HomesanitàSanificazione in sala operatoria: progetto sperimentale

Sanificazione in sala operatoria: progetto sperimentale

(tratto da “L’Ospedale” n.1, gennaio.marzo 2010)

 

RIASSUNTO

 

L’insorgere di infezioni ospedaliere dipende da una molteplicità di fattori legati ai contatti interumani ma anche dall’inquinamento ambientale. Nel presente lavoro vengono non solo analizzate le differenti metodiche di sanificazione delle superfici di sale operatorie ma viene anche posto l’accento sull’importanza di monitorare la carica microbica totale e l’eventuale presenza di microrganismi indicatori quali Staphylococcus aureus, inclusi gli MRSA, il Clostridium difficile, un bacillo Gram negativo sporigeno multi resistente, gli Enterococchi vancomicina resistenti (VRE) e le Salmonelle. Questi microrganismi presentano una particolare resistenza sia all’essiccamento che ai disinfettanti ed inoltre tali microrganismi appaiono spesso responsabili dell’insorgenza delle infezioni ospedaliere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

L’insorgere di infezioni ospedaliere dipende da una molteplicità di fattori legati non solo ai contatti interumani ma anche dall’inquinamento ambientale.

Se il rischio di acquisire infezioni  dalle superfici ambientali, quali pavimenti,  superfici di apparecchiature mediche o mobilia, è probabilmente inferiore a quello rappresentato dal contatto diretto o mediato medico-paziente e paziente-paziente, esiste una vasta casistica che identifica la correlazione tra scarsa igiene ambientale e trasmissione di microrganismi che causano outbreaks di infezioni ospedaliere  (1). L’aumento inoltre dei pazienti immunocompromessi, nei quali più facilmente si ha l’insorgenza di infezioni ospedaliere, ha portato recentemente a considerare ad alta priorità il monitoraggio e le procedure di decontaminazione ambientale (2; 3) .

L’ambiente ospedaliero può diventare un significativo deposito per microrganismi potenzialmente patogeni. A partire da un accumulo di microrganismi, che possono restare in loco senza essere disturbati da metodi più o meno appropriati di pulizia e disinfezione, si può avere una diffusione di tali microrganismi da parte di vettori quali la turbolenza dell’aria, lo scalpiccio,  le mani di pazienti ed operatori non appropriatamente lavate o mediante contatto diretto con apparecchiature o materiali usati nelle pratiche mediche (4; 5). Le mani degli operatori e/o dei pazienti sono l’anello finale della catena di una infezione ospedaliera, ma anche una accurata pulizia delle mani è sicuramente inefficace se l’ambiente è altamente contaminato (6; 7).

La pulizia delle superfici ha due principali funzioni:

  1. Mantenere e restaurare l’aspetto dando quindi una apparente fiducia nella loro qualità igienica
  2. Mantenere la contaminazione microbica delle superfici su valori accettabili (8).

Per quanto riguarda le metodiche utilizzate per le superfici esistono due correnti di pensiero entrambe, ovviamente, supportate da sperimentazioni, l’una che propone unicamente l’uso di detergenti, l’altra che è invece favorevole all’uso di disinfettanti. Attualmente sembra prevalere l’ipotesi che l’uso dei tradizionali disinfettanti non migliori sensibilmente il grado di contaminazione rispetto al solo uso di detergenti. L’uso indiscriminato di disinfettanti, soprattutto se a basse concentrazioni, può inoltre favorire l’insorgere di resistenze da parte di ceppi batterici (9; 10). Nuovi disinfettanti a base di composti perossidici utilizzabili anche come vapori, mostrano interessanti proprietà battericide e sporicide (11).

La necessità di un’azione specifica è messa in evidenza dal fatto che le infezioni da Clostridium difficile divengono endemiche in molti ospedali, dal momento che le spore restano vitali per molte settimane resistendo all’essiccamento, ai detergenti e a molti disinfettanti chimici. La lunga sopravvivenza sulle superfici, di settimane o anche mesi, non è una esclusiva proprietà dei batteri sporigeni, ma anche di batteri Gram positivi quali Staphylococcus aureus meticillino resistenti ed Enterococchi vancomicina resistenti (MRSA e VRE) (12; 13) .

Recenti ricerche (14) hanno comparato l’azione di metodiche tradizionali per la sanificazione delle superfici che utilizzano la combinazione detersione-disinfezione con l’uso di un erogatore di vapore (SaniVap SV 400 A). I risultati ottenuti dimostrano che le due metodiche esplicano una comparabile azione biocida anche se l’uso del vapore sembra preferibile per l’assenza di contaminazione chimica dell’ambiente,  per i minori costi e anche perché di più semplice esecuzione. Appare importante la modalità con la quale viene eseguita la pulizia delle superfici. La detersione a secco del pavimento seguita da detersione a umido non produce alcuna significativa riduzione della carica batterica, ma anzi in alcuni casi aumenta significativamente. L’inversione dei due processi di sanificazione causa invece una significativa riduzione della carica batterica (15).

Visto il breve periodo di tempo che intercorre tra la pulizia e il rilevamento (30’ circa) questo aumento non è certamente dovuto a moltiplicazione batterica, ma piuttosto appare in relazione al fatto che i microrganismi contenuti in materiale sporco essiccato presente in alcuni punti delle superfici e non rimovibili a secco, vengano successivamente sparsi sull’intera superficie dalla successiva detersione ad umido. L’inversione delle due fasi di pulizia porta invece ad una sensibile riduzione della carica microbica iniziale. Il primo passaggio ad umido solubilizzerebbe gli accumuli di sporcizia e batteri, mentre il successivo passaggio a secco li rimuoverebbe dalle superfici per azione meccanica. Se quanto esposto è estendibile a tutti i reparti ospedalieri, una maggiore attenzione deve essere volta alla valutazione della qualità igienico ambientale delle sale operatorie, da considerare ad alto rischio per quanto riguarda le infezioni ospedaliere.

 

MATERIALI E METODI

 

Limitandoci in questa sede ad un maggior approfondimento dell’igiene ambientale delle superfici dobbiamo valutare non solo valori quantitativi della contaminazione ambientale, ma anche prendere in considerazione microrganismi patogeni indicatori di una condizione di potenziale pericolo per l’insorgenza delle infezioni ospedaliere quali Staphylococcus aureus, inclusi gli MRSA, il Clostridium difficile, un bacillo Gram negativo sporigeno multi resistente, gli Enterococchi vancomicina resistenti (VRE) e le Salmonelle, indici queste ultime di un inquinamento fecale (16) .

Le metodiche di rilevazione consentono una valutazione dell’inquinamento ambientale successivo ad ogni intervento operatorio prima delle operazioni di pulizia e dopo tali pratiche di decontaminazione permettendo quindi di valutarne l’efficacia e di comparare tra loro differenti metodiche di pulizie.

 

  1. Scelta dei punti di rilevamento e modalità dell’esecuzione.

 

I punti di rilevamento debbono comprendere il pavimento, le pareti, il tavolo operatorio, l’elettrobisturi, il tavolo servitore (ruote comprese), la lampada sialitica, il computer e quant’altro temporaneamente o stabilmente sia presente all’interno della sala operatoria.  Il numero dei punti deve essere sufficientemente esteso da permettere una elaborazione statistica dei dati al fine di valutare l’efficacia delle metodiche di sanificazione e la loro comparazione. La rilevazione deve essere compiuta mediante l’uso di piastre da impronta di 24 cm2 contenenti idoneo terreno agarizzato  a secondo dei microrganismi da esaminare. Le piastre vengono appoggiate direttamente sulla superficie da testare per un tempo di circa 10’’esercitando una modica pressione. Meglio se, per normalizzare pressione e tempi, si ricorre ad un applicatore per piastre che standardizza tempo e pressione quest’ultima comparabile all’applicazione di un peso di 200 g. Per superfici molto irregolari quali ad esempio la testiera di un computer, una superficie di circa 10 cm2 viene campionata mediante un tampone sterile in cotone, inumidito prima dell’uso con soluzione fisiologica, che poi verrà usato per inoculare la superficie agarizzata di una piastra. Il mezzo agarizzato per la conta totale degli aerobi mesofili può essere l’Agar Triptosio a cui viene aggiunto un opportuno neutralizzante a seconda del detergente e/o del disinfettante usato per le pulizie.  Le piastre devono poi essere coltivate per 24-48 ore alla temperatura di 36 ± 1 °C. Questa metodica di controllo è attualmente seguita dalla Cooperativa L’Operosa che ha l’appalto per le pulizie del Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna.

 

  1. Metodica Wipe Rinse per la rilevazione di microrganismi indicatori.

 

Si tratta di un saggio qualitativo atto alla rilevazione di microrganismi test quali lo Staphylococcus aureus compresi gli MRSA, il Clostridium difficile e le Salmonelle. Pannetti sterili delle dimensioni minime 7×7 cm vengono inumiditi con soluzioni fisiologiche. L’operatore, indossando guanti sterili, esegue dei movimenti circolari, esercitando una moderata pressione su di un’area predeterminata della superficie da testare. I pannetti vengono poi arrotolati e introdotti in bottiglie contenenti 10-15 ml di brodo cuore-cervello. Le bottiglie contenenti i pannetti vengono successivamente sottoposte a vortex per recuperare i microrganismi e incubate per una notte a 36 ± 1 °C. Vengono poi ottenute delle subculture sulla superficie  di Mannitol Salt Agar per quanto riguarda la ricerca di Staphylococcus aureus, Clostridium Difficile Agar Base addizionato da Selectiv Supplement e sangue di cavallo defibrinato per la ricerca dei clostridi e su WRE Agar Base più Vancomicina Supplement per gli Enterococchi vancomicina resistenti.

Le salmonelle vengono coltivate su Mac’ Conkey Agar. Le colonie non pigmentate vengono sottoposte al riconoscimento enzimatico con API 20E .

Tutte le colonie riconosciute essere di Staphylococcus aureus mediante sistemi enzimatici API Staph vengono sottoposte al test della oxacillina per identificare eventuali MRSA.

Per quanto riguarda il Clostridium difficile, l’incubazione delle piastre avverrà in anaerobiosi e l’identificazione sarà confermata dalla morfologia dei batteri colorati con metodo Gram, la fluorescenza all’UV e da un test specifico di agglutinazione al lattice.

Il riconoscimento degli Enterococchi verrà fatto in prima istanza dall’esame morfologico dopo colorazione di Gram. L’identificazione della specie si basa sulla metodica enzimatica  API 20 Strep. La resistenza alla vancomicina viene valutata con il metodo degli aloni di inibizione della crescita, usando dischetti impregnati con questo antibiotico o con il metodo della minima concentrazione batterica (MBC).

 

RISULTATI ATTESI

 

Per quanto riguarda la crescita totale dei mesofili dopo la decontaminazione, essa deve essere <0,5 UFC/cm2 o < 2,5 UFC/cm2 secondo i criteri di Standard I o Standard II (17).

Per quanto riguarda lo Staphylococcus aureus, compresi gli MRSA, la carica dovrebbe essere < 1 UFC/cm2 ma si dovrebbe tendere ad una crescita < 0,1 UFC/cm2 data la più alta qualità di igiene delle superfici richiesta in una sala operatoria.

Non ci sono a nostra conoscenza dati in letteratura che fissino dei limiti per gli altri microrganismi indicatori (Clostridium difficile, Enterococchi vancomicina resistenti e Salmonelle) ma, ovviamente, si deve ottenere dopo la sanificazione o la loro assenza, o cariche equivalenti a quelle accettate per gli Staphylococcus aureus.

 

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

 

Il  monitoraggio microbiologico delle differenti superfici prese in esame in sale operatorie fornisce risultati atti a valutare l’efficace dei metodi di sanificazione usato e del raggiungimento di una qualità igienica accettabile. Valori superiori a 5 UFC/cm2 dei mesofili totali indicano di per se stessi un aumentato rischio di infezioni ospedaliere da parte dei pazienti ospedalizzati in quell’ambiente. Ciò dovrebbe conseguentemente portare  a rivalutare le modalità e la frequenza delle pratiche di pulizia-disinfezione. Un’alta carica totale microbica suggerisce infatti che la sanificazione sia stata inefficace e, conseguentemente, sia aumenta la probabilità della presenza di microrganismi patogeni particolarmente resistenti  alle procedure di pulizia e disinfezione frequentemente  responsabili dell’insorgenza di infezioni ospedaliere.

 

BIBLIOGRAFIA

 

  1. Dancer SJ. Mopping up hospital infection. J Hosp Infect 1999; 43: 85-100
  2. Macrae MB, Shannon KP, Rayner DM, Kaiser AM, Hoffman PN, French GL. A simultaneous outbreak on a neonatal unit of two strains of multiply antibiotic resistant Klebsiella pneumoniae controllable only by ward closure. J Hosp Infect 2001; 49: 183-192
  3. Rampling A, Wiseman S, Davis L et al. Evidence that hospital hygiene is important in the control of methicillin-resistant Staphylococcus aureus. J Hosp Infect 2001; 49: 109-116
  4. Cua A, Lutwick LI. The environment as a significant cofactor for multiply resistant nosocomial infection. Sem Resp Infect 2002; 17: 246-249
  5. Casewell M, Phillips I. Hands as route of transmission of Klebsiella species. BMJ 1977; 2: 1315-1317
  6. Dancer SJ. Hospital-acquired infection: is cleaning the answer? CPD Infect 2002; 3: 40-46
  7. Dharan S, Mourouga P, Copin P, Bessmer G, Tschanz B, Pittet D. Routine disinfection of patient’ environmental surfaces. Myth or reality? J Hosp Infect 1999;42; 113-117
  8. Collins BJ. The hospital environment: how clean should a hospital be? J Hosp Infect 1998; 11: 53-56
  9. Dettenkofer M, Spencer RC. Importance of environmental decontamination- a critical view. J Hosp Infect 2007; 65: 55-57

10.  Maillard JY. Bacterial resistance to biocides in the healthcare environment: should it be of genuine concern? J Hosp Infect 2007; 65: 60-72

11.  Dettenkofer M, Block C. Hospital disinfection: efficacy and safety issues. Curr Opin Infect Dis 2005; 18: 320-325

12.  Shapey S, Machin K, Levi K, Boswell. Activity of a dry mist hydrogen peroxide system against environmental Clostridium difficile contamination in elderly care wards. J Hosp Infect 2008; 70: 136-141

13.  Boyce JM. Environmental contamination makes an important contribution to hospital infection (Abstract). J Hosp Infect 2007; 65 (Suppl 2): 50-54

14.  Morrone G, De Lorenzi S, Finzi G, Cugini P, Barrai I, Mosca B. Comparazione tra differenti metodiche di sanificazione in sale operatorie: Uso di detergenti disinfettanti o vapore? L’OSPEDALE 2008; 3: 90-93

15.  De Lorenzi S, Finzi G, Parmiggiani R, Cugini P, Cacciari P, Salvatorelli G. Comparison of floor sanitation methods . J Hosp Infect 2006; 62: 346-348

16.  Dancer SJ. How do we assess hospital cleaning? A proposal for microbiological standards for surface hygiene in hospitals. J Hosp Infect 2004;56: 10-15

17.  Griffith CJ, Obee O, Cooper RA, Burton NF, Lewis M. The effectiveness of existing and modified cleaning regimens in a Welsh hospital. J Hosp Infect 2007; 66: 352-359

 

Germano Salvatorelli, Sonia De Lorenzi, Maria Gabriella Marchetti, Letizia Romanini

Dip. di Biologia ed Evoluzione – Sez. Anatomia Comparata, Università di Ferrara

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