Homehotel & cateringQuella sporca…cucina: pulizia ed igiene ai voti nei ristoranti di New York

Quella sporca…cucina: pulizia ed igiene ai voti nei ristoranti di New York

(tratto da “GSA” N.11,Novembre 2010)
Dalla fine di luglio la pagella che misura il livello di igiene dei ristoranti newyorkesi deve essere esposta all’ingresso del locale. Le autorità sanitarie hanno deciso infatti di valutare con una A, B o C la pulizia dei punti di ristoro della città, dai 5 stelle ai semplici coffee shop. Nei casi più gravi scatta la chiusura.
«Se il brodo fosse stato caldo come il vino, il vino vecchio come il pollo, il pollo grasso come la cuoca, la cuoca pulita come le mie tasche, sarebbe stata una cena impagabile» recita un adagio. Scene d’ordinaria amministrazione per chi sceglie di andare a mangiare nei ristoranti e incappa puntualmente in disavventure alimentari di ogni tipo. Capita infatti che i “ristoranti dallo scorcio mozzafiato” consacrati ai vertici della ristorazione dalle guide turistiche possano rivelarsi invece ben al di sotto delle aspettative, soprattutto in materia di pulizia. E a poco valgono le attenuanti dell’alta affluenza nelle ore di punta: quando l’avventore varca la soglia e si ritrova ad essere servito da camerieri sciatti, con posate e stoviglie opache sul tavolo, il danno è fatto ed è tardi per rimediare. Per dirla con gli inglesi: no second chance to make a good first impression. Non esistono sono seconde occasioni per fare una buona prima impressione.
A sciacquarsi la bocca con l’igiene, priorità irrinunciabile nei luoghi in cui si lavora e si serve il cibo, sono bravi tutti: diventa più complicato tramutare le parole in fatti. Ma se è vero, come è vero, la pulizia è un obbligo nei confronti del servizio reso all’utenza né più né meno del pasto stesso, è giusto prendere giusti provvedimenti quando anche le più elementari norme igieniche vengono violate. E’ cosi che a New York si è deciso per un giro di vite: al Dipartimento di Igiene della Grande Mela hanno deciso infatti di garantire massima trasparenza sul servizio offerto, rendendo pubblici i risultati delle loro ispezioni. In pratica, viene redatta una vera e propria pagella che i ristoranti saranno costretti ad esporre, in bella vista, alla mercé dei passanti, con su riportata la valutazione ricevuta. Un’iniziativa che – senza voler entrare troppo in giudizi di merito – si propone quantomeno di far seguire alle parole i fatti, dando finalmente il giusto peso alla questione igienica all’interno dei locali pubblici, senza liquidare tutto con la solita sanzione pecuniaria.

Come funzionava e cosa è cambiato
Nonostante le regolari 55.000 ispezioni annue, infatti, prima di questa riforma la questione era avvolta da una certa riservatezza: il risultato che accertava il livello di igiene e pulizia riscontrato nei locali veniva pubblicato solo sul sito delle ispezioni sanitarie della città, con la conseguenza che l’utente doveva documentarsi personalmente attraverso le risorse della rete per evitare sgradevoli sorprese. Adesso, invece, il curriculum dei ristoranti deve essere appeso all’ingresso, esposto in vetrina, proprio come il menù. La pagella è articolata in modo elementare: ogni locale verrà valutato con una A, B o C a seconda del punteggio ottenuto: ad ogni infrazione corrisponde un valore in punti, commisurato alla gravità della violazione sanitaria riscontrata. Naturalmente, non tutte le infrazioni sono gravi, ma quelle serie costano un sacco di punti al proprietario del locale. Nella top five delle infrazioni ci sono tutte le violazioni che riguardano la scarsa pulizia del personale, la presenza di infestanti, la scarsa igiene nel lavaggio e nella preparazione del cibo, nonché la presenza di prodotti pericolosi vicino ai cibi o la scorretta modalità di conservazione dei prodotti. Tutti accorgimenti che non si possono certo definire trascurabili e per cui i controlli saranno molto severi ed accurati. Se dopo la prima ispezione il ristorante ottiene tra i 90 e i 100 punti si becca una A (di colore blu) che – in linea con il registro scolastico – equivale ad una promozione; i problemi arrivano se con 80-89 punti il locale viene “rimandato” con una B (verde), mentre è condannato ad una sonora bocciatura se il punteggio non sale oltre 79. Con una C, arancione.

Buoni e cattivi alla lavagna?

E- proprio come a scuola- solo i promossi possono dormire sonni tranquilli: chi ha preso una B o una C avrà una settimana di tempo per presentarsi impeccabile ad una nuova ispezione: nel frattempo, potrà decidere di esporre – al posto della brutta pagella – il cartello “grade pending” ovvero “ in attesa di giudizio”. Allo scoccare del settimo giorno, se non si rientra perfettamente nei parametri, non c’è scampo: il locale dovrà appendere la cattiva pagella all’entrata (pena 1.000 dollari di multa) e sottoporsi a regolari ispezioni ad intervalli di circa 30 giorni: a quel punto o si migliora o si chiude. Rimane comunque diritto del proprietario fare ricorso per chiedere spiegazioni o contestare le ragioni della valutazione davanti al Tribunale Amministrativo. Nel frattempo, però, l’utenza è avvertita.

Pugno di ferro
Un riforma che, come si potrà immaginare, ha suscitato l’ira degli esercenti che non vogliono essere costretti ad appendere un marchio da loro non condiviso che qualifichi (o squalifichi) il loro business già all’ingresso. Tanto più che la riforma ha tutta l’aria di essere presa seriamente: innanzitutto è previsto un aumento sia degli ispettori, che passeranno da 150 a 186, che del numero delle ispezioni (che sarà praticamente raddoppiato arrivando ad 85.000); e la cifra dei fondi stanziati per il progetto è di oltre 32 milioni di dollari. Infine, gli ispettori avranno in dotazione dei dispositivi computerizzati recentemente aggiornati con driver, memory cards e software di ultima generazione. Il Dipartimento ha già realizzato 28.000 cartelli e sufficienti linee-guida alla nuova riforma per ogni punto di ristoro della città. In più sono stati organizzati corsi e workshop di supporto (in diverse lingue, tra cui inglese, spagnolo, coreano, mandarino e cantonese) per aiutare impiegati e operatori del settore a capire meglio le regole del nuovo sistema.

L’opinione delle parti
Come prevedibile si è creato grande allarme tra gli esercenti. Il consigliere dell’Associazione dei ristoranti Robert Brookman lamenta la mancanza di un periodo di prova adeguato per adattarsi alle nuove regole. A suo giudizio molti ristoratori non sapranno gestire un’eventuale bocciatura in modo adeguato, rivendicando le ragioni sul personale che potrebbe subire ingiusti licenziamenti, con un danno all’economia della città. Un’obiezione a cui ribatte sicuro Thomas Foley, l’Assessore alla Sanità, il quale invece è convinto che questa riforma darà il via ad un circolo virtuoso che spingerà tutti i locali a prendere più seriamente la questione sul rispetto delle norme igieniche e sanitarie. La riforma – afferma Foley – è stata pensata sulla base dei dati registrati nella città di New York ,dove negli ultimi anni il numero dei ristoranti colpevoli di violazioni gravi e ripetute è aumentato, così come gli ordini di chiusura forzata, nonché i casi di infezioni e avvelenamenti dei clienti, delle denunce e dei ricoveri in ospedale. Ci vorranno circa 14 mesi prima che gli ispettori possano controllare tutti i locali, che sono 24.000, ed è già intenzione di tutti correre ai ripari per assicurare accettabili livelli di pulizia al proprio ristorante. Nel frattempo avremo modo di vedere gli sviluppi americani di una best practice che potrebbe suscitare interesse anche in Italia che, col buon cibo, ha già fatto scuola in tutto il mondo.

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