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Architettura e pulizia: il binomio dell’eccellenza

(Tratto da “GSA” n°2 febbraio 2011) La tavola rotonda sul tema “Progettare per la pulizia – Come il progettista può facilitare le operazioni di pulizia e di manutenzione degli alberghi”, si è svolta nell’ambito del Sia Guest di Rimini e ha avuto GSA come media partner.
Organizzata da AfidampCOM, l’associazione dei distributori italiani di macchine attrezzature prodotti per la pulizia professionale e l’igiene ambientale, con il patrocinio di AFED e del CPP, il comitato permanente settore pulizie professionali, la Tavola Rotonda ha costituito un fondamentale precedente, perché per la prima volta in assoluto sono stati messi a confronto mondi – progettazione architettonica e d’interni, committenza alberghiera, manutenzione e cleaning – che solitamente non dialogano tra loro, nonostante la stretta connessione tra le rispettive attività e le difficoltà, quando non i danni, dovuti al corto circuito della reciproca informazione.
Lodevole quindi, come è stato più volte riconosciuto sia dai relatori, sia dalla platea particolarmente affollata di operatori attenti e vivacemente partecipi, l’iniziativa di AfidampCOM, che, con l’abile conduzione di Andrea Pancani, vicedirettore del TG La7, ha riunito un tavolo di eccellenze: due architetti e designer di fama internazionale, Massimo Iosa Ghini e Luca Scacchetti; due rappresentanti della committenza, Valeria Bonardi, direttore dell’hotel Duomo di Rimini, e Andrea Montinari, presidente Vestas Hotels and Resorts; due esponenti del mondo dei servizi, Franco Santini, presidente AIMAN (Associazione Italiana Manutenzione) e Nicola Burlin, imprenditore e per l’occasione portavoce del CPP.

Il pulito è bello. Ma il bello è altrettanto pulito?
Ha aperto i lavori Virna Re, presidente AfidampCOM, che ha spiegato il perché l’associazione da lei guidata abbia fortemente voluto questo incontro/confronto tra soggetti che normalmente esprimono le proprie eccellenze indipendentemente gli uni dagli altri. Il presidente ha esordito affermando di rappresentare la pulizia, ossia un valore universale che, purtroppo, ancora oggi, agli inizi del terzo millennio, non è percepita e riconosciuta come tale. Anzi viene vissuta come “male necessario”, da confinare nell’ombra, e no non socialmente spendibile come elemento di distinzione. Eppure, dal punto di vista economico, ha sottolineato Virna Re, tutta la filiera del pulito – produzione, distribuzione, erogazione del servizio – ha un giro di affari di oltre 7 miliardi di euro dà lavoro a più di 500.000 addetti. Ma pulizia non è solo valore economico e, con un exursus storico/letterario/artistico, il presidente ha evidenziato come, nei secoli, il concetto di pulizia, anzi di pulitezza, sia sempre stato accomunato alla percezione del bello, naturale e artistico, quindi al concetto di estetica, in quanto, appunto, scienza del bello. Ma, col tempo, pulitezza ed estetica hanno percorso cammini separati. Il culto del bello è diventato quasi ossessione autoreferenziale. Ma da questo divorzio ne sono nati solo danni. La natura, se non è mantenuta pulita si ribella. Le opere d’arte, se non mantenute degradano. Per cui, secondo il presidente AfidampCOM, l’arte e la bellezza devono essere declinate anche con la possibilità di manutenerle, e della manutenzione la pulizia è aspetto fondamentale. Anche, e soprattutto, in architettura, specialmente quando i manufatti architettonici hanno valenza artistica. Virna Re, al proposito, ha citato la Fiera di Rho, dell’architetto Fuksas, la cui vela in vetro, vero e proprio capolavoro di progettazione e realizzazione, il cui significato simbolico, sia quello immediato sia quello profondo, rischia di essere vanificato dal fatto che è difficilmente pulibile. La possibilità di pulirla, probabilmente, non è stata considerata in fase di progettazione, per cui non esistono strumenti idonei e occorre impiegare squadre di uomini/rocciatori che eseguano manualmente le operazioni di pulizia dei tasselli di vetro. Il che comporta una spesa mastodontica, dai 400 ai 600 mila euro per volta, grande dispendio di forze e alto tasso di rischio. Senza contare la qualità dei risultati. L’esempio è paradigmatico di una mentalità e di una forma di cultura che la società odierna non si può più permettere. La progettazione deve tenere conto anche della possibilità di pulire e, oggi più che mai, occorre progettare in funzione della durata dell’opera che si realizza. Tanto più nel campo dell’accoglienza, dove estetica, confort, benessere sono i parametri di riferimento e occorre poterli garantire nel tempo. E proprio gli operatori della pulizia portano a questa garanzia un fondamentale contributo, ma non sempre sono messi nelle condizioni di potere assolvere al proprio compito, perché materiali, arredi, strutture: spesso sono scelti e concepiti senza pensare al dopo, al come, a chi, a con che cosa mantenerli.
Virna Re ha ricordato come solo di recente l’UNI abbia incluso la pulibilità nel concetto di manutenzione degli edifici, tanto da porre allo studio una norma che ne regolamenti modi, strumenti e metodi., coinvolgendo giustamente in questo studio anche AFED, la federazione di cui AfidampCOM è parte attiva,. in quanto detentrice del knowhow tecnico,
Da qui, ha concluso il presidente, la necessità di avviare un discorso anche con i progettisti e i committenti, perché «solo dall’unione delle competenze, dal confronto delle esigenze, dalla sinergia delle eccellenze può iniziare un nuovo corso, si possono porre le basi per un nuovo “modus operandi”».

Le difficoltà degli operatori
Le tesi esposte dal presidente AfidampCOM sono state confermate sia da Nicola Burlin, presidente di SKILL società consortile di multi servizi, presente come portavoce del CPP, sia da Franco Santini, presidente di AIMAN, l’Associazione Italiana Manutenzione.
Nicola Burlin ha sottolineato come gli operatori del cleaning, che pure svolgono un’attività che, per esempio in ambienti particolari, come quello sanitario o alimentare, hanno una valenza che trascende il semplice fatto di pulire, ma assolve a funzioni di garanzia della salute pubblica, perché evita contaminazioni che avrebbero effetti dannosi sugli utenti, ossia su tutti noi, molto spesso devono affrontare difficoltà legate alla non idoneità degli ambienti e dei materiali a essere adeguatamente puliti e sanificati. Troppo spesso, ha evidenziato Burlin, la scelta dei materiali e il loro abbinamento non sono tenuti in considerazione rispetto all’ambiente in cui vengono impiegati, e quindi al tipo di sporco che dovranno subire e al tipo di manutenzione che dovrà essere fatta. Per esempio, in ambienti come i servizi igienici, per questioni estetiche, soprattutto in alberghi di un certo livello, vengono utilizzati acciaio e pietre sensibili agli acidi. Per rimuovere il calcare è necessaro utilizzare un prodotto acido, che non danneggia l’acciaio, ma crea notevoli problemi alle pietre calcaree. Quindi, si creano enormi difficoltà a mantenere nel tempo quel livello estetico che l’architetto ha progettato. Lo stesso avviene, sempre nei bagni, con i pavimenti in ardesia, che gli architetti prediligono opachi perché creano atmosfera ed emozioni, ma che con l’uso di creme, di oli, nel giro di pochissimo tempo, subiscono deterioramenti irrecuperabili- e non solo gli interni creano problemi, anche le facciate esterne non sono mai pensate in funzione della pulibilità, per cui spesso non è possibile neppure dispiegare macchine e attrezzature idonee. Quindi il degrado è inevitabile, si tratta, a parere di Burlin, di una mancanza di confronto che non può continuare.
Burlin ha evidenziato altri fattori di criticità, dovuti proprio alla non conoscenza delle reciproche esigenze. Troppo spesso gli ambienti sono progettati senza pensare agli spazi da deicare agli operatori della pulizia, Mancano gli office adeguati, per dimensioni e per dislocazioni, dove ricoverare macchinari e attrezzature, per cui i tempi di intervento si prolungano perché si deve ricorrere a faticosi e improduttivi trasferimenti e rifornimenti dei carrelli attrezzati, e, conseguentemente, lievitano i costi.
Questo comporta che la committenza tende a non esternalizzare il servizio di pulizia, anche se, ha spiegato Burlin, quando il servizio è affidato a imprese specializzate, il più delle volte il committente, nel caso specifico l’albergatore, ottiene un sensibile contenimento dei costi (anche del 30%), in quanto il personale è formato in maniera specifica, l’organizzazione del lavoro è razionalizzata e le imprese diventano partner, che partecipano agli obiettivi del cliente. Però, e anche questo può trasformarsi in un problema, quando il servizio viene esternalizzato, occorre sapere scegliere l’impresa che offre garanzie di competenza, senza inseguire forsennatamente, come avviene ancora troppo spesso, l’offerta economicamente più bassa. Quindi, progettazione consapevole, formazione, informazione, competenza: questi gli ingredienti per garantire un servizio all’altezza delle aspettative.

Virna Re, presidente AfidampCOM

L’estetica non dura senza manutenzione
Competenza, formazione, informazione e progettazione consapevole sono stati anche i capisaldi dell’intervento del presidente AIMAN Franco Santini, che ha proclamato in maniera autorevole che la pulizia, è parte integrante della manutenzione, in quanto è necessaria sia prima, sia durante, sia dopo l’eventuale intervento di manutenzione. Pertanto, la manutenzione, intesa in questo senso onnicomprensivo, deve essere tenuta presente in tutte le fasi della vita di un bene, quindi anche di una camera d’albergo e/o di tutto l’immobile. Occorre prevedere i vari interventi, di restauro, di rifacimento, di mantenimento, di cambiamento dei materiali, nel ciclo di vita del bene, sin dalla fase di progettazione. Ci vuole una visione complessiva, a monte, che tenga conto anche della possibilità di pulire, che dipende, appunto, da come il bene è manutenibile. Un bene ben tenuto, quindi una camera d’albergo ben tenuta, aumenta la sua durabilità nel tempo. Ma, secondo Santini, non ci sono camere d’albergo ben tenute, perché nel ciclo di vita di un albergo intervengono molti fattori, come i cambi di proprietà, i piani regolatori che limitano un certo tipo di strutturazione o ristrutturazione, per cui non esistono standard da fornire anche agli architetti per consentire loro di progettare in funzione della manutenibilità, quindi della pulibilità. Ma anche gli architetti non si pongono il problema e spesso progettano prevalentemente in funzione delle emozioni, le quali, però, devono essere, a parere del presidente AIMAN, quantificate in valore. E il valore comprende anche i costi, i costi di manutenzione, che devono essere competitivi, altrimenti si va fuori mercato, tanto più se, come giustamente avviene, entrano in gioco anche altri fattori, fino a ieri non preminenti, come la sostenibilità ambientale. Per assicurare la competitività, ha affermato Santini, è necessario affidarsi a specialisti, come l’ingegnere di manutenzione, che deve sedere, con competenza vasta, al tavolo di progettazione, ma è anche necessario creare delle norme, che facciano da guida precisa. E, al proposito, ha rivolto un invito alle associazioni competenti, nel caso specifico Afidamp, perché si attivino in questo senso.
Il presidente AfidampCOM ha confermato quanto annunciato nel discorso di benvenuto, ossia la partecipazione della Federazione che riunisce le associazioni della filiera del cleaning alla stesura di una norma UNI sulla pulibilità come aspetto fondamentale della manutenzione degli immobili e dal pubblico il presidente AFED, Matteo Marino, ha sottolineato l’importanza di questo progetto.

Necessario uno “sportello” di dialogo tra le parti
Sulla necessità di un luogo, sportello o tavolo che sia, fisico di confronto tra più soggetti, ha convenuto l’architetto Luca Scacchetti, che ha riconosciuto le responsabilità del progettista rispetto a questa lontananza tra due mondi che pure, a suo giudizio devono essere complementari. Rifacendosi alle parole del presidente AfidampCOM, che aveva voluto dimostrare come, ab origine, la pulitezza fosse una forma estetica, quindi fosse in rapporto diretto con l’espressione aritistica, anche architettonica, Scacchetti ha auspicato che questo rapporto venga ricostituito, superando l’attuale condizione per cui il progettista, diventato nel tempo architetto artista, dà forma all’espressione della propria sensibilità a prescindere dal successivo lavoro altrui. L’architettura deve tornare a quella dimensione di fatto collettivo che le è propria, deve quindi tornare a una dimensione etica, non lasciandosi sopraffare dall’estetica fine a se stessa. E per etica si deve intendere, oggi più che mai rispetto a ieri, anche la manutenzione del manufatto architettonico/artistico. Scacchetti ha riconosciuto che pulizia e manutenzione sono passaggi fondamentali per la preservazione del patrimonio edilizio, e hanno radici nella storia: negli anni Trenta, l’architettura razionalista, che ha determinato la trasformazione dell’appartamento borghese di fine ottocento, fondava i propri canoni sul concetto di igiene e di pulizia; negli anni Cinquanta, in America, venne inventata la cucina componibile, in laminato, e uno degli elementi che contribuirono al suo successo fu proprio il fatto che, per materiali e per struttura, fosse garanzia di pulibilità. Pertanto, siccome igiene e pulizia hanno sempre rappresentato un aspetto importante dell’architettura, occorre ripristinare questo rapporto, aggiornandolo ai tempi, il che per Scacchetti significa, da una parte confronto con altri punti di vista, abbandonando l’arroganza del fai da te, e, dall’altro, considerare, in fase di progetto, le opportunità offerte, anche nel campo della pulizia, dall’ingegneria impiantistica. «Un progetto – ha affermato Scacchetti – è fatto da architetti, ma è fatto anche da manutentori, da chi si occupa della pulizia, è fatto da gestori con problemi di occupazione delle stanze, è fatto da tutta una serie di competenze che lo fanno diventare una straordinaria opera dei nostri tempi». E in questo spirito di collaborazione forse anche la capacità di costruire emozioni, il modo di comporre la forma estetica del mondo può trovare strade inedite, forse vantaggiose, sicuramente stimolanti.

Coniugare livello estetico a quello operativo
L’emozione è la cifra dominante dell’hotel Duomo di Rimini, progettato dall’architetto israeliano Ron Arad, che, come ha affermato il direttore Valeria Bonardi, ha avuto come «concept iniziale quello di creare un hotel sensoriale, raggiunto grazie all’utilizzo di materiali particolari, di forme e di colori molto innovativi». Tutto ciò si è tradotto, a livello pratico e operativo, in difficoltà nelle pratiche quotidiane di pulizia, sia per quanto riguarda la scelta dei prodotti, sia per quanto riguarda metodi e tempi, che rivoluzionano un po’ la prassi tradizionale: minimi i tempi di lavoro nei moduli camera, dove l’utilizzo di corian, di un particolare PVC spesso rizzato, di resine, rende più veloce le operazioni, dilatati nei moduli bagni, dove c’è profusione di legno, difficile da manutenere, soprattutto perché la zona doccia non è confinata, per cui c’è un profluvio di acqua che contribuisce ad aumentare il problema di una sicura sanificazione.
Le pulizie, ha spiegato Valeria Bonardi, vengono svolte da personale interno, costantemente formato e aggiornato, sottoposto alla supervisione di esperti che si occupano anche di manutenzione. Nel caso dell’hotel Duomo è stata fatta a monte la scelta di investire in qualità, per cui ci sono costi di gestione contenuti, in quanto i tempi di esecuzione del lavoro di pulizia nelle camere vengono compensati da un’impiantistica che consente di riportare in pareggio i costi complessivi. E, a detta del direttore, occorre una particolare sensibilizzazione del personale che, nel caso specifico, esclude l’ipotesi di esternalizzazione del servizio. Una scelta che, seppure onerosa, tuttavia rientra nella qualità del servizio che l’hotel vuole e deve garantire.

Ad ognuno il suo compito
Formazione e investimenti per il conseguimento dell’eccellenza del servizio sono basilari anche per Andrea Montinari, presidente del gruppo Vestas, il quale ha sostenuto che la pulizia dovrebbe entrare a fare parte dei criteri di classificazione di un albergo. Pertanto progettazione e pulizia devono essere coniugati insieme, non solo da parte dell’architetto, bensì anche dal gestore dell’albergo e dai fornitori, sia dai fornitori, di materiali, di arredi, di strumenti per la manutenzione.. È necessario arrivare a una sinergia tra tutti gli attori, tra la committenza, che deve essere illuminata e informata, la progettualità, i fornitori, gli erogatori dei servizi. Per Montinari occorre una rivoluzione culturale di tutta la filiera, che si ottiene solo attraverso la formazione e l’informazione. Perché in Italia, ha ricordato il presidente del gruppo Vestas, ci sono 34.000 alberghi, la maggior parte dei quali di piccole dimensioni, a conduzione familiare. Solo un 10% del panorama alberghiero italiano è costituito da catene veramente strutturate, con standard di qualità testate su milioni di camere. Pertanto è necessario avviare una capillare operazione di formazione e di informazione che metta in grado tutti di operare scelte consapevoli a tutti i livelli e, conseguentemente, di investire in maniera oculata, sia che si effettuino le pulizie internamente, sia che si affidino all’esterno. E non si deve temere di svilire la progettualità, limitandone la capacità di offrire emozioni, perché il confronto e la conoscenza consentono a tutte le competenze di svilupparsi al meglio. E a questo proposito Montinari ha sottolineato il merito di AfidampCOM nell’avere voluto affrontare un argomento, difficile, ma di stretta attualità e non più procrastinabile.

Il primo passo? Delle linee guida
Con la necessità e la possibilità di confrontare progettualità e manutenzione ha concordato l’architetto Massimo Iosa Ghini, che ha però sottolineato la diversa sensibilità odierna, per cui si va affermando la consapevolezza di dovere cambiare, anche in fase di progettazione, la scala delle priorità, anche se non bisogna dimenticare che il manufatto architettonico è unico.E ha voluto anche ricordare che nella scelta di un albergo, da parte del cliente, intervengono sì fattori di funzionalità e di servizi, ma anche la ricerca del gusto, del piacere, dell’atmosfera. Questi due aspetti, pratico ed emozionale, devono compendiarsi a vicenda, perché la progettazione si evolve col tempo. Per accelerare il processo di evoluzione anche nel senso di una progettazione in funzione della pulizia, Iosa Ghini ha proposto alle associazioni di riferimento di stilare un prontuario di indicazioni che possa costituire una traccia, una guida per gli architetti, e ha concordato sulla possibilità che si apra un tavolo di costante confronto, in modo da fare lievitare l’idea che l’esperto di manutenzione, come già auspicato dal dottor Santini e dai rappresentanti della filiera del cleaning, sieda a tutti gli effetti con la committenza e con la progettazione.

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