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La manutenzione: un “laboratorio” di servizi integrati

(Tratto da “FMI, Facility Management Italia” n.2, Novembre 2008)


Il concetto di manutenzione, pur presente fin dall’inizio della civiltà nell’ambito delle attività umane, ha subito nel tempo una profonda evoluzione, passando dall’espressione di una mera attività conservativa e riparativa all’accezione di una “scienza nuova”. In questo contesto storico-evolutivo, l’autore prefigura il nuovo punto di approdo della manutenzione: un “laboratorio socio-tecnico” da attivare su tutti i subsistemi fisici e infrastrutturali che costituiscono le nostre città e verso il quale orientare i processi di riorganizzazione ed innovazione delle imprese di settore.

La manutenzione nella storia

I tempi della storia sono variabili: assai lunghi nel lontano passato, si sono di molto accorciati nel secolo che ci ha appena lasciato, come testimonia Il secolo breve di Eric J. Hobsbawm. Un andamento, questo, che si ripropone anche nel settore della manutenzione, in particolare quando si occupa di fenomeni urbani.

Nei manufatti antichi l’obsolescenza si è generalmente manifestata con più lentezza, e nei loro processi di conservazione manutentiva prevalgono le azioni di ripristino con l’obiettivo di restituire loro funzionalità grazie a costanti processi di adattamento rispetto anche alle mutate circostanze ambientali. I fabbricati di recente costruzione, invece, tendono a fenomeni di obsolescenza più rapida, su cui è dunque necessario intervenire con grande prontezza. In entrambi i casi assume significatività e importanza il contesto sociale nel quale i manufatti sono utilizzati.

L’insegnamento della storia, dunque, pone in evidenza nei processi di manutenzione una necessità di adeguamento allo scenario ambientale e alle naturali e conseguenti istanze sociali che esso sollecita. Discorsi, questi, che dovranno essere recepiti in una interpretazione più attuale della manutenzione così da caratterizzarla attraverso uno stato di eccellenza.

Il concetto di “manutenzione” ha subito quindi una profonda evoluzione dovuta in parte a motivi intrinseci legati allo sviluppo organizzativo e tecnologico, in parte alla rivoluzione dell’informatica e delle comunicazioni, che ha consentito l’uso diffuso e approfondito dell’informazione anche nei domini d’interventi squisitamente tecnici.

In origine, il significato di “manutenzione” era quasi esclusivamente legato alle problematiche connesse alla conservazione dell’oggetto su cui s’interveniva. Rivisitando la storia e più in generale esaminando l’ambito della produzione, troviamo che i problemi della manutenzione – sia pure in termini non appariscenti – affioravano anche nella bottega artigiana che, evolvendosi, si trasformò in “manifattura”, oggetto dell’analisi di Adam Smith, lo studioso scozzese vissuto fra il 1723 e il 1790, al quale si fa risalire l’avvio delle scienze economiche. L’artigiano, unico autore del prodotto, si rendeva garante e controllore della sua qualità e della sua conservazione, possedendone per così dire l’integrale know how conoscitivo. Pertanto, implicitamente compiva anche il controllo di qualità, e con esso indicava all’utente le azioni manutentive che riteneva necessarie per la sua garanzia.

Alla conseguente manifattura seguì la rivoluzione industriale, e l’enfasi maggiore della produzione si spostò sulla dimensione quantitativa. Il lavoro divenne parcellizzato e organizzato “scientificamente”, secondo i criteri del “taylorismo fordismo” che ruppero l’identità artigianale prodotto=qualità, rendendo esplicita la necessità di opportuni interventi manutentivi. Il ciclo produttivo portò a una spinta specializzazione professionale nel cui ambito emerse anche la figura del manutentore. I suoi interventi erano direttamente legati alla qualità della produzione in termini inversamente proporzionali: maggiore qualità, minore manutenzione conservativa.

Alla fine degli anni ’50, con l’avvento della rivoluzione informatica, emerse una nuova concezione dell’organizzazione produttiva, tesa piuttosto al recupero dell’individualità dei collaboratori e con essa all’eccellenza delle prestazioni. Si svilupparono fra l’altro specifiche organizzazioni – i “Circoli di Qualità”, le tecniche “Zero Difetti”, la “Quality Assurance” – tutte indirizzate verso l’applicazione del concetto di “Total Quality Control”. L’affermarsi di un nuovo interesse per la qualità ha ridotto le esigenze quantitative della manutenzione, rendendo tuttavia necessario attribuire maggiore enfasi alla sua efficacia così da renderla di “eccellenza”. Si è modificata anche la sua stessa fisionomia, che ha assunto connotazioni specificamente organizzative, da affrontare con metodologie proprie del sapere scientifico. Poiché nel passato si operava soltanto per conservare il manufatto in buono stato, in condizioni di efficienza e di funzionalità, le azioni di manutenzione venivano realizzate sotto l’egida della casualità, man mano che l’obsolescenza dell’oggetto evidenziava disfunzioni o guasti su cui occorreva intervenire per ripristinare le condizioni iniziali.

Proprio il gioco del caso, dal punto di vista storico, è subdolamente riuscito a conservare fuori dei rigori delle leggi scientifiche e dell’organizzazione la manutenzione, le cui attività, infatti, si sono svolte quasi sempre nell’ambito dell’occasionalità nel normale utilizzo dei manufatti. Si è sempre operato per così dire “alla buona”, soprattutto nel settore edilizio segnato da imprevedibilità e da scarsa conoscenza sulle modalità di evoluzione della gestione. Adesso, nell’era dell’informatica e della comunicazione, l’uso della manutenzione tende invece a divenire arte raffinata, governata dai principi di una scienza nuova che ha connotazioni sofisticate e complesse. Un’arte, quella manutentiva, attraverso la quale si persegue il concetto di qualità, che della manutenzione diviene il naturale corollario-obiettivo da conseguire costantemente per conservare l’efficienza e l’affidabilità degli oggetti su cui intervenire.

La manutenzione come “scienza nuova”

La emergente “scienza nuova” ricorda nel nome l’impresa intellettuale di Giambattista Vico quando scrisse la sua opera più importante – appunto la Scienza Nuova – impostando la sua analisi filosofica sulla convinzione che il “vero sta nel fatto”1. Nel nostro caso il “fatto” va individuato proprio nella necessità di mantenere costanti nel tempo le varie prestazioni delle fabbriche edilizie.

“Scienza nuova”, quindi, in particolare e specificatamente per le innovazioni metodologiche di approccio alla conservazione edilizia, perché nelle sue basi concettuali è scienza che sa di antico. Infatti, sin nel 1516 Tommaso Moro, il più grande interprete di “Utopia”, a proposito dei problemi urbani così scriveva: “Infatti anzitutto non c’è luogo sulla terra, in cui la costruzione o riparazione di fabbricati non richieda l’opera continua di tanti e tanti operai, e ciò per la bella ragione che ogni figlio, con scarso spirito economico lascia a poco a poco andare in rovina ciò che suo padre ha costruito. Ben potrebbe, quasi senza spesa, mantenerlo […] ma no, è il suo erede che sarà costretto, con gran dispendio, a rifar tutto daccapo”. Poi spiegava come il problema fosse stato ben affrontato nell’isola di “Utopia”: “In Utopia invece […] non solo si provvede rapidamente ai guasti, via via che si presentano, ma si ovvia anche a quelli possibili. Così avviene che con pochissima fatica le costruzioni durano molto a lungo, e gli operai di tal fatta a volte non hanno granché da fare […]”2.

Dunque, secondo la concezione di Tommaso Moro, la manutenzione era un aspetto fondamentale per la corretta gestione della città. Per questo la manutenzione deve perdere quella connotazione di imprevedibilità casuale che l’ha caratterizzata nel passato, per trasformarsi in un metodo organizzativo da attuare, attraverso processi scientifici di programmazione e controllo, sul singolo fabbricato e poi da questo estendersi sull’intero territorio urbano.

L’emergere della “scienza nuova” della manutenzione è anche in linea con le esigenze dettate dai tempi della storia. Infatti, oggi gli interventi di recupero e ripristino devono essere indirizzati non soltanto alla ingente quantità di fabbricati storici da tempo esistenti ma anche verso il grande patrimonio immobiliare realizzato a partire dal dopoguerra, che presenta già notevoli sintomi di obsolescenza sia funzionale sia tecnologica in particolare nelle periferie urbane. Su di esso si è incominciato ad intervenire, negli ultimi anni del secondo millennio, ma è necessario farlo sempre più in maniera non casuale, ma programmata e ispirata alla “scienza nuova” manutentiva.

Si sta così determinando anche un nuovo mercato in cui alla razionalizzazione della offerta imprenditoriale realizzata attraverso l’apporto della “scienza nuova”, dovrà corrispondere una razionalizzazione della domanda da parte dei committenti e, quindi, in particolare anche da parte degli enti locali. Questi dovranno essere in grado di esprimere le loro esigenze nuove e antiche attraverso una domanda che deve emergere con connotazioni innovative sul mercato caratterizzate da una sistematicità degli interventi al fine di superare la loro tradizionale casualità. In particolare il nuovo mercato, per salvaguardare il rigore nelle prestazioni che in esso si sviluppano, dovrà necessariamente richiedere anche specifiche forme di certificazione della qualità resa dai servizi manutentivi per rendere rigorose ed efficienti le attività fornite dalle imprese interpreti della “scienza nuova”. Si potrebbe quindi ipotizzare l’instaurazione di un vero e proprio “Marchio di Qualità della Manutenzione” e su questo argomento l’ente locale dovrebbe avere un ruolo di importanza davvero fondamentale.

Nel passato le azioni di manutenzione erano legate alla storia dell’oggetto su cui si operava cosicché l’attenzione si concretizzava sul ripristino della sua struttura e della sua funzionalità. Il caso, che regnava sovrano, collegava quelle azioni alle cause generatrici dei guasti o delle disfunzioni, mentre oggi siamo in presenza di un’informazione diffusa attraverso processi sempre più sofisticati di comunicazione, resi ancora più efficienti dall’uso generalizzato dell’informatica e dei supporti di elettronica applicata. Questa che è stata forse la rivoluzione più importante degli ultimi anni, ha cambiato le regole del gioco in tantissimi settori, in particolare nel mondo delle imprese e dei servizi da loro offerti. Fra questi assume un rilievo prioritario il concetto di assistenza sul prodotto che le imprese garantiscono durante la sua utilizzazione da parte dei clienti. L’assistenza fa emergere il concetto di servizio reso all’utente al fine di incrementare l’utilità marginale del prodotto specifico, in particolare proprio attraverso gli interventi manutentivi, che si propongono così come fenomeno di eccellenza.

In questo quadro la manutenzione va dunque interpretata come processo complesso che sostituisce, ampliandolo, il singolo intervento casuale. Assumono così grande rilievo non soltanto gli aspetti puramente tecnici, ma anche le interazioni che s’instaurano con gli utenti, perciò, il fenomeno assume anche una natura socio tecnica.

Lo stesso prodotto da mantenere deve diventare una sorta di sistema socio-tecnico per il rapporto che va instaurato con l’utilizzatore. Questo sistema si esprime quindi attraverso un processo continuo nel tempo che si esplicita in diversi momenti: la realizzazione vera e propria del prodotto, la sua conservazione, il suo adeguamento allo scenario nel quale abitualmente è immerso. Per questa ragione, la manutenzione tende a diventare ambito proprio di una “scienza nuova” che la proietta verso il futuro ponendo in evidenza le “finalità” in contrapposizione o, per meglio dire, in complementarità con le “cause” che determinano i fenomeni di degrado e con essi anche l’obsolescenza risultante dall’uso e dall’invecchiamento.

In questa sede il termine “degrado” è adoperato per indicare la perdita di efficienza delle singole componenti del sistema costruttivo, mentre la parola “obsolescenza” sta a indicare la perdita delle loro funzionalità. Nell’esaminare questi fenomeni si deve tenere conto, anche, di una differente conservazione nel tempo che si manifesta fra strutture costruttive, opere di finitura, e impiantistica varia. Fra l’altro si deve anche considerare che in ambito edilizio si tende a inglobare nel concetto di manutenzione una serie sempre più ampia di servizi che danno origine ai rapporti di Facility Management e di Global Service. In essi, i processi di diagnostica avanzata si sposano con quelli di programmazione e controllo portati avanti con tecniche sofisticate di tipo sequenziale. Vanno poi segnalati gli edifici del tipo Intelligent Building, tecnologicamente predisposti proprio per agevolare le operazioni di manutenzione programmata.

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