tra i temi che verranno affrontati nella prossima expo di FORUM PA un posto di rilevo è assegnato a quello della smart city, la città intelligente. Ad esso il sito di FORUM PA dedica un apposito dossier di cui presentiamo di seguito una succinta rassegna.

Smart city – si afferma nell’articolo di presentazione del dossier – è un termine con cui ci viene presentata la possibilità di una migliore qualità della vita all’interno di spazi urbani che ci aiutino a realizzare i nostri progetti di vita e di lavoro, invece di ostacolarli con crescenti caotiche complessità. Le condizioni di vita in una città, piccola o grande che sia, dipendano sempre più non solo da fattori hard (cioè da infrastrutture fisiche), ma anche da fattori soft, ossia inerenti al capitale sociale, ambientale e culturale. Sono parametri difficilmente misurabili con il PIL, ma che ci sono quotidianamente (e a volte drammaticamente) presenti. Centrale è quindi il ruolo che le amministrazioni possono e debbono svolgere nel promuovere lo sviluppo economico e sociale; ma altrettanto rilievo ricoprono le tecnologie come fattori abilitanti, la costruzione del capitale sociale e relazionale, il nuovo compito dei cittadini e delle loro associazioni nell’età della “sussidiarietà orizzontale”.

In sintesi, una città smart è quindi uno spazio urbano, ben diretto da una politica lungimirante, che affronta la sfida che la globalizzazione e la crisi economica pongono in termini di competitività e di sviluppo sostenibile con un’attenzione particolare alla coesione sociale, alla diffusione e disponibilità della conoscenza, alla creatività, alla libertà e mobilità effettivamente fruibile, alla qualità dell’ambiente naturale e culturale. L’esigenza di valorizzare i fattori soft del contesto urbano trova in Europa una sua specificità per le peculiari caratteristiche di gran parte delle città del Vecchio Continente. Le città europee, infatti, e a maggior ragione le città italiane, in gran parte basate su una storia che affonda le sue radici almeno nel Medioevo, hanno (o dovrebbero avere) tratti comuni che trovano il loro fondamento nel concetto di “comunità” e che, quindi, implicano valori come tradizione, inclusione, partecipazione, solidarietà.

 

Di che cosa è fatta l’intelligenza di una città

Scendendo nel dettaglio, nell’articolo vengono enucleati cinque settori che rappresentano il campo privilegiato, ancorché non esclusivo, di promozione dell’”intelligenza” delle – e nelle – città.

Il primo è la mobilità: una città smart è una città in cui gli spostamenti sono agevoli, che garantisce una buona disponibilità di trasporto pubblico innovativo e sostenibile, che promuove l’uso dei mezzi a basso impatto ecologico come la bicicletta, che regolamenta l’accesso ai centri storici privilegiandone la vivibilità (aree pedonalizzate); una città smart adotta soluzioni avanzate di mobility management e di infomobilità per gestire gli spostamenti quotidiani dei cittadini e gli scambi con le aree limitrofe. Su questo tema ritorneremo.

Il secondo è il settore del turismo e della  cultura: una città smart promuove la propria immagine turistica con una presenza intelligente sul web; virtualizza il proprio patrimonio culturale e le proprie tradizioni e le restituisce in rete come “bene comune” per i propri cittadini e i propri visitatori; usa tecniche avanzate per creare percorsi e “mappature” tematiche della città e per renderla facilmente fruibile; promuove un’offerta coordinata ed intelligente della propria offerta turistica in Internet; offre ai turisti un facile accesso alla rete e servizi online in linea con le loro esigenze.

Il terzo settore è ovviamente quello dell’ambiente: una città smart promuove uno sviluppo sostenibile che ha come paradigmi la riduzione della produzione di rifiuti, la loro valorizzazione economica e il potenziamento della raccolta differenziata, la riduzione drastica delle emissioni di gas serra tramite la limitazione del traffico privato, l’ottimizzazione delle emissioni industriali, la razionalizzazione dell’edilizia, così da abbattere l’impatto del riscaldamento e della climatizzazione. E, ancora, la razionalizzazione dell’illuminazione pubblica, la promozione, protezione e gestione del verde urbano, lo sviluppo urbanistico basato sul “risparmio di suolo”, la bonifica delle aree dismesse.

Fondamentale è il ruolo che l’economia della conoscenza e della tolleranza deve giocare per rendere la città “intelligente: una città smart è un luogo di apprendimento continuo, che promuove percorsi formativi profilati sulle necessità di ciascuno; è una città che offre un ambiente adeguato alla creatività, promuove innovazioni e sperimentazioni nell’arte, nella cultura, nello spettacolo, e si percepisce e si rappresenta come un laboratorio di nuove idee; è una città che privilegia la costruzione di una rete di reti non gerarchica, ma inclusiva, in cui i vari portatori di interesse e le loro comunità possano avere cittadinanza e voce; sviluppa alleanze con le università, ma anche con le agenzie formative informali; dà spazio alla libera conoscenza e privilegia tutte le forme in cui il sapere è libero e diffuso.

Il quinto settore di attenzione è rappresentato dalle trasformazioni urbane per la qualità della vita: una città smart ha una visione strategica del proprio sviluppo e sa definire, in base a questa, scelte e linee di azione; considera centrale la manutenzione del suo patrimonio immobiliare e la sua efficiente gestione e usa tecnologie avanzate per questo obiettivo; fonda la propria crescita sul rispetto della sua storia e della sua identità e privilegia, in questo senso, il riuso e la valorizzazione dell’esistente in un rinnovamento che si basa sulla conservazione; nel suo sviluppo fisico crea le condizioni per promuovere la coesione e l’inclusione sociale ed elimina le barriere che ne impediscono la sua completa accessibilità per tutti i cittadini.

 

Il ruolo degli spazi pubblici

Come si è visto, al primo posto, e non a caso, è stato messo il tema della mobilità, che è in qualche modo la circolazione del sangue nel corpo della città: ciò che la tiene in vita o ne determina, con il suo arresto per congestione, la morte. Nell’affrontare questo tema il dossier di FORUM PA  ha dato ampio spazio al contributo di Cittalia, la fondazione impegnata in studi e ricerche sull’ambiente urbano dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani. In particolare, il dossier sulla smart city riporta un contributo di Cittalia sul ruolo degli spazi pubblici.

Quali sono – ci si chiede in questo testo – le esigenze dei cittadini come pure quelle dei turisti, dei pendolari, dei cosiddetti “user” che vivono o attraversano una città? E quali sono i termini che legano la città fisica alla città immateriale? Per rispondere è necessario tenere presente i bisogni dei differenti contesti urbani e tenere alta la volontà di fare di ciascuno un centro vivibile, accogliente e competitivo.

Le città italiane e più in generale quelle europee, tutte con una lunga storia e tradizione alle spalle, debbono saper ritrovare la propria vocazione e la propria identità nel senso profondo e plurale di collettività, sapendo declinare innovazione e tradizione, inclusione e sicurezza, solidarietà e partecipazione. A partire proprio dall’uso dello spazio pubblico.

E’ qui innanzitutto che va affrontato il problema della sicurezza. Con il crescere dei fenomeni migratori nei nostri territori, le città italiane sono sempre più spesso vittima del senso di insicurezza generato (e spesso amplificato da media senza scrupoli) dalla diffidenza rispetto a culture diverse. Un ruolo fondamentale nel recupero dello spazio pubblico come sede di incontro, di socialità, di riconquista di una maggiore sicurezza spetta alle piazze, una volta che venga restituito loro, in un contesto che ovviamente è molto cambiato, la loro funzione storica.

Da sempre fulcro di ogni area urbana, la piazza ne rappresenta il “luogo” per antonomasia, dove anche storicamente questo respiro aperto e corale ha avuto un significato pieno e sostanziale per gli scambi, il commercio e molte azioni quotidiane legate alla vita di tutti i cittadini, come pure alle interazioni di semplice confronto e convivialità. La piazza deve essere quindi ritrovata per rappresentare ancora oggi un requisito importante della struttura urbana, altrimenti solipsistica. Per questo molte nuove progettualità, anche nel nostro paese, sono rivolte alla rilettura di valori che diano significato agli spazi urbani comuni.

Ma lo spazio pubblico non è rappresentato solo dalle piazze. Sono tali anche le strade e sono sotto gli occhi di tutti i fenomeni che si verificano sulle nostre reti di trasporto urbano e i conseguenti costi sociali ed ambientali. Per questo è importante ragionare rispetto a scelte innovative finalizzate ad attenuare i fenomeni negativi, scelte basate su infrastrutture e applicazioni telematiche sia per il rilevamento in tempo reale dei flussi di traffico, che per trasmettere e visualizzare informazioni agli utenti.

In questo senso vi è una crescente sensibilità e relativa risposta alle nuove offerte di servizi di trasporto (car pooling, car sharing, dial a ride) integrati in molti casi con servizi di telefonia mobile o internet per favorire il coordinamento tra offerta e domanda.

Il tempo e i modi attraverso i quali ci si sposta all’interno delle città rappresentano un tema determinante per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini.

Attualmente, nella gestione del traffico, l’infomobilità apre straordinarie prospettive per arrivare a disporre in modo semplice ed efficace di tutte le informazioni che servono ai cittadini per scegliere i mezzi e i percorsi più idonei per i propri spostamenti urbani, aumentando in questo modo anche il numero degli utenti. Un elemento che ci fa ben sperare per il futuro è l’ampiezza dei campi all’interno dei quali si muove chi si occupa di infomobilità: non solo, infatti, sistemi informativi, ma anche mezzi nuovi, ecologici e “rivoluzionari”; soluzioni logistiche basate sull’intermodalità e sull’integrazione dei diversi mezzi di trasporto; politiche di tariffazione intelligenti e personalizzate; ecc.

La crescente sensibilità ambientale (soprattutto delle giovani generazioni) e la velocità di diffusione dei sistemi di navigazione satellitare su una moltitudine di device ci fa dire che siamo all’inizio di un importante percorso di cambiamento che, se sarà percepito con la giusta rilevanza da ciascuno di noi come cittadino, porterà sensibili miglioramenti nella vita di centinaia di persone.

 

Smart Dust: il cervello e la sensibilità diffusa della città intelligente

La stretta compenetrazione tra fattori hard e fattori soft, tra infrastruttura e informazione, è al centro del terzo contributo del dossier su cui è focalizzata questa segnalazione. Si tratta di alcune notazioni di Carlo Ratti, fondatore e direttore del SENSEable City Lab del Massachussets Institute of Technology (MIT).

Secondo Ratti la rivoluzione digitale, lungi da dissolvere la città, come avevano previsto, fino a non molti anni fa, molti studiosi della nuova era digitale, ha contribuito a rivitalizzarle, pur avendone per molti aspetti annullato i limiti geografici. Quello che sta succedendo oggi è molto interessante ed è la stessa situazione in cui ci trovavamo cento anni fa, quando Le Corbusier scriveva: ‘la civiltà della macchina cerca e deve trovare la sua espressione architettonica’. Oggi siamo esattamente nella stessa condizione, solo che bisogna sostituire la civiltà della macchina con la civiltà digitale.

Il digitale ha cambiato il nostro modo di fare le cose, di lavorare, di incontrarci, di organizzare la conoscenza, insomma tutta la nostra vita. Oggi tutto questo è talmente distribuito, miniaturizzato, atomizzato e disperso che sta entrando a far parte dello spazio fisico. “Smart dust”, polvere intelligente è uno strato di elementi digitali connessi in rete che ha ricoperto il nostro ambiente, mescolando bit e atomi senza soluzione di continuità. Sensori, telecamere, e microcontrollori sono utilizzati in modo sempre più ampio per gestire le infrastrutture cittadine, ottimizzare i trasporti, monitorare le condizioni dell’ambiente, eseguire le applicazioni di sicurezza. I progressi fatti nella miniaturizzazione delle componenti elettroniche consentono di stendere in modo capillare reti fatte di MEMS (Micro Electro-Mechanical Systems), sensori, robot e dispositivi, tutti microscopici e wireless.

Ratti ci fornisce alcuni esempi importanti di smart dust. Il primo è Trash Track, sperimentato a Seattle: un sistema di etichette intelligenti che consentono di seguire il percorso dei prodotti a cui vengono applicate, con l’obiettivo di tracciare il ciclo dei rifiuti; Poi viene Aida, (Affective Intelligent Driving Agent), un piccolo robot per auto ideato per interagire con il guidatore, in grado di monitorare in modo continuo e costante le abitudini di guida del conducente e, in breve tempo, di capire le sue necessità. Segue EyeStop, la fermata d’autobus interattiva progettata per il Comune di Firenze; non manca Copenhagen wheel, la ruota di bicicletta – presentata al summit sul clima di Copenhagen del 2009 e sviluppata con Ducati Energia e Ministero dell’Ambiente italiano – in grado di recuperare energia in frenata e restituirla in caso di bisogno e dotata di sensori elettronici per ricevere e scambiare dati su inquinamento, umidità e temperatura, nonché per “dialogare” col web e con il cellulare del ciclista.

Fondamentale per la creazione di città più intelligenti è secondo Ratti l’analisi e la descrizione dinamica degli scenari urbani, realizzata sfruttando la grande mole di informazioni e dati che possono essere raccolti grazie alle tecnologie digitali. E non solo tramite sensori ambientali o piccoli computer “incastonati” nell’ambiente urbano, ma anche attraverso dispositivi digitali personali, come i telefoni cellulari.

Le città possono cominciare a funzionare come sistemi di controllo in tempo reale, regolati da flussi costanti di dati – sottolinea Ratti – Per fare un esempio, molti dei nostri progetti hanno utilizzato cellulari e dispositivi GPS per raccogliere gli schemi di movimento delle persone e dei mezzi di trasporto, e il loro utilizzo spaziale e sociale di strade e quartieri. I telefoni cellulari sono onnipresenti in maniera trasversale tra le classi socio economiche e in tutti e cinque i continenti (nel 2007 in tutto il mondo c’erano più di 3,5 miliardi di cellulari): non solo ci permettono di comunicare gli uni con gli altri in un modo senza precedenti, ma anche di creare una rete pervasiva di rilevamento che copre tutto il globo.

Trasmettendo e ricevendo informazioni in tempo reale, opportunamente visualizzate e diffuse, i cittadini stessi possono diventare gli attori principali nel migliorare l’efficienza dei sistemi urbani. Elaborando le informazioni raccolte e rendendole accessibili a tutti – sottolinea Ratti – possiamo mettere in grado le persone di prendere decisioni migliori sull’uso delle risorse urbane, la mobilità e l’interazione sociale.

Per esempio un trip planner automatico che si basa su informazioni in tempo reale sulla localizzazione di bus, treni e taxi, oltre che sui livelli di congestione e di inquinamento, può aiutare chi è in movimento non solo a trovare l’itinerario più veloce e adatto alle sue esigenze, ma anche quello che ha il minore impatto sulla qualità dell’aria. O ancora, un semplice meccanismo di feedback in tempo reale tra i cittadini e le unità di soccorso potrebbe evitare il ripetersi di tragedie come quella di New Orleans del 2005.

Nel momento in cui la tecnologia sta diventando così pervasiva, distribuita, diventa quasi invisibile. Pensiamo a come si lavorava negli anni novanta, agli uffici con quegli spazi chiusi e ben delimitati, con il PC che torreggiava sulla scrivania, incatenati al cavo di internet. Quello spazio era determinato per metà dalla macchina e per metà da noi, dai bisogni umani. In un certo senso l’architettura di domani sarà molto più simile all’architettura di ieri, si faranno cose molto diverse grazie alla tecnologia, potremo allontanarci da quelli che sono stati i condizionamenti imposti dalla rivoluzione industriale e tornare alle cose che ci stanno a cuore, come la qualità ambientale degli spazi.

Le città italiane si adattano meglio di altre a questa trasformazione: per le loro caratteristiche, la leggerezza della rivoluzione digitale è più appropriata di quanto non fossero le imposizioni dell’era industriale. Infine, applicare le tecnologie a oggetti conosciuti, di uso quotidiano, e averle tutto intorno senza quasi accorgersene, rende più semplice farle accettarle anche a chi non è abituato ad utilizzarle.

Puntare sulle nuove tecnologie per migliorare la gestione dei processi urbani e la qualità della vita dei cittadini è la linea seguita dalle amministrazioni locali che stanno siglando accordi con grandi imprese del settore per ridisegnare le proprie città.
Amsterdam, Seattle, Singapore e Curitiba (Brasile) sono alcuni dei migliori esempi affrontati dal dossier di FORUM PA.

La Commissione europea ha adottato in ottobre una raccomandazione in cui esorta le amministrazioni regionali e locali a utilizzare al meglio le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per migliorare l’efficienza energetica e la formazione dei professionisti nei settori dell’edilizia, dei trasporti e della logistica.
Nell’ambito del Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche, l’Unione europea prevede la creazione di una rete di trenta smart cities da selezionare entro il 2020. Queste città campioni dell’efficienza energetica intraprenderanno un percorso per ridurre al minimo l’impatto delle emissioni attraverso la realizzazione di sistemi edilizi e di trasporto intelligenti. Auto elettriche che si ricaricano con l’energia prodotta negli edifici, zone low-carbon e messa in rete dell’energia prodotta da fonti rinnovabili: le città scelte dalla Commissione adotteranno soluzioni originali a problemi urbani grazie ad un inedito mix di tecnologie.

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