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Gare pubbliche di servizi: verso un “indice reputazionale” per le imprese?

(Tratto da “Hospital & Public Health” n.5, Ottobre 2009)

 


 

Il sistema normativo che regola l’affidamento degli appalti pubblici di servizi ha subito un’involuzione pericolosa, basata su una contraddizione di fondo: la garanzia dello svolgimento di una procedura formalmente ineccepibile sta diventando sempre più un dato a se stante, rispetto al quale il risultato della scelta del contraente più idoneo all’esecuzione della prestazione rappresenta un fatto meramente accidentale. Di fatto è in essere un’evidente discrasia tra il rispetto spesso meramente formale delle norme e il perseguimento dell’obiettivo sostanziale di efficacia dell’azione amministrativa. In questo contesto di stretta attualità, l’articolo analizza e commenta la proposta recentemente avanzata in ambito pubblico di introdurre nella fase di aggiudicazione delle gare di servizi un “indice reputazionale” attraverso cui premiare con un punteggio ad hoc le imprese che hanno ben operato con le PA.

 

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Le gare pubbliche di servizi: tra problemi aperti e proposte sperimentali

L’attuale funzionamento del sistema delle gare pubbliche di servizi sembra lasciare insoddisfatti tutti gli operatori del settore. Le stazioni appaltanti, da un lato, rimpiangono i tempi in cui il fine ultimo del legislatore in questa materia era salvaguardare l’interesse delle PA lasciandole un margine di discrezionalità sufficiente a mantenere una posizione di forza rispetto ai concorrenti e ad adattare i casi concreti alle proprie specifiche esigenze. Dall’altro, le imprese lamentano l’eccessivo formalismo che permea il procedimento e che spesso conduce a sacrificare l’interesse sostanziale ad aggiudicare la prestazione all’offerta migliore in nome della necessità di affidarla all’offerta che si dimostri esente da errori,  a quel  concorrente, cioè,  che abbia meglio degli altri saputo districarsi nella selva non sempre ordinata e coerente delle disposizioni di gara e di quelle di legge.

Nel tentativo di superare i limiti – reali o presunti – dell’attuale sistema, ecco delinearsi metodi pionieristici, quale quello recentemente proposto da ACEA spa e basato sul concetto del “Vendor Rating”, una sorta di “indice reputazionale” che dovrebbe/potrebbe essere inserito all’interno delle procedure di gara di affidamento dei contratti pubblici per essere assegnato al concorrente e fungere da correttivo rispetto al ribasso offerto in sede gara.

La proposta sperimentale di ACEA spa ha il pregio di offrire lo spunto per una riflessione più ampia e fattiva sulla dicotomia tra “forma” e “sostanza” che sembra affliggere irrimediabilmente le gare ad evidenza pubblica.

La stessa proposta, tuttavia, induce a porsi l’interrogativo se tali metodi apparentemente innovativi siano legittimi alla luce del diritto comunitario e, aspetto ancor più rilevante in un approccio “sostanzialistico”,  se  siano concretamente utili.

 

 

Il sistema normativo per l’affidamento dei contratti pubblici

 

Il sistema normativo che regola le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici di servizi è assai complesso. E non potrebbe essere altrimenti.

Nell’esperimento di una gara pubblica di servizi entrano infatti in gioco moltissimi interessi, pubblici e privati, che spesso sono diametralmente opposti tra loro. L’interesse che hanno le stazioni appaltanti pubbliche – al pari di qualsiasi altro soggetto che si accinge ad acquistare un bene o un servizio – ad ottenere esattamente ciò che si vuole e di cui si ritiene di aver bisogno alle migliori condizioni possibili; l’interesse che hanno le imprese private a poter concorrere all’aggiudicazione di importanti oportunità di lavoro senza essere discriminate perché non conosciute dalle amministrazioni procedenti o perché offrono servizi che, pur non essendo esattamente quelli che la stazione appaltante in effetti desidererebbe poter acquistare, sono dalle stesse ritenuti in tutto e per tutto equivalenti; l’interesse della collettività a che le risorse pubbliche siano utilizzate nel modo più efficiente ed efficace e senza condizionamenti legati all’identità dei concorrenti, che prescindano dall’effettiva qualità e convenienza della prestazione.

Non solo. Il legislatore nazionale non è libero di delineare a proprio giudizio il sistema normativo in questione, graduando nel modo ritenuto più consono gli interessi predetti e definendo autonomamente a quale degli stessi – nell’ipotesi non improbabile di conflitto – si debba garantire il prioritario soddisfacimento. Come è noto, difatti, il diritto interno in questa materia è sotto-ordinato rispetto a quello comunitario, con conseguente obbligo di recepimento dei principi e delle regole determinate a livello europeo, pena l’illegittimità e, comunque, l’inapplicabilità delle disposizioni nazionali per contrasto, appunto, con l’ordinamento comunitario.

Va aggiunto che anche gli interessi del legislatore comunitario e di quello nazionale non sono necessariamente coincidenti. Deve considerarsi, difatti, che le norme che regolano a livello europeo le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici sono ascritte all’ambito della tutela della concorrenza e della libera circolazione sul territorio dell’Unione di beni e servizi. L’angolo visuale da cui il legislatore comunitario guarda al sistema delle regole per l’affidamento dei contratti pubblici, quindi, è quello degli operatori economici e del mercato, i cui interessi e diritti mira prioritariamente a tutelare.

Al contrario, prima che sorgesse la necessità di adeguamento forzato alle norme europee, il nostro legislatore nazionale aveva sempre assunto, nel regolamentare tale materia, il punto di vista della PA ed era soprattutto l’interesse e la discrezionalità di quest’ultima, ancorché incanalata al precipuo fine di individuare la migliore offerta possibile, che egli mirava a garantire e tutelare, talvolta anche a prezzo di una compressione dei diritti dei concorrenti.

In un contesto di questo tipo, in cui è indispensabile controbilanciare forze che spingono verso direzioni diverse, con differente intensità, è evidente che regole rigide a presidio dei procedimenti di aggiudicazione siano un “vincolo” assolutamente necessario ed inevitabile.

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